Lang, Fritz - La bestia umana (Human desire)

Susan

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Sedici anni dopo L'angelo del male di Renoir, il leggendario regista austriaco Fritz Lang propone un'altra trasposizione cinematografica, datata 1954, del romanzo del celebre scrittore francese Emile ZolaLa bestia umana”.
Carl Buckley (Broderick Crawford, vincitore quattro anni prima dell'Oscar come miglior attore protagonista per Tutti gli uomini del re) è un funzionario delle ferrovie di mezza età, sposato a una donna bella e dall'atteggiamento provocante di nome Vicki (una splendida e sempre bravissima Gloria Grahame, nota principalmente per il poetico “Il diritto di uccidere”, dove recitò in coppia con Humphrey Bogart, e per un altro noir di Lang, “Il grande caldo” ), molto più giovane di lui. L'uomo, dopo decenni di servizio, viene licenziato in seguito ad un litigio con il capo. Disperato, chiede alla moglie di intercedere per lui presso un alto dirigente delle ferrovie di nome Owens che lei conosce fin da bambina. Vicki sa bene quale sarà il prezzo che le sarà chiesto di pagare per far riassumere il marito, e inizialmente rifiuta, ma cede all'insistenza dell'uomo.
L'incontro ha successo e Vicki comunica al marito che è tutto a posto, potrà riavere il suo posto di lavoro. Ma l'uomo non ne è felice, anzi! Anche se non poteva ignorare, al momento della richiesta, quale sacrificio stesse realmente chiedendo alla moglie, si rende conto solo ora, da una frase di lei (“Non mi toccare, mi fate schifo tutti”) che per ottenere ciò la donna ha dovuto concedersi a Owens. Fuori di sé dalla gelosia, la picchia violentemente e, sul treno di ritorno, la costringe ad assistere mentre con un coltello assassina l'uomo nella sua cuccetta.
La vita per Vicki, costretta a vivere quotidianamente a stretto contatto con quell'uomo violento e alcolizzato di cui non sopporta più nemmeno la vista, che la sottopone ad ogni tipo di violenza fisica e psicologica, diventa ancora più insopportabile dopo un tale episodio.
Sola e disperata, cerca conforto in un collega dell'odiato marito, Jeff Warren ( un ottimo Glenn Ford), un macchinista, un uomo dolce e buono che dal solo sguardo della donna comprende la sua profonda infelicità e la paura costante in cui vive. Vicki però è una donna forte, e il ruolo della povera vittima non le si addice. Una volta trovato conforto nell'amore di Jeff, esige che lui le dia anche qualcos'altro: la libertà, che lui le può dare uccidendo il marito per lei...

La straordinaria forza di questo film sta nell'eccelso disegno dei tre personaggi intorno ai quali si snoda la vicenda. Tutti e tre estremamente sfaccettati e complessi e in grado di suscitare i sentimenti più contrastanti (addirittura Carl, il marito violento, seppur spregevole, riesce in certi momenti a suscitare empatia e pietà), sono legati l'uno all'altro da rapporti tesissimi e morbosi, da un tipo di amore che non è quello “buono”. Un'innocente fanciulla innamorata di Jeff gli dice in una toccante scena: “Non so molto del tipo di amore che porta le persone a farsi del male a vicenda. Ma so che esiste anche un altro tipo di amore.” E' un tipo di amore che dà serenità quello che lei rappresenta per Jeff, in contrapposizione a quello tormentato rappresentato da Vicki: tra i due Jeff dovrà scegliere, alla fine.

Il personaggio di Vicki è interessantissimo, su di lei si regge questo dramma, e Gloria Grahame è davvero straordinaria nel rendere ogni sua minima sfaccettatura. Non ho letto il romanzo di Zola (intendo farlo prestissimo) quindi non so dire come Vicki sia descritta nelle sue pagine, ma ho letto che dovrebbe trattarsi di un personaggio “cattivo”, per dirla banalmente, una donna manipolatrice che fa innamorare di sé un uomo, Jeff, col solo scopo di avere qualcuno che le uccida il marito. Ciò mi ha sorpreso, perché in questo film le cose sono ben diverse, almeno ai miei occhi: è vero, Vicki ad un certo punto chiede a Jeff di uccidere Carl, ma la sua non è una macchinazione. Quando comincia la relazione con Jeff non lo fa col solo scopo di arrivare a quella richiesta; lei è sinceramente innamorata di lui, o almeno così crede ( si tratta più probabilmente di una dipendenza psicologica: la donna è sola, non ha nessun altro su cui fare affidamento e che tenga a lei e senza di lui lei è perduta, come gli dice in una commovente scena) e in lui trova quell'affetto e quella dolcezza che mancano nella sua vita coniugale e di cui ha tanto bisogno. Certo, chiedere a un uomo di ucciderne un altro non è una bella cosa, ma la donna non ha davvero altra via d'uscita dalla sua claustrofobica situazione, e il marito la tratta in una maniera tale che siamo tentati di giustificarla, e l'idea non ci sembra così maligna.:mrgreen: Nel film non ci è dato sapere se l'idea dell'assassinio fosse nella sua mente fin dall'inizio oppure sia nata dopo, ma in entrambi i casi l'affetto di Vicki per Jeff sembra sincero, non una finzione messa in atto per un secondo fine.

Il treno e la ferrovia sono ambienti di importanza così grande che si potrebbe definirli quasi co-protagonisti della vicenda: il film comincia e si conclude su un treno, sul treno viene commesso l'assassinio di Owens, sul treno si conoscono Jeff e Vicki, tra i binari morti avvengono i loro primi incontri. Si tratta quindi di un film imperdibile per chi come me dai treni è affascinato e ci passa praticamente la vita. :mrgreen:
Tanti altri sono i meriti: la tensione, ad esempio, è sempre altissima e ti tiene sull'orlo della sedia in attesa di quanto accadrà dopo.
In conclusione non posso non nominare la suggestiva colonna sonora composta da Daniele Amfitheatrof, che si fa jazz quando conosciamo Vicki, come sentirete nella scena che posto qui sotto.:)
 
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