Baker Sean -The Florida Project

Volgere Altrove

New member
In attesa di vederlo quanto prima- è in uscita- lo presento sotto con la prima recensione della Casella.
V.A.


The Florida Project
Regia di Sean Baker.


Moonie, Scooty e Jancey vivono in Florida, in una zona degradata tanto vicina a Disneyland quanto lontana dal suo gioioso e spensierato benessere. Ma i tre hanno circa sei anni, e riescono ancora a trasformare una realtà fatta di fast food, trash televisivo e quotidiana miseria in un'avventura alla Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Le tre simpatiche canaglie abitano in quei terrificanti motel coloratissimi ma squallidi che popolano le periferie della Florida, e i genitori dei bambini (anzi, le mamme, perché i padri sono del tutto assenti) non hanno un lavoro stabile, campano alla giornata, bevono, fumano e smignottano. Non sono madri snaturate, perché continuano ad amare i propri figli e qualcuna si adopera per tenerli lontani dai pericoli e dalla perdita di dignità cui loro stesse sono quotidianamante sottoposte. Ma Halley, la giovane mamma di Moonie, cammina pericolosamente lungo il confine fra legalità e crimine, fra rispetto di sé e perdita di ogni decoro. A cercare di tenere insieme ogni cosa è Bobby, il manager (cioè il supervisore) del Magic Castel Hotel dove vivono Moonie e Scooty: un tipo semplice molto credibilmente interpretato da Willem Dafoe (unico nome noto fra gli attori) che non ha dimenticato l'umana decenza anche se deve costantemente fare la voce grossa con madri e figli per arginare le loro malefatte.

Scooty, Jancey e soprattutto l'irresistibile Moonie vivono ogni difficoltà come un'occasione per creare scompiglio e farsi due risate, anche se ci sarebbe poco da ridere per alcuni loro atti vandalici. Ma poiché c'è ancora meno da ridere per la situazione senza speranza delle loro madri (e nonne), Baker identifica correttamente nello spirito iconoclasta dei tre bambini l'unica loro possibilità di salvezza, l'unico filtro ad una realta' di per se' intollerabile.
Il regista, che è anche cosceneggiatore e montatore del film, lavora bene sul contrasto visivo fra colori vivaci ed esistenze miserabili, fra quel mondo di fantasia perpetuato dall'architettura esagerata e grottesca della Florida e la realtà in cui vivono i suoi abitanti dei quartieri più poveri, vedendosi sbattutto in faccia quotidianamente l'imperativo di continuare a credere alla favola disneyana.

I protagonisti di The Florida Project sono costretti a recitare una parvenza di felicità perché tutto l'ambiente che li circonda è celebrativo della magia, e dunque anche il Magic Castle Hotel deve sembrare una costruzione da parco dei divertimenti. Il motel in cui vive Jancey si chiama invece Futurland Hotel ma non c'è futuro né per lei né per i suoi amici, anzi, il loro futuro è già scritto, e non è una favola di zio Walt. Del resto lì vicino c'è l'outlet discount dei giocattoli Disney, a dimostrare che anche il parco a tema più famoso del mondo ha i suoi scarti e i suoi invenduti.

Baker segue i suoi personaggi con la stessa energia irrequieta, vitale ma sotto sotto disperata, con cui i tre bambini e gli adulti che vivono con loro affrontano le loro giornate vuote e scombinate, ed è molto bravo a ricreare quel microcosmo ai confini del mondo - il mondo Disney, si intende - che alla fine i bambini cercheranno di varcare, rompendo il muro dell'ipocrisia che li circonda, e andando a vedere per sé se davvero i sogni son desideri che possono avverarsi

Paola Casella.
 

Volgere Altrove

New member
Ecco la recensione di Arnone da Cannes:

---

The Florida Project (alla Quinzaine) ci dice che Sean Baker ha un modo inquadrare il mondo tutto suo. Non apparentabile necessariamente con le nuove estetiche del realismo 2.0, caratterizzate dal movimento febbricitante di sempre più piccoli e maneggevoli dispositivi di ripresa.
Il suo sguardo sull’infanzia – un gruppo di bambini e le loro spensierate marachelle in un’estate trascorsa tra i motel colorati di Orlando, prima dell’immancabile risvolto drammatico – rivela una freschezza e un’originalità preziose.

Un andare dentro le cose che non rinuncia però a una visione d’insieme e più meditata sul microcosmo umano che ruota attorno a Disneyland (dal sottoproletariato “ospitato” nelle strutture alberghiere ai turisti di passaggio, dalla working class da terzo settore agli strampalati senza dimora), colto con osservazioni precise, puntellate da una costruzione della scena frontale e sorprendentemente geometrica.
Perfetta la direzione dei piccoli attori, anche se a tenere le fila è un disperante manager di motel interpretato da un ottimo Willem Dafoe.

Dopo Tangerine, una bella conferma per Sean Baker, che torna a mescolare documentarismo e finzione come metodo d’indagine dello spazio urbano e dell’odierno tessuto sociale americano. Un ritratto tenero e puntuale del nuovo sottoproletariato, appena camuffato sotto una fragile corazza pop.
 
Alto