Camilleri, Andrea - La rete di protezione

Meri

Viôt di viodi
Montalbano deve occuparsi di un vecchio caso. Un uomo si presenta al comissariato per chiedergli di far luce su un video che il padre, ormai deceduto, riprendeva ogni anno, lo stesso giorno alla stesa ora. Si tratta di alcuni minuti che registrano un punto del muro della casa paterna.

Sarà anche un già letto in certi punti, ma a me Montalbano piace ancora.
 

isola74

Lonely member
Primo libro che Camilleri non scrive di suo pugno, ma che detta, a causa dei problemi di vista.... non so se è questo il motivo ma la stanchezza nella storia si sente. Non lo consiglierei a chi deve ancora apprezzare e amare lo scrittore siciliano perché resterebbe deluso; per chi invece, come me, lo compra a prescindere, è sempre una piacevole lettura.
 

sandra77

Member
In questo caso manca L"ammazzatina", perché si tratta di un fatto del passato, e i colpevoli si individuano abbastanza facilmente.
Ci sono però delle belle riflessioni ben inserite nella storia.
Non è ai livelli dei primi romanzi ma è comunque piacevole.
 

MaxCogre

Well-known member
Camilleri Andrea, la rete di protezione


“Mentre Vigàta è in subbuglio per le riprese di una fiction ambientata nel 1950, Montalbano è alle prese con un doppio mistero, uno che affiora dal passato e l’altro che lo porta a immergersi nel mondo per lui nuovo dei social, fra profili facebook, twitter e blog. Una quotidianità sventatamente rapinosa, da fiera o luna park, sconcia Vigàta. Il villaggio è diventato il set di una fiction prodotta da una televisione svedese. Per falsare il paesaggio urbano e riportarlo indietro, fino agli anni Cinquanta, i tecnici si sono ispirati ai filmini amatoriali recuperati dalle soffitte. La mascherata cinematografica prevede di coinvolgere persino il commissariato, messo a rischio di subire l’oltraggio di un’insegna che lo dichiara «Salone d’abballo». Un’eccitazione pruriginosa monta attorno alle attrici svedesi e minaccia gli equilibri coniugali. Durante il ricevimento per il gemellaggio tra Vigàta e la baltica Kalmar arriva anche il finger food. Montalbano ribolle d’insofferenza; gli appare «tutto fàvuso». Temperamentoso com’è, cerca luoghi solitari. E tiene testa alla situazione. Dalla polvere di scartoffie dimenticate sono emersi, durante la ricerca delle domestiche pellicole d’epoca, sei filmini datati che, per sei anni di seguito, sempre nello stesso giorno e nello stesso mese, riprendono con ossessione il biancore ottuso di un muro. Montalbano è sfidato a leggere dentro quello spazio vuoto e rituale la trama, il giallo che si dà e si cancella: angosciosamente schivo ed enigmatico; forse intollerabile. Diversamente peritosa è l’altra inchiesta che, attraverso un episodio di bullismo misteriosamente complicato da una incursione armata a scuola, porta Montalbano a misurarsi generosamente (lui non più giovane) con l’intensità sagace e luminosa di adolescenti che socializzano attraverso skype; e, con lo slancio fiducioso di nuovi argonauti, affidano la loro fragile tenerezza all’avventura della rete. Fra argute intemperanze e astuzie varie, Montalbano riafferma le sue qualità rabdomantiche che lo fanno archeologo di trame sepolte e di esistenze nascoste, oltre che sottile e lucido analista di quella «matassa ’ntricata che è l’anima dell’omo in quanto omo». Irritato dalla volgarità geometrica e aggressiva del falso, si prodiga per risolvere due casi delicatissimi collocati in quella plaga morale, labile e sfumata, che non rende mai del tutto colpevoli o del tutto innocenti ed esige indagini riguardose ed emozionalmente partecipi: tra «protezione» e verità rivelata (ovvero scoperta e di nuovo velata, per non renderla insopportabile o sconvenientemente perniciosa). Non stupisce che Montalbano, in questo grande romanzo dell’introspezione, e del confronto pensoso con il disagio, si dichiari lettore e ammiratore della commedia di Jean Giraudoux, La guerra di Troia non si farà; e citi la battuta con la quale Ulisse si congeda da Ettore, ricordando le rispettive mogli per rendere intimamente credibile la solidarietà data affinché la guerra non ci sia: non è questione di semplice «noblesse», di generica nobiltà d’animo, dice; e tira fuori la carta segreta: «Andromaca ha lo stesso battito di ciglia di Penelope». “



In un book-crossing point all’aperto della mia disagiata periferia, ho dovuto salvare questo volume di camilleri dalla imminente cacata di piccione che lo attendeva. Nonostante io di libri di Camilleri ne ho letti tanti questo compreso. Però ho fatto bene, e ho avuto la mano fortunata: questo volume non è come gli altri. Innanzitutto si è meritato una quarta di copertina, che leggete sopra, firmata da un certo Salvatore Silvano Nigro, che sarà sicuramente un esimio critico letterario. Secondopoi, su amazon ha un rating dei lettori super alto. Terzo, è il primo libro libro che Camilleri, non vedendoci evidentemente più, ha dovuto dettare anziché scrivere, e secondo me questo ha cambiato, e se possibile migliorato la qualità della narrazione. Quarto, perché è un libro che ne contiene molti altri: in appena 300 pagine Camilleri riesce a parlarci della storia della fiction vigatese, di due indagini poliziesche, e della storia personale del nostro amato ispettore Montalbano, il suo rapporto con Livia, il passare del tempo (plus tanti temi, la 'rete di protezione', la modernità e la giovinezza, il provincialismo, la storia e la memoria - mica acqua fresca!). Quinto e più importante di tutti, è un libro che mi ha fatto ridere di gusto, e commuovere, e mi ha coinvolto ad ogni pagina. Si, perché Camilleri questo ha: riesce a costruire i personaggi e la storia in ogni cellula del romanzo, anche una singola pagina diventa LA storia. E, se confronto con altri libri gialli, che personaggio vivido e ben disegnato che è il commissario Montalbano: sappiamo ad ogni pagina cosa gli importa e cosa desidera, il suo senso di giustizia, il suo odio per il falso, l’artefatto, le gerarchie, e il suo amore per gli uomini, la sua empatia e la curiosità per l’animo umano (che sono in realtà la sua arma segreta, il suo superpotere). E anche il suo amore per una vita semplice, e i piaceri irrinunciabili della sua sicilia, e l’amore per la libertà (che, assieme alla abnegazione per il lavoro, gli crea giusto qualche problemino nella relazione con Livia). E veniamo al sesto e incredibile punto: il personaggio è costruito talmente bene, che Camilleri gli ha regalato, come la fatina a Pinocchio, una vita vera, una evoluzione. In questo romanzo scopriamo che Montalbano, avvicinandosi all’ 'imminente vecchiaglia', è diventato più insofferente da una parte, e dall’altra più incline alla tenerezza, soprattutto quando si tratta di ragazzi in pericolo, come in questo caso (è un nervo scoperto per Salvo: il ragazzo ha la stessa età del Francois che lui e Livia stavano per addottare, molto tempo prima) – o dell’affetto tra fratelli che è l’altra storia principale. E infine è sempre l’età che gli porta la saggezza di ‘pesare’ la verità che emerge dalle indagini non solo in base alla giustizia, ma anche considerando il dolore che può ancora causare alle parti in causa. Insomma, secondo me qui c’è letteratura, non di genere, ma letteratura e basta, e anche una grande tecnica. Dò un bel 10!
 
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