Lee, Hyeonseo e John, David - La ragazza dai sette nomi

Tanny

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Come tutti i bambini cresciuti nella Corea del Nord anche Hyeonseo Lee pensa che il suo paese sia «il migliore del mondo». È una «brava comunista», studia le gesta leggendarie del Caro Leader Kim Il-sung, partecipa alle coreografie di massa organizzate dal Partito e crede che la Corea del Sud, l'acerrimo nemico, sia un paese poverissimo, pieno di senzatetto, dove la gente muore per le strade e gli odiati yankee si divertono a prendere a calci bambini e disabili. Per lei, proveniente da una famiglia della classe media «leale» nei confronti del regime, le cose cambiano all'improvviso quando, nel 1994, la Corea del Nord viene sconvolta da una terribile carestia. È allora, nel vedere molti suoi connazionali morire di fame o sopravvivere a stento cibandosi di erba, insetti e corteccia d'albero, che Hyeonseo, appena diciassettenne, comincia a interrogarsi sulla reale natura del proprio paese e a dubitare delle verità confezionate dalla propaganda. Ed è allora che si accorge che al di là del confine, in Cina, poco lontano dalla sua casa di Hyesan, le luci non si spengono mai. E che forse, dall'altra parte del fiume ghiacciato, un'altra vita è possibile.Comincia così la storia di una rocambolesca fuga da una dittatura spietata e corrotta, una fuga che la porterà dapprima a vivere da illegale nella Cina del tumultuoso sviluppo economico, e in seguito a Seul, la capitale del Sud, dove riuscirà a condurre anche la sua famiglia dopo un avventuroso viaggio di oltre duemila chilometri attraverso il Sud¬est asiatico. Una fuga vissuta quasi interamente in clandestinità e fatta di lavori precari, di interrogatori da parte delle autorità, di mediatori senza scrupoli pronti a vendere a caro prezzo il sogno di transfughi disperati, di celle sovraffollate, di notti solitarie trascorse nel ricordo di un'infanzia in fondo felice e nella speranza di un futuro ancora tutto da scrivere.La ragazza dai sette nomi, però, non è soltanto la storia di una «diserzione» o una preziosa testimonianza su uno dei regimi più oscuri, oppressivi e sprezzanti dei diritti umani, o, ancora, il resoconto di una lotta per la sopravvivenza e per un destino migliore, che accomuna coloro che fuggono dalla povertà, dalle guerre e dalle dittature sanguinarie. Quello di Hyeonseo Lee è soprattutto il racconto della ricerca di un'identità. Un'identità a lungo celata dietro documenti fittizi, diversa a seconda dei luoghi e delle circostanze, negata per la paura di essere scoperta e rimpatriata. Un'identità che forse resterà solo un sogno, sino a quando non esisterà una Corea finalmente unita.


Sono veramente entusiasta di aver letto questo libro in quanto mi ha aperto gli occhi su una realtà che non conoscevo minimamente; in questi periodi si fa un gran parlare della Corea del Nord e spesso si discute della terribile situazione della sua popolazione, ma quanto si sente nei vari telegiornali è nulla rispetto a questo libro.
La gente in Corea del Nord vive in un mondo fatto da un incredibile serie di menzogne, nel costante terrore di essere denunciati e di avere un qualsiasi tipo di problema con il governo, ma la popolazione di molte di queste cose non è nemmeno cosciente, a seguito di un incredibile indottrinamento che inizia in tenera età e che fa sembrare la gioventù hitleriana le giovani marmotte, il popolo crede nelle "verità assolute" propinate dal regime e non ha una propria identità civile e politica; parafrasando l'autrice è difficile far comprendere al popolo l'importanza dei diritti umani quando non si conosce nemmeno l'esistenza di tali diritti e di un modo di vivere diverso da quello imposto dal regime.
Il libro risulta essere diviso in varie parti, la prima si svolge in Corea del Nord, il resto della vicenda si svolge in Cina, in Corea del Sud ed in Laos, viene dapprima descritta la fuga dell'autrice, che potrei definire "abbastanza fortunata" rispetto a quanto devono sopportare molti suoi connazionali, una volta al sicuro in Corea del Sud fa scappare la madre ed il fratello, li aiuta nell'impresa ma alla fine i due devono subire un calvario incredibile.
Nel libro vengono messi in evidenza i problemi che si trovano ad affrontare i profughi, non solo quelli legati alla lingua, alla mancanza di documenti ed il costante terrore di essere scoperti, ma anche il fatto di trovarsi in una realtà per le quali non sono minimamente preparati, chiusi nella cortina di ferro della Corea del Nord una volta usciti si trovano a fare i conti con il mondo "civile" e spesso si trovano come dei pesci fuor d'acqua, sentirsi raccontare che sua madre non aveva mai visto un bancomat e quella credeva che dietro allo sportello vi fosse una persona che contava i soldi ad una velocità incredibile può sembrare fantasia, ma dopo aver letto di come è la Corea del Nord non c'è da stupirsi.

La vicenda è a dir poco incredibile e durante la lettura mi è capitato spesso di non credere ai miei occhi, soprattutto per quanto attiene le norme del regime coreano, vengono descritte delle situazioni che definirei al limite che sembrano uscite dal libro 1984, ma a differenza del capolavoro di Orwell questa non è fantasia ma la dura e terribile realtà.

È un libro assolutamente da leggere al fine di documentarsi sulle vicende della Corea del Nord, un paese terribile su cui si fa un gran parlare ma di cui si ignorano molte cose e leggendo questo libro ho dovuto accettare il fatto che spesso la realtà può superare la fantasia e che nonostante il progresso tecnologico e le conquiste civili esistono ancora luoghi bui dimenticati da Dio come la Corea del Nord.
Voto 5/5
 
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estersable88

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Yeonseo è una ragazza nord-coreana nata e cresciuta sotto il regime della dinastia Kim, un regime totalitario e totalizzante basato sulla venerazione spasmodica dei suoi governanti, sulla lealtà al regime – con tanto di autocritica e denuncia dei propri vicini alla polizia segreta -, sulla propaganda pro governo e sulla denigrazione del resto del mondo. Quando, però, nel 1994 le cose cambiano e il benessere è sostituito dalla carestia, la giovane Yeonseo comincia a sentire l’esigenza di vedere altri posti, di andare al di là del fiume. Non sa ancora che, una volta attraversato, quel confine diventerà per lei invalicabile impedendole di tornare a casa e costringendola ad una vita di fughe, diffidenza, continui cambi di identità. Yeonseo, infatti, è solo l’ultimo dei suoi sette nomi, l’unico che si è scelta una volta giunta in Corea del Sud, il Paese che forse potrà darle un’opportunità di vivere la sua vita liberamente. Questa è la storia di una vita in viaggio, cominciata con i trasferimenti di città in città all’interno della Corea che Yeonseo e la sua famiglia era costretta a fare per seguire il padre nel suo lavoro di ufficiale, proseguita con il viaggio nel mondo e dentro di sé che la ragazza intraprende una volta fuggita da casa e che la porterà in luoghi che non avrebbe mai immaginato. Il calvario e il suo viaggio continua quando Yeonseo cerca di ricongiungersi con la sua famiglia e di portarla a Seul e, l’ultima tappa più felice, è quella che la ragazza fa ogni volta che è invitata all’estero per raccontare la sua storia di transfuga, una storia di un popolo che ha patito e patisce le più grandi umiliazioni, la cui mente e la cui cultura è stata plasmata da un regime oscurantista e terribile.
Questa storia è racchiusa in un libro e raccontata a noi dalla sua viva voce in una testimonianza preziosa che ci impedisce di dimenticare, di girarci dall’altra parte e che ancora una volta colpisce e lascia increduli davanti all’abiezione umana. Lettura consigliata, ovviamente, anche se a livello emotivo, inspiegabilmente, mi ha coinvolto meno di quanto mi aspettassi.
 
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