Dallolio
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"Il carcere" è un romanzo brevissimo che narra in terza persona il confino dello stesso Pavese in una colonia penale in meridione. Il protagonista, Stefano, scopre così un altro mondo a lui ignoto, accompagnando questa prigionia con una continua riflessione sul concetto di "carcere"; il romanzo è privo di eventi esteriori, ma ha uno stile a mio avviso molto ricco, che riproduce il pensiero e la sua complessità.
La prima tematica alla Pavese è l'incontro tra un settentrionale e un mondo "altro da sè", già presente in "Paesi tuoi", incontro che, in entrambi i casi evolve da una fascinazione al protagonista, alla disillusione progressiva (Paesi tuoi si conclude in una spirale di violenza). Inoltre vi è affrontata la disamina del concetto di carcere, inteso come carcere dalle pareti invisibili (la colonia), carcere vero e proprio (caratterizzato dall'impossibilità di ubriacarsi, ovvero dalla perdita del trascorrere del tempo, che diventa un grigio ripetersi) e un carcere universale, dove il mondo stesso viene visto come una serie ininterrotta di celle.
E' un romanzo che consiglio, in particolare a chi ama questo autore; peccato per la povertà della trama, sebbene utile a mostrare la ripetitività dell'esilio e la sua mancanza di senso.
voto 6/7
La prima tematica alla Pavese è l'incontro tra un settentrionale e un mondo "altro da sè", già presente in "Paesi tuoi", incontro che, in entrambi i casi evolve da una fascinazione al protagonista, alla disillusione progressiva (Paesi tuoi si conclude in una spirale di violenza). Inoltre vi è affrontata la disamina del concetto di carcere, inteso come carcere dalle pareti invisibili (la colonia), carcere vero e proprio (caratterizzato dall'impossibilità di ubriacarsi, ovvero dalla perdita del trascorrere del tempo, che diventa un grigio ripetersi) e un carcere universale, dove il mondo stesso viene visto come una serie ininterrotta di celle.
E' un romanzo che consiglio, in particolare a chi ama questo autore; peccato per la povertà della trama, sebbene utile a mostrare la ripetitività dell'esilio e la sua mancanza di senso.
voto 6/7