qweedy
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"Shin Dong-hyuk è l'unico uomo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord ad essere riuscito a scappare. La sua fuga e il libro che la racconta sono diventati un caso internazionale, che ha convinto le Nazioni Unite a costituire una commissione d'indagine sui campi di prigionia nordcoreani. Il Campo 14 è grande quanto Los Angeles, ed è visibile su Google Maps: eppure resta invisibile agli occhi del mondo. Il crimine che Shin ha commesso è avere uno zio che negli anni cinquanta fuggì in Corea del Sud; nasce quindi nel 1982 dietro il filo spinato del campo, dove la sua famiglia è stata rinchiusa da decenni. Non sa che esiste il mondo esterno, ed è a tutti gli effetti uno schiavo. Solo a ventitré anni riuscirà a fuggire, grazie all'aiuto di un compagno che tenterà la fuga con lui, e ad arrivare a piedi e con vestiti di fortuna in Cina, e da lì in America. Questa è la sua storia."
Nonostante Shin abbia seguito un programma di recupero degli ex-prigionieri dei lager nordcoreani, la sua storia l'ha segnato per sempre.
Sebbene sembrasse reagire meglio di altri, Shin cadde in profonda depressione e paranoia a causa dei rimorsi, legati alla morte della madre e soprattutto al fatto che la sua fuga aveva inevitabilmente condannato a morte il padre.
Vive a Seul, è co-conduttore di Inside NK, un programma (visibile anche su Youtube) che si impegna nella diffusione delle notizie sulla tragica realtà della Corea del Nord e dei suoi lager.
Dal punto di vista umano l'opera è un vero pugno nello stomaco: i soprusi ed abusi a cui sono sottoposti i prigionieri sono inumani, l'analogia con i campi di sterminio della Germania nazista o i Gulag siberiani è istantaneo, ma in Corea tali campi sopravvivono da 50 anni in un regime mondiale che possiamo definire di pace.
Dal punto di vista letterario rientra nel resoconto giornalistico, ha più che altro valore di testimonianza contemporanea, di facile lettura, seppur agghiacciante nel contenuto. Non c'è dubbio sull'esistenza di tali campi di prigionia, ma, come in altri libri analoghi, oltre alla difficoltà oggettiva per la vittima di raccontare la propria esperienza, alcune vicende riportate appaiono piuttosto "romanzate", e qualche timore di strumentalizzazione filo-americana attorno alle vicende è lecito. Ma a mio parere non toglie nulla all'orrore per la malvagità umana raccontata.
"Uno dei benefici perversi di essere nato nel campo era una totale mancanza di aspettative, ed è per questo che Shin non sprofondò mai in una disperazione totale, Non aveva nessuna speranza da perdere, nessun passato da rimpiangere, nessun orgoglio da difendere. Non trovava degradante leccare la zuppa dal pavimento. Non si vergognava di implorare il perdono di una guardia. La sua coscienza non veniva scossa se tradiva un amico in cambio di cibo".
Nonostante Shin abbia seguito un programma di recupero degli ex-prigionieri dei lager nordcoreani, la sua storia l'ha segnato per sempre.
Sebbene sembrasse reagire meglio di altri, Shin cadde in profonda depressione e paranoia a causa dei rimorsi, legati alla morte della madre e soprattutto al fatto che la sua fuga aveva inevitabilmente condannato a morte il padre.
Vive a Seul, è co-conduttore di Inside NK, un programma (visibile anche su Youtube) che si impegna nella diffusione delle notizie sulla tragica realtà della Corea del Nord e dei suoi lager.
Dal punto di vista umano l'opera è un vero pugno nello stomaco: i soprusi ed abusi a cui sono sottoposti i prigionieri sono inumani, l'analogia con i campi di sterminio della Germania nazista o i Gulag siberiani è istantaneo, ma in Corea tali campi sopravvivono da 50 anni in un regime mondiale che possiamo definire di pace.
Dal punto di vista letterario rientra nel resoconto giornalistico, ha più che altro valore di testimonianza contemporanea, di facile lettura, seppur agghiacciante nel contenuto. Non c'è dubbio sull'esistenza di tali campi di prigionia, ma, come in altri libri analoghi, oltre alla difficoltà oggettiva per la vittima di raccontare la propria esperienza, alcune vicende riportate appaiono piuttosto "romanzate", e qualche timore di strumentalizzazione filo-americana attorno alle vicende è lecito. Ma a mio parere non toglie nulla all'orrore per la malvagità umana raccontata.
"Uno dei benefici perversi di essere nato nel campo era una totale mancanza di aspettative, ed è per questo che Shin non sprofondò mai in una disperazione totale, Non aveva nessuna speranza da perdere, nessun passato da rimpiangere, nessun orgoglio da difendere. Non trovava degradante leccare la zuppa dal pavimento. Non si vergognava di implorare il perdono di una guardia. La sua coscienza non veniva scossa se tradiva un amico in cambio di cibo".
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