Dowd, Siobhan - Il mistero del London Eye

Jessamine

Well-known member
TRAMA
Ted, giovane autistico sul cui cervello gira un sistema operativo diverso da quello delle altre persone, conduce un'inchiesta appassionante e ricca d’ironia. Il mistero della scomparsa di Salim diventa lo sfondo su cui si intrecciano temi come l'emarginazione, la società multiculturale, la separazione dei genitori, l'amicizia. E Ted, con le specifiche qualità dovute alla sua condizione, ce ne offre una sua particolare e affascinante sintesi.

COMMENTO
Mannaggia a me, avevo preso un bel po' di appunti e di riflessioni, a fine lettura, proprio in vista della recensione, ma non ho più pallida idea di dove diamine sia finito quel foglietto. Credevo di aver molto da dire su questo romanzo, ma a distanza di un paio di settimane dalla conclusione della lettura mi sto rendendo conto di avere già ricordi molto confusi, e questo non credo sia esattamente un buon segno (né per il libro, né per la mia memoria).
Ammetto di aver letto tutto il romanzo in poche ore, facendo fatica a staccarmene e sentendomi completamente immersa in questa avventura, senza sentire il disagio che a volte provo leggendo libri per ragazzi brutti (non riesco a spiegare bene questa sensazione, ma è una cosa piuttosto specifica e molto peculiare), quindi questo è sicuramente un grosso pregio. Non sono una grande appassionata di gialli e non ho per niente una mente deduttiva, eppure verso la metà del libro avevo cominciato ad intuire quale avrebbe potuto essere la soluzione del caso, nonostante ovviamente mi mancasse qualche dettaglio per arrivare a comprendere il quadro generale della situazione. Ho apprezzato molto questo aspetto, perché non mi sono sentita completamente estranea alla vicenda, ma al tempo stesso la voglia di scoprire fino in fondo ogni rivelazione c'è sempre stata, anche quando le nuvole hanno cominciato a diradarsi.
Per quanto riguarda la costruzione della patologia del protagonista, ho pensieri piuttosto contrastanti: so che molti hanno fatto tanti paragoni tra questo romanzo e “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, ma io, se devo essere sincera, avevo preso in mano il libro di Haddon qualche anno fa, per poi abbandonarlo in preda alla noia dopo una decina di pagine (la colpa non è del libro, ma mia, che in quel periodo ero abbastanza insofferente e cercavo cose specifiche dalle mie letture). Molte cose del protagonista mi sono piaciute, mi è sembrato che alcune sue fisse e il modo di ragionare fossero abbastanza plausibili, ma soprattutto che non risultassero per niente fastidiose o agli occhi del lettore. Al tempo stesso, però, altri aspetti mi sono sembrati del tutto incongruenti e conflittuali. Avevo fatto un lungo elenco di questi miei dubbi, ma ora come ora mi ricordo solamente il più grosso: se davvero il “sistema operativo” di Ted non riesce a leggere il linguaggio figurato e le metafore, com'è possibile che poi sia lui stesso a crearne alcune? Non so, non sono particolarmente esperta di queste patologie, quindi magari potrei sbagliarmi, ma mi sembra proprio assurda un'elasticità di questo tipo.
Per il resto, lo trovo un ottimo romanzo, divertente e originale al punto giusto, accattivante, perfetto per un pubblico giovane ma senza avere l'aria di strizzare continuamente l'occhio ai ragazzi (avete presente quei romanzi terribili dove i ragazzini fanno e dicono cose che in realtà non farebbero e non direbbero mai, tipo ripetere “ganzo!” e parlare a caso dei social network? Ecco, la Dowd sicuramente non era una di questi autori, ma anzi, conosceva molto bene i giovani e il modo adatto di parlare di loro).
Lo so, questa è una delle recensioni più confuse e sbrigative che abbia mai scritto, ma se mai dovessi ritrovare il foglietto su cui ho preso appunti, tornerò a modificarla un po'.
 
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