Ventiseiesimo Photoforum - La bellezza nell'attimo

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Apriamo il ventiseiesimo Photoforum.:D
Come al solito, ogni partecipante propone una foto e poi commentiamo.

Per questo photoforum scelgo io un tema. Semplice, altrimenti fuggite. "Il ritratto". Sarebbe carino se ciascuno di noi raccontasse - inventandola o meno - una storia riferita alla persona ritratta.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
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Rudolf Nureyev fotografato da Jane Brown (1964).
 

alessandra

Lunatic Mod
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Rudolf Nureyev fotografato da Jane Brown (1964).

Prima foto da commentare :D

Naturalmente chi vuole può sempre proporre :)
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Un grande ballerino.
La danza classica è meravigliosa ma quanti sacrifici!
Vedendo questa foto mi ha colpito lo sguardo serio e le mani contratte di questo danzatore russo, tutto regole e disciplina.
Mi immagino che, oltre l'ampio finestrone della sala delle prove, Rudolf abbia intravisto una pizzeria e che stia pensando di scendere un attimo a comprare le pizze.
Mi immagino che con un pliè dica: "A ragà e facciamola una follia, non si vive di sole piroette!"
 

qweedy

Well-known member
In questa foto quello che mi colpisce è il suo sguardo.

«La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei: quando smetterò di vivere».

Ecco, questo è esattamente il pensiero che mi trasmette, non gioia e soddisfazione, ma apprensione, e inquietudine.
Non sorrideva quasi mai nelle foto, qui lo sguardo è serio e concentrato, quasi triste e preoccupato: il suo destino, la sua condanna, la sua felicità.
 

lettore marcovaldo

Well-known member
Come ha ben sottolineato Ondine, quello che mi colpisce della foto è il contrasto tra l'espressione del volto, molto concentrata e rigida, e la posa delle mani, intrecciate e quasi contorte. Cogliendo quell'attimo il fotografo sembra rappresentare al meglio la tensione prima dell'esecuzione dei movimenti.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Sta per andare in scena: il volto serio e preoccupato, le mani che si intrecciano nervosamente.
Tutto il suo pensiero è rivolto a ciò che sta per fare. Deve dare il meglio, come sempre. E' rigido con se stesso, ritiene di non potersi permettere nemmeno un piccolo impercettibile errore. E, sotto sotto, sa che quasi certamente sarà così.
 

qweedy

Well-known member
Il secondo ritratto :wink:

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Foto Steve McCurry
Amritsar Rajasthan 2010 Anziano della tribù Rabari

Steve, qual è il ritratto che meglio rappresenta il tuo lavoro?
Un vecchio con la barba rossiccia, quasi arancione. A petto nudo, indossa dei medaglioni attorno al collo. È un mago, membro di una tribù nomade. Di professione fa degli spettacoli itineranti, nei villaggi, divertendo la gente con un suoi trucchi.


Del suo lavoro, McCurry dice, "Soprattutto, mi nutro dei colori dell'Asia: henné profondo, oro martellato, curry e zafferano, ricco nero laquer e marciume su cui dipingere, mentre rifletto su di esso, vedo che è stato il colore vibrante dell'Asia che mi ha insegnato a vedere e scrivere nella luce. "

Spesso nelle foto di Steve McCurry sono gli occhi che "parlano", invece in questa foto mi colpiscono più i colori, strabilianti, solari, esotici. L'uomo è completamente immobile, gli occhi sono penetranti, al collo ha molti amuleti e collane, e l'effige di "Ali Babà", ma i colori zafferano e curry predominano su tutto, vibranti.
 

lettore marcovaldo

Well-known member
Di professione fa degli spettacoli itineranti, nei villaggi, divertendo la gente con un suoi trucchi

Potremmo dire "esotico per genti esotiche".
Forse come una maschera della nostra commedia dell'arte, solo dall'altra parte del globo.
Il volto appare segnato come a testimoniare la fatica di viaggiare per il mondo, vivendo della capacità di sollecitare la curiosità del prossimo.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Il look da leone inquieta, ma gli occhi sono buoni e intensi, seppur magnetici. Sarei curiosa di vedere uno dei suoi spettacoli, e di sapere come vive: nomade solitario o viaggia insieme a una sorta di circo? Mi viene più naturale immaginarlo solitario.
Come è grande il mondo e quanti tipi di persone e di modi di vivere non conosciamo, e non ci verrebbero mai in mente se non vedessimo foto come questa.
 

qweedy

Well-known member
Prossimo ritratto!
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"Ishi" - California - scattata tra il 1911 e il 1916.

Questa foto mi trasmette tristezza, mestizia: lo sguardo è stupefatto, perplesso. Come fosse fuori luogo, come se si chiedesse "cosa ci faccio qui vestito così".
Cercando informazioni su Ishi, l'ultimo indiano selvaggio d'America, comprendo che questa foto è perfetta per esprimere il suo disorientamento: dopo il massacro della tribù Yahi, piccolo gruppo di nativi americani, il 29 Agosto del 1911 apparve Ishi, ultimo sopravvissuto, nelle vicinanze di Oroville, in California. L’uomo, di circa 50 anni, aveva vissuto la sua intera vita al di fuori della civiltà occidentale, e non parlava che il proprio linguaggio. Antropologi e professori dell'Università lo studiarono, e lui visse al Museo di Antropologia, fino alla morte per tubercolosi 5 anni dopo. Ishi non volle mai rivelare il proprio nome. Perciò “Ishi” è semplicemente il nome che gli venne attribuito, e che significa "un uomo". L'ultimo della sua tribù.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Il commento di qweedy è perfetto.
A prima vista non avevo capito fosse un indiano d'America, non so perché ma avevo pensato ad uno scrittore sudamericano.
I suoi occhi esprimono un forte senso di solitudine.
 

lettore marcovaldo

Well-known member
Qweedy ha ben riportato la vicenda di Ishi. C'è da aggiungere un dettaglio: non volle mai rivelare il suo nome perchè le tradizioni della sua tribù vietavano ad un individuo di pronunciare il proprio nome. Io nella foto colgo oltre ad un certo spaesamento anche una indefinibile espressione di "voler dire qualcosa senza poterlo fare". Esattamente la situazione di Ishi.
Forse però la foto, di un vero e proprio "sopravvissuto", non trasmette solo un testimonianza di una storia dolorosa. C'è anche un piccolo barlume.
La tribù di Ishi si trovava in California. Le tribù indiane di quella terra sono state tra quelle colpite con più ferocia e maggiormente devastate nello scontro con i coloni americani. Rispetto ad altri gruppi di località ed epoche diverse quelle popolazioni furono veramente inermi.

Ishi venne trovato sperso e stremato ai confini di un ranch. Solo pochi anni prima probabilmente avrebbe visto finire la sua esistenza in quel momento. Ma i tempi erano cambiati (e molti altri ne sarebbero passati ancora perchè si potesse dire che erano cambiati veramente).
Il mondo ostile a cui si era arreso un giorno di agosto, fatto di avversari implacabili e sanguinari che probabilmente avevano funestato la sua giovinezza si era imprevedibilmente trasformato.
Adesso c'erano delle persone interessate alla sua cultura che volevano conoscere la sua lingua e le sue tradizioni.
 
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alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Non ho niente da aggiungere se non che, col senno di poi, la sua espressione nella foto mi comunica tutto ciò che voi avete raccontato ...
A ognuno il suo destino ... di certo il suo è molto particolare ... dispiace che la sorte non gli abbia concesso la possibilità di un riscatto, non gli abbia dato il tempo di rifarsi una vita, di trovare un ambiente a lui favorevole come essere umano e non solo come oggetto di studio. Di certo sarebbe stato difficile ma, talvolta, la capacità di adattamento dell'essere umano è sorprendente.
 
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