4° GdL poetico - Fiore di poesia (1951-1997) di Alda Merini

elisa

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Eccoci qua al quarto appuntamento con la poesia. Appuntamento a cui non si può mancare, come non può mancare la poesia nella vita di ognuno di noi. Questa volta la scelta è caduta su una poetessa italiana contemporanea Alda Merini, nata a Milano nel 1931 e morta sempre a Milano nel 2009. La raccolta di poesie su cui ci confronteremo sarà Fiore di poesia che raccoglie poesie che vanno dal 1951 al 1997. Non importa averla la raccolta perché posteremo le poesie direttamente qui in modo che tutti possano commentarle.

Intanto hanno aderito

elisa
velvet
Monica
Minerva6
francesca

Ma siate anche più numerosi ai blocchi di partenza lunedì 12 febbraio...
 

elisa

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si parte oggi :YY

Questa è la copertina della mia edizione, Einaudi Tascabili, 1998, con un'introduzione di Maria Corti. 245 pagine, compreso l'indice.

image_book.jpg
 

elisa

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Il gobbo

Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall'espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
... e nessuno m'aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d'allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.
 

elisa

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Il gobbo

Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall'espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
... e nessuno m'aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d'allegrezza
che ha il dono di una strana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.

Di questa poesia mi colpisce l'immagine che si viene a creare dalle parole, le sponde e la fatica di emergere da una delle due parti, e il gobbo, simbolo di fortuna nella tradizione popolare, quando gli si tocca la gobba, qui la poetessa addirittura si mette simbolicamente a cavalcioni, quasi dovesse abbracciare in toto la fortuna per poter accedere alla sponda "giusta".
 

elisa

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Luce

a G.S.

Chi ti descriverà, luce divina

che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perché l'essenza del possesso
di te è "segreto" eterno e inafferabile;
io no perchè col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.

Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d'essere in due e diverse eppure tanto
somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro "poter essere" e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perché non ti rapisce all'Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.

Si ripete per me l'antica fiaba
d'Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non sia mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emanati dai fiori e da ogni grazia.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Il gobbo

Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall'espressione assente.
Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita
... e nessuno m'aiuta.
Mi viene a volte un gobbo sfaccendato,
un simbolo presago d'allegrezza
che ha il dono di una stana profezia.
E perché vada incontro alla promessa
lui mi traghetta sulle proprie spalle.

Iniziamo bene :ad:.
"Il gobbo" è la prima composizione della Merini, scritta ad appena 17 anni e pubblicata due anni dopo nell’antologia della Poesia italiana contemporanea.
La parte che mi colpisce di più è
Il giorno io lo guadagno con fatica tra le due sponde che non si risolvono, insoluta io stessa per la vita... e nessuno m'aiuta.
Quella fatica io la conosco bene, purtroppo, e quell'insoluta io stessa, come sinonimo di incompresa, enigmatica e oscura mi è congeniale.
Il non essere aiutata forse per me non è completamente vero perché dal punto di vista pratico aiuto ne ricevo, anche se spesso non mi basta e ne vorrei anche dal punto di vista morale, ma non è facile riceverlo quando per primi non si riesce ad aiutarsi...
Il gobbo servirebbe anche a me se davvero è simbolo di fortuna, ma si sa, La fortuna aiuta gli audaci ed io di audacia non ne ho nemmeno un briciolo :W
 

elisa

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Luce

a G.S.

Chi ti descriverà, luce divina

che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perché l'essenza del possesso
di te è "segreto" eterno e inafferabile;
io no perchè col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.

Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d'essere in due e diverse eppure tanto
somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro "poter essere" e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perché non ti rapisce all'Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.

Si ripete per me l'antica fiaba
d'Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non sia mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emanati dai fiori e da ogni grazia.

Le poesie vanno lette ad alta voce, magari più volte, con tempi e ritmi diversi, solo riesco a sentirle. Qui le assonanze sono leopardiane e dentro ci sono infiniti stimoli a seconda dove va a colpire la suggestione. C'è sempre la lacerazione, il dualismo, il doppio, il sacro e profano, l'amore spirituale e l'amore carnale. La Merini combatte sempre con se stessa e con il suo specchio.
 

elisa

Motherator
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La vergine

Non avete veduto le farfalle
con che leggera grazia
sfiorano le corolle in primavera?
Con pari leggerezza
limpido aleggia sulle cose tutte
lo sguardo della vergine sorella.
Non avete veduto quand’è notte
le vergognose stelle
avanzare la luce e ritirarla?…
Così, timidamente, la parola
varca la soglia
del suo labbro al silenzio costumato.
Non ha forma la veste ch’essa porta,
la luce che ne filtra
ne disperde i contorni. Il suo bel volto
non si sa ove cominci, il suo sorriso
ha la potenza di un abbraccio immenso.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Luce

a G.S.

Chi ti descriverà, luce divina
che procedi immutata ed immutabile
dal mio sguardo redento?
Io no: perché l'essenza del possesso
di te è "segreto" eterno e inafferabile;
io no perchè col solo nominarti
ti nego e ti smarrisco;
tu, strana verità che mi richiami
il vagheggiato tono del mio essere.

Beata somiglianza,
beatissimo insistere sul giuoco
semplice e affascinante e misterioso
d'essere in due e diverse eppure tanto
somiglianti; ma in questo
è la chiave incredibile e fatale
del nostro "poter essere" e la mente
che ti raggiunge ove si domandasse
perché non ti rapisce all'Universo
per innalzare meglio il proprio corpo,
immantinente ti dissolverebbe.

Si ripete per me l'antica fiaba
d'Amore e Psiche in questo possederci
in modo tanto tenebrosamente
luminoso, ma, Dea,
non sia mai che io levi nella notte
della mia vita la lanterna vile
per misurarti coi presentimenti
emanati dai fiori e da ogni grazia.

Questa ho bisogno di metabolizzarla ancora, magari dovrei leggerla anche io ad alta voce per capirla meglio.
Ero curiosa di sapere a chi è dedicata... ho scoperto che si tratta di Giacinto Spagnoletti, critico letterario, poeta e romanziere italiano che per molti anni ha collaborato con Alda Merini a cui, "nella Milano della ricostruzione, adolescente, (...) aprì le porte del mondo intellettuale della città" (fonte Wikipedia)
 

Monica

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Non avevo mai letto nessuna delle tre poesie che avete inserito: ma contengono i temi cari alla Merini: la sofferenza,il suo difficile cammino per la rinascita, l'idealizzazione dell'amore , l'anelito alla fusione delle anime,come già aveva scritto in una delle sue più belle:"beati coloro che si baceranno sempre al di là delle labbra....per cibarsi dei sogni".
Mi piace molto il mondo di questa poetessa così fragile che riversa tutto il suo tormento e le sue emozioni in versi spesso taglienti,crudi ma anche teneri e a volte ricchi di speranza.
 

elisa

Motherator
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La vergine

Non avete veduto le farfalle
con che leggera grazia
sfiorano le corolle in primavera?
Con pari leggerezza
limpido aleggia sulle cose tutte
lo sguardo della vergine sorella.
Non avete veduto quand’è notte
le vergognose stelle
avanzare la luce e ritirarla?…
Così, timidamente, la parola
varca la soglia
del suo labbro al silenzio costumato.
Non ha forma la veste ch’essa porta,
la luce che ne filtra
ne disperde i contorni. Il suo bel volto
non si sa ove cominci, il suo sorriso
ha la potenza di un abbraccio immenso.

Questa poesia mi ricorda la storia di Ofelia, è molto acerba, ma piena di suggestioni. Come le "vergognose stelle", un'immagine che ricorda la timidezza, la ritrosia di una giovane fanciulla.
 

elisa

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Lettere

Rivedo le tue lettere d'amore
illuminata adesso da un distacco,
senza quasi rancore.

L'illusione era forte a sostenerci,
ci reggevamo entrambi negli abbracci,
pregando che durassero gli intenti.
Ci promettemmo il sempre degli amanti,
certi nei nostri spiriti divini.

E hai potuto lasciarmi,
e hai potuto intuire un'altra luce
che seguitasse dopo le mie spalle.

Mi hai resuscitato dalle scarse origini
con richiami di musica divina,
mi hai resa divergenza di dolore,
spazio, per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore.

E mi hai lasciato solo le tue lettere,
onde io le ribevessi nella tua assenza.
 

elisa

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Lettere

Rivedo le tue lettere d'amore
illuminata adesso da un distacco,
senza quasi rancore.

L'illusione era forte a sostenerci,
ci reggevamo entrambi negli abbracci,
pregando che durassero gli intenti.
Ci promettemmo il sempre degli amanti,
certi nei nostri spiriti divini.

E hai potuto lasciarmi,
e hai potuto intuire un'altra luce
che seguitasse dopo le mie spalle.

Mi hai resuscitato dalle scarse origini
con richiami di musica divina,
mi hai resa divergenza di dolore,
spazio, per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore.

E mi hai lasciato solo le tue lettere,
onde io le ribevessi nella tua assenza.

E' ingenua questa poesia, quasi adolescenziale nella sua semplicità di racconto, racconta degli amori, di trutti gli amori, delle loro storie e dei loro esiti
 

elisa

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Colori

S’io riposo, nel lento divenire
degli occhi, mi soffermo
all’eccesso beato dei colori;
qui non temo più fughe o fantasie
ma la “penetrazione” mi abolisce.

Amo i colori, tempi di un anelito
inquieto, irresolvibile, vitale,
spiegazione umilissima e sovrana
dei cosmici “perchè” del mio respiro.

La luce mi sospinge ma il colore
m’attenua, predicando l’impotenza
del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.

Ed è per il colore cui mi dono
s’io mi ricordo a tratti del mio aspetto
e quindi del mio limite.
 

elisa

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Colori

S’io riposo, nel lento divenire
degli occhi, mi soffermo
all’eccesso beato dei colori;
qui non temo più fughe o fantasie
ma la “penetrazione” mi abolisce.

Amo i colori, tempi di un anelito
inquieto, irresolvibile, vitale,
spiegazione umilissima e sovrana
dei cosmici “perchè” del mio respiro.

La luce mi sospinge ma il colore
m’attenua, predicando l’impotenza
del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.

Ed è per il colore cui mi dono
s’io mi ricordo a tratti del mio aspetto
e quindi del mio limite.


"La luce mi sospinge ma il colore m’attenua": un verso che mi ha colpito tantissimo, la luce come energia vitale mentre il colore come riflessione, pensiero. Molto bello e interessante come concetto.
 

elisa

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La presenza di Orfeo

Non ti preparerò col mio mostrarmiti
ad una confidenza limitata,
ma perché nel toccarmi la tua mano
non abbia una memoria di presagi,
giacerò all'informe
fusa io stessa, sciolta dentro il buio,
per quanto possa, elaborata e viva,
ridivenire caos...

Orfeo novello, amico dell'assenza,
modulerai di nuovo dalla cetra
la figura nascente di me stessa.
Sarai alle soglie piano e divinante
di un mistero assoluto di silenzio,
ignorando i miei limiti di un tempo,
godrai il possesso della sola essenza.

Allora, concretandomi in un primo
accenno di presenza,
sarò un ramo fiorito di consenso,
e poi, trovato un punto di contatto,
ammetterò una timida coscienza
di vita d'animale
e mi dirò che non andrò più oltre,
mentre già mi sviluppi,
sapienza ineluttabile e sicura,
in un gioco insperato di armonie,
in una conclusione di fanciulla...

Fanciulla: è questo il termine raggiunto?
E per l'addietro non l'ho maturato
e non l'ho poi distrutto
delusa, offesa in ogni volontà?
Che vuol dire fanciulla
se non superamento di coscienza?
Era questo di me che non volevo:
condurmi, trascurando ogni mia forma,
al vertice mortale della vita...
Ma la presenza d'ogni mia sembianza
quale urgenza incalzante di sviluppo,
quale presto proporsi
e più presto risolversi d'enigmi!

E quando poi, dal mio aderire stesso,
la forma scivolò in un altro tempo
di più rare e più estranee conclusioni,
quando del mio "sentirmi" voluttuoso
rimase un'aderenza di dolore,
allora, allora preferii la morte
che ribadisse in me questo possesso.

Ma ci si può avanzare nella vita
mano che regge e fiaccola portata
e ci si può liberamente dare
alle dimenticanze più serene
quando gli anelli multipli di noi
si sciolgano e riprendano in accordo,
quando la garanzia dell'immanenza
ci fasci di un benessere assoluto.

Così, nelle tue braccia ordinatrici
io mi riverso, minima ed immensa;
dato sereno, dato irrefrenabile,
attività perenne di sviluppo.
 

elisa

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La presenza di Orfeo

Non ti preparerò col mio mostrarmiti
ad una confidenza limitata,
ma perché nel toccarmi la tua mano
non abbia una memoria di presagi,
giacerò all'informe
fusa io stessa, sciolta dentro il buio,
per quanto possa, elaborata e viva,
ridivenire caos...

Orfeo novello, amico dell'assenza,
modulerai di nuovo dalla cetra
la figura nascente di me stessa.
Sarai alle soglie piano e divinante
di un mistero assoluto di silenzio,
ignorando i miei limiti di un tempo,
godrai il possesso della sola essenza.

Allora, concretandomi in un primo
accenno di presenza,
sarò un ramo fiorito di consenso,
e poi, trovato un punto di contatto,
ammetterò una timida coscienza
di vita d'animale
e mi dirò che non andrò più oltre,
mentre già mi sviluppi,
sapienza ineluttabile e sicura,
in un gioco insperato di armonie,
in una conclusione di fanciulla...

Fanciulla: è questo il termine raggiunto?
E per l'addietro non l'ho maturato
e non l'ho poi distrutto
delusa, offesa in ogni volontà?
Che vuol dire fanciulla
se non superamento di coscienza?
Era questo di me che non volevo:
condurmi, trascurando ogni mia forma,
al vertice mortale della vita...
Ma la presenza d'ogni mia sembianza
quale urgenza incalzante di sviluppo,
quale presto proporsi
e più presto risolversi d'enigmi!

E quando poi, dal mio aderire stesso,
la forma scivolò in un altro tempo
di più rare e più estranee conclusioni,
quando del mio "sentirmi" voluttuoso
rimase un'aderenza di dolore,
allora, allora preferii la morte
che ribadisse in me questo possesso.

Ma ci si può avanzare nella vita
mano che regge e fiaccola portata
e ci si può liberamente dare
alle dimenticanze più serene
quando gli anelli multipli di noi
si sciolgano e riprendano in accordo,
quando la garanzia dell'immanenza
ci fasci di un benessere assoluto.

Così, nelle tue braccia ordinatrici
io mi riverso, minima ed immensa;
dato sereno, dato irrefrenabile,
attività perenne di sviluppo.


La fanciulla ha bisogno di essere contenuta, dall'abbraccio sicuro di Orfeo, definita, così come nella poesia precedente i colori definiscono le forme.
 

elisa

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Il pericolo

Che s’io così mi decanto
sciogliendomi in tempo
dalla forma assoluta che “decide”,
non vedere, amor mio,
dentro la povertà della mia assenza
un assenso, un consenso o solamente
una parola
da richiamare sempre,
da oppormi quasi a specchio ed a condanna
d’ogni mio moto divenuto illecito!

Ho timore di questo:
che qualcuno ricavi dal passato
un simbolo, un accenno
che mi descriva incatenata sempre
ad un unico passo …

Mobile come sono,
cinta di fughe e da sproni tremendi
e incalzanti turbata, esasperata,
non è ancora per me giunto il momento
di riposare queste membra stanche
sull’iniziale della fissità!
 

Minerva6

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Devo trovare un po' di tempo e di concentrazione per commentare :W.
Provo a scrivere almeno due righe per quelle che ho preferito.
 
Ultima modifica:

Minerva6

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Lettere

Rivedo le tue lettere d'amore
illuminata adesso da un distacco,
senza quasi rancore.

L'illusione era forte a sostenerci,
ci reggevamo entrambi negli abbracci,
pregando che durassero gli intenti.
Ci promettemmo il sempre degli amanti,
certi nei nostri spiriti divini.

E hai potuto lasciarmi,
e hai potuto intuire un'altra luce
che seguitasse dopo le mie spalle.

Mi hai resuscitato dalle scarse origini
con richiami di musica divina,
mi hai resa divergenza di dolore,
spazio, per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore.

E mi hai lasciato solo le tue lettere,
onde io le ribevessi nella tua assenza.

La nostalgia qui la fa da padrona ma il ricordo dell'amore che non c'è più è senza rancore, semplicemente richiama quello che è stato ed è finito. Piacevole per me che vivo spesso nel passato.
 
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