Ho proposto questa foto in bianco e nero, perchè mi trasmette una grande pace: niente fretta, niente stress, niente folla, immagino un grande silenzio spezzato solo dal suono del flauto, e un panorama immenso intorno. Il ragazzo cammina spedito, sa dove andare, e per farsi compagnia suona il flauto. La natura rasserena.
Questa foto, forse la più famosa di Werner Bischof (1916- 1954), fu uno dei suoi ultimi scatti del viaggio nelle Ande peruviane: un bambino peruviano nei pressi di Cuzco, cappellino in testa, sacco in spalla e sandali ai piedi, passeggia sul bordo di una scarpata lungo il fiume Urubamba. Qualche giorno dopo, a 38 anni, Werner Bishof muore precipitando con l’auto in un burrone in Perù, mentre si dirigeva verso una miniera in alta quota. Nove giorni dopo sua moglie Rosellina darà alla luce il loro secondo figlio.
Di famiglia svizzera benestante, viveva e studiava da artista nella "perfetta Svizzera". Lavora, all’inizio degli anni quaranta, come fotografo di moda per la riviste culturali svizzere, poi intraprende un viaggio attraverso l’Europa devastata dalla guerra. Fotografa Berlino, Dresda, Varsavia. È diventata famosa l’immagine spettrale dello scheletro del Reichstag di Berlino, incendiato, ma ancora in piedi.
“I miei occhi si aprono; imparo a vedere”. Con questa frase il fotografo svizzero Werner Bischof illustrava alla fine degli anni quaranta il suo passaggio dalla fotografia di moda a quella del fotoreportage.
Al padre deluso scrisse: "perdonami, non potrò più fotografare belle scarpe e tessuti preziosi. Sono un essere umano"
Nei suoi reportage, Bischof ha sempre fotografato “persone senza storia”, esseri umani colpiti da un destino crudele e soprattutto molti bambini, grandi protagonisti della sua fotografia. “Guardandoli si può cogliere il significato della società”, diceva. Il fotografo svizzero diventa così il testimone dei perdenti e degli emarginati.
Le sue figure e i suoi paesaggi in bianco e nero sono di una poesia struggente, di una bellezza "muta". Il suo obiettivo principale era quello di far vedere la realtà così com’è davvero, risvegliando l’interesse e la sensibilità dell’osservatore per le altre culture.