Postorino, Rosella - Le assaggiatrici

estersable88

dreamer member
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La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. «Da anni avevamo fame e paura», dice. Siamo
nell'autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei anni, Rosa, ed è arrivata
da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo. Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito:
«mangiate» dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono
restare per un'ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le SS studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato.
Nell'ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei
mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la "berlinese": è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende
a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del '44, in caserma
arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure - mentre su tutti, come una sorta
di divinità che non compare mai, incombe il Führer - fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito.

Di solito noi che non l’abbiamo vissuta in prima persona, immaginiamo la guerra come la contrapposizione di due parti, di due fazioni che lottano per affermare il proprio dominio. E, contestualmente, siamo portati a pensare che le vittime stiano solo da una parte, da quella più debole, più esposta, perseguitata. Questo libro ci ricorda che no, le vittime non stanno mai da una parte sola e che la guerra fa male a tutti, vittime e carnefici, vincitori e vinti.
Ispirandosi alla storia vera di Margot, l’ultima assaggiatrice di Hitler rimasta in vita fino al 2014, Rosella Postorino racconta la storia di Rosa, una segretaria berlinese che nel 1942 aveva sposato il suo capo, Gregor, che ora, nel 1943, combatte sul fronte russo. Per sfuggire alle bombe Rosa fugge da Berlino e va a nascondersi a casa dei suoceri, in un villaggio sul fronte orientale, vicino alla “Tana del lupo”, la città-bunker dove si rifugia Hitler. E’ qui che le SS verranno a scovarla ad appena una settimana dal suo arrivo, perché Rosa ha un compito, un lavoro per il Fuhrer: insieme ad altre nove donne tedesche deve assaggiare ogni cibo destinato a Hitler perché occorre accertarsi che non sia stato avvelenato. In pratica, mentre intorno a loro la gente muore di fame e di stenti, le assaggiatrici sono pagate per mangiare e, ironia della sorte, rischiano la vita nel farlo, rischiano la vita per salvare quella del Fuhrer. E’ emblematica, a questo proposito, la citazione del Salmo 23, riportata nelle prime pagine:”Quale mensa per me tu prepari, sotto gli occhi dei miei nemici”.
Ognuna di queste donne ha una sua personalità, un suo passato, un futuro da aspettare; solo Rosa ed Elfriede, la più forte, la temeraria Elfriede, sembrano sole al mondo e per questo diventano amiche, perché, seppure la affrontino in modo diverso, condividono la stessa paura del futuro. Elfriede rischia la vita ogni giorno, non può fidarsi di nessuno, eppure è forte e non ha paura di gettarsi a capofitto nelle dispute per difendere i diritti altrui; Rosa invece non è forte, tutt’altro: non è un’eroina, è debole ed egoista e, sebbene non lo vorrebbe, è portata a fidarsi delle persone sbagliate ed a cedere. Nessuno può saperlo, ma ad ognuna delle assaggiatrici Dio o chi per lui ha riservato un destino diverso.
Affidando a Rosa l’onere di raccontare, Rosella Postorino ci conduce con mano sicura per le strade malsicure di un Paese in guerra, in cui fidarsi può essere un errore o può significare salvarsi la vita. I personaggi sono ben delineati e si costruiscono pian piano, la loro quotidianità sfila davanti ai nostri occhi e alla fine è difficile staccarsene. Questo non è un libro di rinascita, sebbene la ricostruzione ci sia; non è semplicemente un libro di guerra o d’amore, ma è un’indagine profonda e senza sconti sull’animo umano, le sue pieghe e i suoi percorsi accidentati.
Cosa mi ha lasciato questo libro? Beh, di certo una storia d’impatto che mi sarà difficile dimenticare; poi mi sono ritrovata con i lacrimoni, cosa che non mi capitava da tempo; e soprattutto mi rimarrà il messaggio: mai pensare che una guerra abbia un vincitore e un vinto, mai pensare che chi vince non porti addosso ferite profonde… siamo tutti umani, anche se il rancore, le bombe, il sangue ci portano a dimenticarlo.
 

qweedy

Well-known member
È la voce in prima persona di Rosa Sauer, ex segretaria berlinese, a raccontarci la propria storia e quella delle altre assaggiatrici. Un libro sulla sopravvivenza al femminile: intorno alla tavola imbandita al quartier generale nella foresta prussiana, ci sono dieci donne, con l’incarico di assaggiare il cibo del Führer, con terrore, perchè ogni boccone potrebbe essere l'ultimo.
Consigliatissimo, un'ottimo racconto scritto con stile curato ed elegante.

“Ma ci sono io: non puoi aver paura. Assaggio il tuo cibo come la mamma si versa sul polso il latte del biberon; come la mamma si ficca in bocca il cucchiaio della pappa, è troppo caldo, ci soffia sopra, lo sente sul palato prima di imboccarti. Ci sono io, lupacchiotto. È la mia dedizione a farti sentire immortale”

“Quando si mangia si combatte con la morte, diceva mia madre, ma solo a Krausendorf mi era sembrato vero”

"...Perché, da tempo, mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscendevo, e non mi ribellavo, e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via? La capacità di adattamento è la maggiore risorsa degli esseri umani, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana".

«Come si fa a dare valore a una cosa che può finire in qualsiasi momento, una cosa così fragile? Si dà valore a ciò che ha forza, e la vita non ne ha; a ciò che è indistruttibile, e la vita non lo è. Tant’è vero che può arrivare qualcuno a chiederti di sacrificarla, la tua vita, per qualcosa che ha più forza. La patria, per esempio.»
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Vitto sicuro, buone pietanze, lavoro non faticoso e stipendio consistente: cosa si può desiderare di più? Tutto, se ciò comporta non solo il rischio quotidiano di morire ma anche l'umiliazione di fare da cavie, di essere considerate esseri umani di serie B, la cui vita non ha alcun valore. In questo contesto si delinea la personalità di Rosa, donna tenace anche se silenziosa poiché condizionata dalla tensione costante che si respira nel suo ambiente, donna che avrebbe energia e vitalità da vendere ed è costretta a soffocarle o a spenderle in modo dannoso per se stessa; donna, a suo modo, diffidente anche nei confronti delle compagne- diverse da lei, cresciuta a Berlino - dalle quali tuttavia è ansiosa di essere accettata.
Una situazione insolita, nonostante tutta la letteratura che è stata prodotta riguardo a quel periodo storico; non conoscevo la figura dell'assaggiatrice, né avrei mai pensato che potesse esistere. Le personalità dei suoceri e delle compagne di Rosa, nonché quelle di alcuni carnefici, emergono pian piano, come pian piano si costruiscono relazioni rese più forti dalla debolezza che accomuna le varie vite. Tutti sono vittime ma in parte anche tutti carnefici, "è colpa di tutti", dice Rosa, perché? Sarebbe davvero stato possibile evitare la tragedia? Forse sì, una consistente forza collettiva avrebbe potuto farlo, ma sono domande immense alle quali non si troverà mai una risposta. Mi è piaciuto molto il personaggio di Elfriede, persona spigolosa ma di grande generosità. La parte finale è più "di trama" rispetto al resto del libro, succedono diverse cose, ma non è la migliore: la Postorino scrive in modo sensibile ed evocativo, ci rende partecipi della vita di Rosa e dei suoi pensieri. Molto bello per me questo modo di iniziare il 2019 letterario.
 

RosaT.

Leghorn Member
mai pensare che una guerra abbia un vincitore e un vinto, mai pensare che chi vince non porti addosso ferite profonde… siamo tutti umani, anche se il rancore, le bombe, il sangue ci portano a dimenticarlo.

Concordo con questa conclusione ... è la sensazione ed il messaggio che ha lasciato anche a me.
Un buon libro e una scoperta interessante ... consigliatissimo anche da parte mia!
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Lieve spoiler verso la fine

Decisamente devo andare controcorrente: non posso dire che questo libro mi sia dispiaciuto, ma neppure che mi abbia fatto impazzire. L'idea di dare voce a queste protagoniste silenziose – perché donne, perché tedesche senza essere necessariamente naziste né partigiane, perché se ne è "scoperta l'esistenza" solo recentemente – di un momento cruciale della storia del Reich è molto interessante, lo sviluppo un po' meno. Forse perché troppo spazio è stato dedicato ai pensieri della protagonista... sia chiaro, non voglio dire che di per sé questo sia un elemento negativo, tutt'altro, ma ho avuto l'impressione che il moltiplicarsi ininterrotto delle percezioni, osservazioni, considerazioni di Rosa Sauer togliesse la possibilità al lettore di dare spazio alle proprie; ma soprattutto che tanta parte di queste percezioni, osservazioni, considerazioni non sarebbe potuta esistere se non come il frutto di una elaborazione… a posteriori. Come dire: ho sentito più la Postorino che non la Bauer, e secondo me questo limite è dovuto al fatto che l'autrice ha "preteso" troppo dal suo personaggio, un'ampiezza di prospettive che storicamente non avrebbe potuto avere e che quindi ho sentito un po' forzata.

Con questo però non voglio dire che del romanzo non si salvi nulla… diciamo che forse con un pizzico di sentimentalismo in meno sarei stata meno severa nel mio giudizio.
Dopo un inizio un po' lento e piatto, con l'ingresso di Albert Ziegler la vicenda acquista decisamente più colore e le pagine corrono via rapide nell'attesa di sapere cosa succederà. In linea generale da quel momento in poi la storia si fa più avvincente e il romanzo si legge con piacere fino alla fine. Mi è piaciuto anche molto il personaggio di Elfriede e il modo in cui si evolve, fino al tragico finale.

Sono comunque contenta di averlo letto perché neanche io conoscevo l'esistenza delle "assaggiatrici" ed è stato perciò molto interessante.
 
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Jessamine

Well-known member
Non avevo intenzione di leggere questo libro: senza una motivazione precisa, non me ne sono mai sentita attratta. Poi però la vita ti prende in giro, e decide di privarti della tua scorta di libri proprio alla vigilia degli unici tre giorni di mare che potrai permetterti, e il mare senza un libro è una specie di tortura, altro che una vacanza, e così ci si accontenta di scegliere quello che sembra il "meno peggio" dal piccolo scaffale con i pochi libri presenti nell'unica cartolibreria del paese.
Insomma, ho cominciato a leggere "Le assaggiatrici" senza aspettarmi proprio nulla, e devo ammettere che, almeno per la prima metà, sono rimasta invece molto piacevolmente colpita dalla lettura. Tuttavia, a partire dalla metà del racconto, secondo me la narrazione perde mordente, perde coesione e si sfalda un po' in un nulla di fatto.
Al di là della protagonista, che io ho trovato talmente irritante, autoreferenziale e inetta da sperare che presto il focus abbandonasse lei per seguire un filone narrativo più interessante, non ho proprio capito quale fosse il punto del discorso della Postorino. Scrivere un romanzo che si interrogasse sulla complessità della guerra, sull'impossibilità di scindere giudizi morali, vincitori, vinti, connivenza e coraggio? Forse, ma credo che questo le sia riuscito solo per metà (a essere generosi). Nella prima parte del romanzo ci sono spunti molto interessanti, a questo proposito, ma ad un certo punto tutto questo si perde, lasciando spazio a una storia romanticheggiante d'una noia mortale, che non ha alcuna utilità per far davvero avanzare la trama e non è nemmeno indagata con la complessità che avrebbe meritato.
I pochi spunti, poi, approdano a un nulla di fatto: e per carità, non ho mai desiderato un romanzo che mi imboccasse (pessima scelta lessicale, visto il tema del racconto, lo so) passo per passo, mettendomi in mano riflessioni preconfezionate e già belle pronte. La cosa più interessante di queste tematiche è proprio poter cogliere degli spunti e lasciare al lettore il compito di trarre conclusioni e riflessioni. Qui, però, al lettore non viene lasciato niente: il dilemma morale naufraga in qualche figura retorica un po' rigida, e a prevalere sono scelte narrative inconcludenti, che allontanano di molto dal tema del romanzo.

Insomma, mi aspettavo di peggio (comunque si tratta di una lettura piacevole, che scorre via molto rapidamente e permette di avvicinarsi a delle figure che forse non sono proprio di pubblico dominio), ma l'inizio del romanzo mi ha anche illusa che avrei potuto avere di meglio.
 

isola74

Lonely member
Il pregio di questo libro è quello di averci fatto conoscere una realtà storica di cui non si parla mai.
La scrittura è scorrevole, e la trama accattivante. Non è certo un capolavoro, però l'evolversi degli eventi riesce ad appassionare.

Voto: 7/10
 
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