Yanagihara, Hanya - Una vita come tante

estersable88

dreamer member
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Una storia epica e magistrale sull’amicizia e sull’amore nel XXI secolo. In una New York sontuosa e senza tempo vivono quattro ragazzi, compagni di college
e di vita, che da sempre sono stati vicini l’uno all’altro. Si sono trasferiti nella grande metropoli da una cittadina del New England, e all’inizio sono
alla deriva e senza un soldo in tasca, sostenuti solo dalla loro amicizia e dall’ambizione. Willem, dall’animo gentile, vuole fare l’attore. JB, scaltro
e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell’arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica
riservatezza, è il loro centro di gravità. Nei suoi riguardi l’affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura
particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua infanzia è stata segnata da una serie di violenze, e la sua vita oscilla tra la luce
del riscatto e il baratro dell’autodistruzione. Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e
tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la sua storia diventa quella di un’amicizia arcana e profonda, in cui il limite del dolore e della
disperazione è anche una soglia da cui può sprigionarsi l’energia accecante della felicità. Caso editoriale del 2015, forse il più importante romanzo letterario
dell’anno, opera di rara potenza e originalità, Una vita come tante è doloroso e spiazzante, scioccante e magnetico. Vasto come un romanzo ottocentesco,
brutale e modernissimo per i suoi temi, emotivo e realistico, ha trascinato lettori e critica per la sua forza narrativa, capace di creare un mondo di
profonda, coinvolgente verità.


E’ difficile descrivere questo libro restando nei canoni dell’obiettività. Prima di cominciare la lettura avevo letto recensioni sostanzialmente unanimi che, in sintesi, lo definivano bello e straziante. Prima di leggerlo non avrei mai immaginato, però, quanto potesse essere bello e straziante: è un pugno nello stomaco, uno schiaffo in pieno viso, una lama sottile che instilla dolore per oltre mille pagine. L’inizio è ingannatore: è anonimo, per nulla interessante, non attira, perché descrive la quotidianità di quattro ragazzi americani alla soglia dei trent’anni, tutti diversi, quattro amici apparentemente normalissimi, come tutti. Ma proprio come ognuno di noi, questi ragazzi hanno un passato che li ha fatti diventare ciò che sono e che, volente o nolente, determinerà le loro scelte future. E così, mentre conosciamo la storia di JB, figlio di immigrati Haitiani che si industria per diventare un artista, di Malcolm – e della sua ingombrante famiglia ricca – che costruisce modellini di case immaginarie nell’attesa di arredare appartamenti bellissimi, di Willelm che fa il cameriere in attesa di una parte in un film, di Jude che non parla mai di sé ma che fa l’assistente procuratore, non possiamo non affezionarci alle loro vite. E senza accorgercene entriamo in una bolla senz’aria e senza tempo, in una sorta di realtà aumentata in cui le pagine si girano da sole, sempre più velocemente, e le mille emozioni e sensazioni dei protagonisti si incollano alla nostra anima. Soffriamo per la morte del fratello di Willelm, per le difficoltà di Jude, per la tenacia di Malcolm e per la sfrontata disperazione di JB, ma quando pensiamo che il dolore abbia raggiunto il limite la soglia si alza e si soffre ancora, e si vive ancora. E mentre gli anni passano e i rapporti cambiano e si raggiungono i trentacinque, i quaranta, i cinquant’anni, la vita va avanti con nuove sorprese, nuove sofferenze, nuove piccole felicità.
Il personaggio centrale del libro, nonché il fulcro dell’amicizia di questi ragazzi, è Jude con tutte le sue insicurezze, i bisogni, il suo esserci per gli altri, le sue manie, la sua intelligenza, il suo passato enigmatico che scopriamo pian piano. Ma il mio personaggio preferito è Willelm, l’amico fedele, la persona che abnegherebbe se stessa per un amico, colui su cui puoi contare e che non ti farebbe mai del male. Willelm è stato una presenza costante nella vita di Jude, sin da quando erano al college, è stato l’amico che tutti vorrebbero, il compagno cui tutti anelerebbero… una figura irrinunciabile, ma con la quale la vita, purtroppo, non è stata magnanima. Ma qui non c’è solo amicizia, non c’è solo amore, non c’è solo sofferenza: c’è la volontà di farcela, di vivere, di sopravvivere, di fidarsi. Si toccano, in questo libro, tanti temi scottanti come la pedofilia, gli abusi sessuali sui minori, la disabilità, l’autolesionismo… tutti motivi che da soli spingerebbero a leggere.
Cosa si può dire ancora? Nulla… solo, leggete questo libro. Parla di tante cose,
lo fa con serietà e senza banalità o sentimentalismo gratuito, è scritto benissimo, è uno spaccato della società americana dei nostri giorni con tutte le difficoltà e le contraddizioni… è una storia che segna e scava nel nostro animo. E pazienza se a fine lettura ci sentiremo scossi o svuotati o ne usciremo con le ossa rotte, pazienza se ci commuoveremo: avremo conosciuto un dolore altrui, avremo provato un’emozione e magari avremo fatto un passo in più verso il nostro, personalissimo dolore che sarà servito a schiarirci le idee.
 

LettriceBlu

Non rinunciare mai
CONTIENE SPOILER

Non credo sarò mai in grado di scrivere una recensione completa di questo libro, che è decisamente stato il più straziante che abbia mai letto. Vi è descritta una sofferenza così grande che parecchi giorni ho potuto sopportarne solo una decina di pagine. Quando si legge di un omicidio ci si meraviglia per l'efferatezza e la brutalità, ma è paradossalmente meglio sopportabile sapendo che ormai il peggio è passato e non c'è più nulla da fare. In questo caso succede esattamente l'opposto, e ne pagano le conseguenze non solo chi soffre il dolore nel senso letterale del termine, ma anche tutti coloro che gli ruotano intorno, e tutto questo lascia il mondo di carta per penetrare nel cuore e nell'anima di chi legge. Ogni schiaffo subito, taglio autoinflitto e violenza da parte di chi avrebbe dovuto dare amore sono stati un pugno nello stomaco che più di una volta ho creduto di non avere più la forza di reggere.
Ho capito quanto sia difficile prendere certe decisioni, quando c'è in gioco il benessere di una persona che si ama con ogni fibra del proprio corpo. Dall'esterno, l'unica cosa che desideravo era che Andy, Harold, Willem o altri usassero in certe occasioni la forza, fregandosene di ogni scrupolo morale, perché diamine: era palesemente chiaro che Jude per certe questioni non sarebbe mai stato in grado di vedere le cose con razionalità.
Per Jude ho provato tantissima tenerezza: non ho le capacità per definire ciò che ha dovuto passare; ciò che mette tristezza è che, non avendo mai veramente avuto un'infanzia, non abbia mai del tutto smesso di ragionare come un bambino, facendosi scoprire soltanto da una persona, che la sua fiducia se l'è dovuta sudare.
Willem... ok, qui tocchiamo un tasto dolentissimo: se c'è una cosa che non perderò mai all'autrice, più di qualunque altro disgustoso episodio: Luke, Trailor, Kaleb, è il finale che ha scelto per Willem. Nulla da aggiungere, quando è troppo è troppo, ed è stato un colpo basso gratuito e più che evitabile.
Ho amato l'amicizia tra Willem e Jude, e ancora di più quando è diventato molto di più: i loro piccoli e grandi momenti intimi sono stati la speranza che ci sia ancora qualcosa di meraviglioso in questo mondo orrendo.
Ci sarebbero ancora tante cose da dire, ma le rimando ad un secondo momento, in cui spero di metabolizzare meglio questa lettura che certamente ha cambiato non poco il mio modo di approcciarmi a vari aspetti della vita. Onestamente, dato ciò che succede a Willem, ho considerato il gesto finale di Jude come una liberazione, ingiusta e alla fine liquidata pure in troppo poche battute (l'unica cosa che non mi è piaciuta dello stile dell'autrice: tanto ormai ci aveva distrutti, qualche spiegazione in più ci avrebbe fatto versare lo stesso quantitativo di lacrime), ma che mi ha fatto sperare che ora il vero bambino sopravvissuto (altro che Potter, glie fa un baffo) possa finalmente trovare pace.
 
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qweedy

Well-known member
"In una New York fervida e sontuosa vivono quattro ragazzi, ex compagni di college, che da sempre sono stati vicini l'uno all'altro. Si sono trasferiti nella metropoli da una cittadina del New England, e all'inizio sono sostenuti solo dalla loro amicizia e dall'ambizione. Willem, dall'animo gentile, vuole fare l'attore. JB, scaltro e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell'arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica riservatezza, è il loro centro di gravità. Nei suoi riguardi l'affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua vita sempre oscilla tra la luce del riscatto e il baratro dell'autodistruzione. Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la sua storia diventa una disamina, magnifica e perturbante, della crudeltà umana e del potere taumaturgico dell'amicizia."

A little life, titolo originale di questo monumentale romanzo di Hanya Yanagihara (scrittrice statunitense di origini hawaiane), suona come un'antitesi di significati.
1094 pagine per raccontare una vita come tante, anzi quattro piccole vite come potrebbero essercene innumerevoli negli angoli di New York, d'America, del mondo.
E' un romanzo di uomini scritto da una donna che esplora le fragilità dell'universo maschile, è un inno all'amicizia e all'amore, che può diventare salvezza. Harold è secondo me il personaggio dalla grandezza più commovente, incarna l'amore puro del padre, spettatore amorevole e interprete della vita di Jude che è il fulcro del romanzo.

Molteplici i temi affrontati, a partire dagli abusi sessuali infantili, il trauma che accompagna l’età adulta, il senso di colpa, di vergogna e di autolesionismo che ne derivano, per arrivare al desiderio suicidario, all’incapacità di liberarsi dai rapporti violenti, alla cronicità del dolore fisico e alla disabilità.

Lo stile non è letterario, ha il respiro affannoso del parlato o quello ondivago del flusso di pensieri. con una miriade di dettagli, talvolta ridondante, di una bellezza caotica. Questo è, forse, il limite di questo incredibile romanzo.

Consigliato a chi ha l'animo giusto per affrontarlo. Se cercate una lettura rilassante, rimandate a un altro momento, se cercate un libro complesso che vi tocchi nel profondo, avete trovato quello giusto.
 

Wonderman83

New member
Libro inutilmente faticoso e banalmente triste

Questo libro mi è stato regalato da due clienti a lavoro. Incoraggiato dalle recensioni entusiastiche sul web e dal parere positivo di un mio conoscente mi sono lanciato nell'ardua impresa della lettura di questo tomo. Fatto fatica a leggere questo ridondante polpettone che mi ha accompagnato per i mesi di lockdown e oltre. Ridondante, prolisso, eccessivo e puntato tutto sul trasmettere tristezza al lettore per le disgrazie che capitano al protagonista. I personaggi e le situazioni sono stereotipate, prive di spessore, e parti del romanzo potrebbero essere tranquillamente saltate per la limitatezza della storia. Non c'è un approfondimento psicologico sui personaggi che risultano essere quasi evanescenti e tutto fa presagire quello che sarà il finale. Mi ha dato anche molto fastidio il non capire di chi stesse parlando l'autrice in vari punti della narrazione. Fatevelo prestare se ci tenete ma evitate di comprarlo.
 

Grantenca

Well-known member
Romanzo imponente, oltre 1000 pagine. E’ la storia dell’amicizia di 4 ragazzi che si sono conosciuti nel “college” e hanno mantenuto uno straordinario rapporto che si è protratto nel tempo. Sono soggetti molto diversi, due (Malcolm e Jean Baptiste) provengono da famiglie facoltose, Willem da una famiglia di piccoli agricoltori e Jude dall’orfanotrofio, con una infanzia e una adolescenza irrimediabilmente segnata dall’incontro con terribili “orchi”, che ne hanno irrimediabilmente compromesso la salute (è infatti un disabile con problemi motori) e soprattutto la psiche.
Dopo l’uscita dal “college” i giovani vanno a vivere a New York. Jude, che studia legge, entra nelle grazie, per il suo enorme ingegno, ad uno dei migliori docenti, e Willem aspirante attore che studia recitazione ed è aiutato da una presenza fisica molto attraente, per sbarcare il lunario e dividere le spese vivono insieme, mentre gli altri due (Malcolm architetto e Jean Baptiste pittore) sono indipendenti, ma ciò non compromette in nessun modo il loro rapporto, che resta saldo e affascinante, sul tipo, si potrebbe dire, dei 4 moschettieri (uno per tutti e tutti per uno), dal momento che approfittano di ogni ritaglio di tempo libero comune per stare insieme.
Poi, col tempo, raggiungono tutti un grande successo professionale, Willem addirittura diventa un attore di livello mondiale, oggi si direbbe un sex-simbol, Jude un avvocato di grido, con studio legale anche in Inghilterra, Malcolm un grande architetto e Jean Baptiste un pittore di altissimo livello riconosciuto dalla critica.
Naturalmente per la sua disabilità ma anche per il suo grandissimo ingegno e l’affascinante presenza è Jude l’attore massimo e riconosciuto del gruppo, e Willem, per il fatto di aver con lui convissuto è quello con un livello di amicizia più stretto di tutti gli altri. Willem è un generoso e altruista di natura, si sente in dovere di proteggere Jude da tutti e da tutto. E’ questo rapporto il centro nevralgico del libro, anche se tutti gli altri non sono certamente solo dei comprimari. Ora il libro descrive questi rapporti direi minuto per minuto, soprattutto dal lato psicologico, e mi ha colpito il fatto che questi americani riescono a far tutto benissimo, sia le cose più complicate che le incombenze della vita quotidiana. Probabilmente in America è proprio così, un popolo giovane e pieno di vitalità, non come noi che siamo figli di civiltà millenarie e inconsciamente, ma anche per comodità, pensiamo che molte cose ci siano dovute.
In questo romanzo si trova di tutto. Fratelli tetraplegici, figli piccoli scomparsi per malattie rarissime, amori omosessuali in gran numero (che sia effetto del cambiamento del clima nel pianeta?), scoperta dell’identità sessuale verso il quarantesimo anno di età, violenza, solidarietà, generosità e destino avverso. Mi sembra di aver già detto abbastanza senza rovinare la lettura a chi avesse il coraggio di affrontare una impresa come la lettura di questo testo.
Il libro naturalmente è scritto molto bene altrimenti non sarebbe possibile leggere oltre mille pagine. Dal punto di vista artistico ho apprezzato un po’ meno l’ultima parte, che magari per altri può essere la più affascinante. Una cosa è certa: se avessi letto qualche recensione questo libro probabilmente non l’avrei letto, almeno in piena pandemia.
 

alessandra

Lunatic Mod
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CONTIENE SPOILERONI

Non conoscevo il titolo originale, A little life, che calza a pennello, non come quello italiano che non potrebbe essere meno azzeccato.
Avevo letto e sentito dire di tutto su questo libro: lodi sperticate e critiche feroci. Tante osservazioni negative sono vere. Per certi versi è inverosimile, straripante di eccessi narrativi: è umanamente possibile che qualcuno sia così disgraziato da incontrare, nella prima parte della sua vita, SOLO esseri mostruosi, terribili, di una bestialità che si mostra in ogni forma immaginabile, e nella seconda incontrare - anche se non solo, vedi Caleb - persone che rasentano la perfezione umana? Forse potrebbe esserlo, teoricamente, ma è senz'altro poco probabile. Ripetitivo, ridondante: vero, lo stesso concetto viene tante volte ripercorso con parole diverse; è un libro verboso. Straziante, troppe tragedie: verissimo, e continuano senza tregua; anch'io avrei evitato di far fare quella fine a Willem (tanto ormai gli spoiler li avete già fatti :mrgreen:).
Può un libro essere bellissimo, pur con questi difetti? Sì, può.
Quanto è importante il modo in cui una storia viene raccontata? Quanto è importante il fatto che l'autore - o l'autrice, in questo caso - sappia descrivere con maestria e precisione chirurgica ogni dettaglio di un sentimento, di uno stato d'animo, senza annoiare nonostante le ripetizioni - perché in ogni ripetizione, a ben vedere o sentire, c'è qualcosa di diverso - facendo in modo che il lettore entri in empatia con Jude (o, a tratti, con gli altri protagonisti) al punto di ESSERE Jude, sebbene tante volte non condivida il suo punto di vista o il suo comportamento? Quanto è difficile essere convincenti nel descrivere le sensazioni di chi, per tutta la vita, si sente un essere immondo pur non avendo commesso nessuna colpa, o di chi non vuol curare la sua mente non solo perché ha paura di condividere un'orribile verità, ma perché pensa di non meritare un riscatto? Quanto è difficile far sì che il lettore a un certo punto pensi "ma lasciatelo morire in pace" pur sapendo che, secondo i canoni di chi è lucido e razionale, questo non è giusto perché (forse) c'è sempre una possibilità di riprendersi?
Jude crolla del tutto dopo che Willem muore, ma in realtà è sempre stato infelice, avrebbe potuto comunque prendere quella decisione (e infatti l'aveva già presa, tempo prima). Fa tenerezza l'abnegazione di Willem - improbabile, lo ripeto, soprattutto per chi conduce una vita da star...ma che importanza ha? La scrittrice l'ha resa reale -; la bontà di Harold, forse dovuta al desiderio di un riscatto o di qualcosa che riempia la sua vita dopo la morte di Jacob; o l'altruismo di Jude, che ripete di continuo "mi dispiace" come se il solo fatto di esistere rappresentasse una colpa, figuriamoci l'arrecare disturbo agli altri. Ed è credibile - Jude - quando, anche dopo anni di affetto e di amicizia, ha bisogno di autoconvincersi che le persone a lui vicine, quelle che l'hanno sempre riempito di amore e attenzioni, non gli faranno del male. O quando, nei momenti più bui, rimpiange fratello Luke, perché "non lo ha mai colpito, né mai ha alzato la voce con lui".
Questo libro parla di tutto, e di temi difficili: la pedofilia - vista sotto diversi aspetti, quello più feroce e quello più subdolo -, l'annientamento dell'essere umano, l'accanimento per salvare la vita altrui. In una parola, questo è un incredibile - come ha scritto qweedy, e non potrebbe esserci, credo, un termine più adatto - libro sul dolore. Un dolore cronico e incancellabile, fisico e psichico, inflitto dagli altri o autoinflitto. Ed è scritto, secondo me, con uno stile caotico e ordinato al tempo stesso, che si concilia perfettamente con il contenuto. Caotico perché i pensieri vengono riportati così come si presentano alla mente dei personaggi, con le loro contraddizioni, i salti temporali e le divagazioni; ordinato perché le sensazioni vengono tradotte in un linguaggio accurato e veritiero, che scava in profondità e trova sempre i termini più appropriati per chiarirle.
Consigliato a chi ha voglia, ma anche la lucidità giusta, per leggere un libro molto, molto introspettivo, che scuote dentro come pochi altri. Ma sconsigliato a chi sta vivendo un periodo di instabilità o di dolore.
 
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