Jessamine
Well-known member
TRAMA
E' il settembre del 1939, le calde giornate scandite da scorribande e lauti pasti in famiglia sono finite e l'omba della guerra è sopraggiunta a addensare nubi sulle vite dei Cazalet. A Home Place, le finestre sono oscurate e il cibo inizia a scarseggiare, in lontananza si sentono gli spari e il cielo non è mai vuoto, nemmeno quando c'è il sole. Ognuno cerca di allontanare i cattivi pensieri, ma quando cala il silenzio è difficile non farsi sopraffare dalle proprie paure.
A riprendere le fila del racconto sono le tre ragazze: Louise insegue il sogno della recitazione a Londra, dove sperimenta uno stile di vita tutto nuovo, in cui le rigide regole dei Cazalet lasciano spazio al primo paio di pantaloni, alle prime esperienze amorose, a incontri interessanti ma anche a una spiacevole sorpresa. Clary sogna qualcuno di cui innamorarsi e si cimenta nella scrittura con una serie di toccanti lettere al padre partito per la guerra, fino all'arrivo di una telefonata che la lascerà sconvolta. E infine Polly, ancora in cerca della sua vocazione, risente dell'inevitabile conflitto adolescenziale con la madre e, più di tutti, soffre la reclusione domestica e teme il futuro, troppo giovane e troppo vecchia per qualsiasi cosa. Tutte e tre aspettano con ansia di poter diventare grandi e fremono per la conquista della propria libertà. Insieme a loro, fra tradimenti, segreti, nascite e lutti inaspettati, l'intera famiglia vive in un clima di sospensione mentre attende che la vita torni a essere quella di prima, in quest'indimenticabile ritratto dell'Inghilterra di quegli anni. E ormai è difficile abbandonarli, questi personaggi: con loro sorridiamo, ci emozioniamo e ci commuoviamo nel nuovo appassionante capitolo della saga dei Cazalet.
COMMENTO
Dopo aver terminato “Gli anni della leggerezza”, non vedevo l'ora di immergermi nuovamente nella vita dei Cazalet, e se ho resistito per quasi un mese è solamente perché il prestito interbibliotecario s'è fatto attendere.
Che dire, tutte le considerazioni fatte sull'accuratezza del ritratto psicologico dei personaggi restano validi, così come l'innegabile capacità della Howard di ammaliare lo spettatore e di catturarlo totalmente nelle vicende. Tuttavia, devo ammettere che il primo volume - vuoi perché non sapevo bene cosa aspettarmi, vuoi perché c'era il fascino della novità - mi ha totalmente conquistata, mentre “Il tempo dell'attesa” mi è piaciuto, ma con qualche riserva.
L'attesa qui è quella del lettore, che non può fare a meno di chiedersi che conosce già i grandi fatti della Storia, e non può fare a meno di domandarsi quanto i Cazalet ne saranno travolti. Ed è l'attesa dei personaggi: attesa che la guerra finisca o che per lo meno raggiunga il suo apice. E' l'attesa delle infinite giornate tutte uguali di Polly e Clary, troppo grandi e al tempo stesso troppo piccole per tutto, adolescenti costrette a scoprire loro stesse in un periodo in cui le esperienze sembrano vietate. Ed è l'attesa infinita e straziante di scoprire che cosa si nasconda dietro il silenzio di una persona cara dall'altra parte della Manica, condita con l'estenuante scorrere di giorni in cui l'età della consapevolezza sembra lontanissima pur quando già la si stringe fra le mani.
Questo secondo romanzo, dopo un inizio corale (o meglio, mosaico ) del tutto simile alla struttura - a mio parere del tutto vincente, in grado di avvincere totalmente il lettore e di regalargli un magnifico sguardo d'insieme su così tanti personaggi - finisce per concentrarsi in lunghi capitoli che seguono da vicino Louise, Polly e Clary, le tre giovani adolescenti che cerano di venire a patti con il difficile cammino per la vita adulta in un clima di privazioni e sofferenze. Ad un certo punto torna il romanzo corale, e poi di nuovo ci si concentra sulle tre ragazze, per tornare infine ad ascoltare l'intera famiglia. Non so, da un lato ho apprezzato molto potermi concentrare più a lungo sulla voce di un solo personaggio, ma mi è sembrato che a livello di struttura questo romanzo fosse decisamente meno curato, e la cosa mi è dispiaciuta un po'.
La guerra, poi, è uno spettro sempre presente, ma sembra di osservarla in ogni momento da un palco a teatro: anche quando gli equilibri dei Cazalet vengono stravolti dalla guerra, sembra sempre che tutto sia lontano, che sia molto più importante trovare il giusto paio di calze o andare a cena in un ristorante e bearsi del burro animale che ancora si può trovare in qualche locale di Londra. Se nel primo romanzo l'atmosfera alto-borghese non mi aveva infastidito moltissimo, qui le cose sembrano farsi vagamente grottesche, in alcuni momenti: non sempre, è chiaro, ma insomma, sentir un personaggio lamentarsi del fatto che due bimbi debbano fondere la loro camera con la stanza dei giochi mentre fuori cadono le bombe è leggermente ridicolo.
Concentrandosi sulle ragazze, la Howard ci fa perdere alcuni momenti a mio parere decisamente interessanti, come tutta la storia di Christopher: ne abbiamo giusto un assaggio, qualcosa in grado di farci ingolosire, ma poi tutto ci viene sottratto troppo rapidamente. Spero che nel prossimo volume ci si possa concentrare un po' di più anche sugli eredi maschi della famiglia Cazalet, che sono certa riservino anche loro grande profondità emotiva e uno spettro degli animi umani ragguardevole.
Tutto sommato, nonostante il rischio “polpettone” sia dietro l'angolo, la Howard riesce a mantenersi in perfetto equilibrio fra il mero voyeurismo letterario e un'opera di spessore indiscutibile.
E' il settembre del 1939, le calde giornate scandite da scorribande e lauti pasti in famiglia sono finite e l'omba della guerra è sopraggiunta a addensare nubi sulle vite dei Cazalet. A Home Place, le finestre sono oscurate e il cibo inizia a scarseggiare, in lontananza si sentono gli spari e il cielo non è mai vuoto, nemmeno quando c'è il sole. Ognuno cerca di allontanare i cattivi pensieri, ma quando cala il silenzio è difficile non farsi sopraffare dalle proprie paure.
A riprendere le fila del racconto sono le tre ragazze: Louise insegue il sogno della recitazione a Londra, dove sperimenta uno stile di vita tutto nuovo, in cui le rigide regole dei Cazalet lasciano spazio al primo paio di pantaloni, alle prime esperienze amorose, a incontri interessanti ma anche a una spiacevole sorpresa. Clary sogna qualcuno di cui innamorarsi e si cimenta nella scrittura con una serie di toccanti lettere al padre partito per la guerra, fino all'arrivo di una telefonata che la lascerà sconvolta. E infine Polly, ancora in cerca della sua vocazione, risente dell'inevitabile conflitto adolescenziale con la madre e, più di tutti, soffre la reclusione domestica e teme il futuro, troppo giovane e troppo vecchia per qualsiasi cosa. Tutte e tre aspettano con ansia di poter diventare grandi e fremono per la conquista della propria libertà. Insieme a loro, fra tradimenti, segreti, nascite e lutti inaspettati, l'intera famiglia vive in un clima di sospensione mentre attende che la vita torni a essere quella di prima, in quest'indimenticabile ritratto dell'Inghilterra di quegli anni. E ormai è difficile abbandonarli, questi personaggi: con loro sorridiamo, ci emozioniamo e ci commuoviamo nel nuovo appassionante capitolo della saga dei Cazalet.
COMMENTO
Dopo aver terminato “Gli anni della leggerezza”, non vedevo l'ora di immergermi nuovamente nella vita dei Cazalet, e se ho resistito per quasi un mese è solamente perché il prestito interbibliotecario s'è fatto attendere.
Che dire, tutte le considerazioni fatte sull'accuratezza del ritratto psicologico dei personaggi restano validi, così come l'innegabile capacità della Howard di ammaliare lo spettatore e di catturarlo totalmente nelle vicende. Tuttavia, devo ammettere che il primo volume - vuoi perché non sapevo bene cosa aspettarmi, vuoi perché c'era il fascino della novità - mi ha totalmente conquistata, mentre “Il tempo dell'attesa” mi è piaciuto, ma con qualche riserva.
L'attesa qui è quella del lettore, che non può fare a meno di chiedersi che conosce già i grandi fatti della Storia, e non può fare a meno di domandarsi quanto i Cazalet ne saranno travolti. Ed è l'attesa dei personaggi: attesa che la guerra finisca o che per lo meno raggiunga il suo apice. E' l'attesa delle infinite giornate tutte uguali di Polly e Clary, troppo grandi e al tempo stesso troppo piccole per tutto, adolescenti costrette a scoprire loro stesse in un periodo in cui le esperienze sembrano vietate. Ed è l'attesa infinita e straziante di scoprire che cosa si nasconda dietro il silenzio di una persona cara dall'altra parte della Manica, condita con l'estenuante scorrere di giorni in cui l'età della consapevolezza sembra lontanissima pur quando già la si stringe fra le mani.
Questo secondo romanzo, dopo un inizio corale (o meglio, mosaico ) del tutto simile alla struttura - a mio parere del tutto vincente, in grado di avvincere totalmente il lettore e di regalargli un magnifico sguardo d'insieme su così tanti personaggi - finisce per concentrarsi in lunghi capitoli che seguono da vicino Louise, Polly e Clary, le tre giovani adolescenti che cerano di venire a patti con il difficile cammino per la vita adulta in un clima di privazioni e sofferenze. Ad un certo punto torna il romanzo corale, e poi di nuovo ci si concentra sulle tre ragazze, per tornare infine ad ascoltare l'intera famiglia. Non so, da un lato ho apprezzato molto potermi concentrare più a lungo sulla voce di un solo personaggio, ma mi è sembrato che a livello di struttura questo romanzo fosse decisamente meno curato, e la cosa mi è dispiaciuta un po'.
La guerra, poi, è uno spettro sempre presente, ma sembra di osservarla in ogni momento da un palco a teatro: anche quando gli equilibri dei Cazalet vengono stravolti dalla guerra, sembra sempre che tutto sia lontano, che sia molto più importante trovare il giusto paio di calze o andare a cena in un ristorante e bearsi del burro animale che ancora si può trovare in qualche locale di Londra. Se nel primo romanzo l'atmosfera alto-borghese non mi aveva infastidito moltissimo, qui le cose sembrano farsi vagamente grottesche, in alcuni momenti: non sempre, è chiaro, ma insomma, sentir un personaggio lamentarsi del fatto che due bimbi debbano fondere la loro camera con la stanza dei giochi mentre fuori cadono le bombe è leggermente ridicolo.
Concentrandosi sulle ragazze, la Howard ci fa perdere alcuni momenti a mio parere decisamente interessanti, come tutta la storia di Christopher: ne abbiamo giusto un assaggio, qualcosa in grado di farci ingolosire, ma poi tutto ci viene sottratto troppo rapidamente. Spero che nel prossimo volume ci si possa concentrare un po' di più anche sugli eredi maschi della famiglia Cazalet, che sono certa riservino anche loro grande profondità emotiva e uno spettro degli animi umani ragguardevole.
Tutto sommato, nonostante il rischio “polpettone” sia dietro l'angolo, la Howard riesce a mantenersi in perfetto equilibrio fra il mero voyeurismo letterario e un'opera di spessore indiscutibile.