Radice, Teresa e Turconi, Stefano - Non stancarti di andare

Jessamine

Well-known member
TRAMA
Iris inizia a mettersi comoda nella casa di Verezzi mentre Ismail torna a Damasco per sistemare le ultime faccende. Separati da un destino violento e imprevisto, Iris si scopre incinta mentre Ismail lotta per tornare in Italia.
Costellato di personaggi memorabili, Non stancarti di andare è un romanzo grafico lungo, denso, impegnato e impegnativo, sul senso dell’esistenza e della distanza. Una storia per distruggere le barriere, per imparare ad amare senza riserve, scritta con immenso coinvolgimento emotivo da Teresa Radice e disegnata, a colori, da uno Stefano Turconi che inventa nuovi trucchi per rendere su carta le emozioni della sceneggiatrice.
Un libro che coltiva l’anima e la fa sbocciare, non importa quanto freddo faccia, fuori.


COMMENTO
Temo che, alle volte, le aspettative giochino brutti scherzi. Di Teresa Radice e Stefano Turconi avevo letto e apprezzato molto “Il porto proibito”, quindi già partivo con grandi speranze. Le recensioni leggiucchiate qua e là di “Non stancarti di andare”, poi, erano tutte incredibilmente entusiaste (avrò due su tre gridano al capolavoro), quindi sono stata felicissima di metterci sopra le mani appena ne ho avuto la possibilità. E che dire, carino, è carino, eh, per carità, ma non è poi così incisivo.
“Non stancarti di andare” racconta la storia di Iris e Ismail, innamorati e intenti a metter su famiglia, improvvisamente divisi dall’ultimo viaggio a Damasco di lui: la guerra si mette di traverso, e per nove mesi noi seguiamo la lenta attesa di Iris, e il terribile viaggio di ritorno in Italia di Ismail. Certo, si piange un sacco leggendo questa storia, ma solo una pietra non si commuoverebbe davanti a determinati racconti. E sì, ci sono passaggi toccanti, denunce importanti, riflessioni tutto sommato condivisibili, ma nulla di più. O meglio, non c’è nulla di più di quanto ci si immaginerebbe leggendo le poche parole della trama: una coppia divisa dalla guerra, lei che non sa niente di lui, e si limita ad ascoltare gli orrori trasmessi dal notiziario, lui che deve attraversare deserti e frontiere e mari nelle condizioni peggiori immaginabili.
“Non stancarti di andare” è una bella storia, ed è importante raccontare storie del genere proprio ora, ma mi sarei aspettata un passo oltre. Mi è sembrato che questa fosse una storia piuttosto concentrata su sé stessa, e se è vero che ogni viaggio è una storia a sé, e che non si può pensare di appiattire tutto dimenticando le essenziali differenze che fanno di ogni persona un libro unico e particolarissimo, è anche vero che qui c’è pochissimo spazio per qualcosa che vada oltre Ismail e Iris. E al tempo stesso c’è troppo che va oltre di loro: la storia della madre di Iris, ad esempio, l’ho trovato un po’ fuori luogo. Per carità, ho capito che cosa volevano dire gli autori, però l’ho trovata comunque una nota un po’ stonata (per non parlare del finale assurdo e del tutto inverosimile di questa parte della trama).
Spesso mi è sembrato che gli autori facessero sfoggio di un numero spropositato di citazioni (non parlo solo di quelle, molto belle e perfettamente centrate con la storia, che accompagnano ogni calligrafia ad inizio capitolo, ma proprio di quelle sparse nel testo, anche durante i dialoghi), con il solo scopo di sfoggiare la loro cultura. Ecco, in certe situazioni nessuno parlerebbe mai come parlano i loro personaggi, al punto che spesso, pur vivendo situazioni diametralmente opposte, si ritrovano a parlare esattamente con la stessa voce. E con la stessa smania di ascoltarla, la propria voce. È un po’ paradossale, forse, ma pur essendo un fumetto, la parola scritta mi è parso avere un peso troppo grande: i monologhi, i dialoghi irrealistici e del tutto artificiosi spesso hanno soffocato l’emozione, rendendo difficile lasciarsi del tutto andare e credere alla storia di Ismail e Iris. Che pure è una storia tanto attuale che è un po’ paradossale fare fatica a crederci, ma la vocina compiaciuta che accompagnava ogni pagina ha avuto, almeno su di me, proprio questo effetto.
Le lettere che Iris scrive al suo amore minuscolo , poi, sono state la mazzata definitiva: la prima era anche quasi carina, la seconda si poteva sopportare, ma poi, davvero, che noia! Una sequela di autocompiacimento, fiumi d’inchiostro utilizzati non per voler davvero comunicare qualcosa all’ amore minuscolo , ma solo per rileggere le proprie parole e godere di metafore e belle immagini.
Non voglio dire di non aver apprezzato per nulla questo romanzo grafico, perché sarebbe una bugia: alcune tavole sono meravigliose, e ci sono dei passaggi genuini e realmente commoventi, ma nell’insieme sono rimasta piuttosto delusa.
Un libro carino, che racconta una bella storia in maniera abbastanza semplice e senza colpi di scena sconvolgenti, probabilmente un ottimo approccio al mondo del fumetto per chiunque ne sia totalmente a digiuno, ma, decisamente, per me “capolavoro” significa altro.
 
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