Ohlsson, Kristina - Il bambino argento

Jessamine

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TRAMA
Era da tempo immemorabile che a novembre non nevicava a Åhus. Adesso però il suolo è candido di neve e il fiume è ghiacciato al punto giusto per poterci pattinare sopra. Aladdin e Billie, come tutti i ragazzi della città, ne sono entusiasti. Ma non durerà a lungo: una serie di eventi, apparentemente non collegati, sembra minare per sempre le loro sicurezze. Un misterioso barcone appare da un giorno all’altro nel porto della città, e un’inquietante presenza comincia a rubare del cibo intrufolandosi ogni notte nel ristorante dei genitori di Aladdin, che stanno per prendere una decisione disperata. Antiche, sanguinose storie di crimini, di follia e di sfarzosi tesori perduti tornano alla luce, e poi c’è quello strano bambino sconosciuto che appare e scompare nel nulla e che non lascia impronte sulla neve, proprio come un fantasma… Il tempo stringe, gli adulti sembrano troppo presi dai loro problemi di ogni giorno per riconoscere quali sono quelli veri, quindi starà ai due amici cercare di risolvere un caso che, da qualsiasi parte lo si guardi, risulta molto, molto più grande e pericoloso di loro… DopoBambini di cristallo, tornano i protagonisti dei libri bestseller in Svezia, per i giovani lettori che non hanno paura di avere paura.

COMMENTO

Ammetto di aver iniziato a leggere questo volume senza nemmeno dare uno sguardo rapido alla quarta di copertina: avevo amato così tanto "Bambini di cristallo" che ero certa avrei apprezzato molto anche il seguito. Chissà perché, credevo che la Ohlsson ci avrebbe riportato sulle tracce dei fantasmi della casa di Billie, credevo che avremmo finalmente affrontato quel lampadario dondolante, ma non mi aspettavo che "Il bambino argento" avrebbe preso una strada tanto divesa. In un certo senso, effettivamente, credo di aver preferito questa scelta: la storia di Billie, nonostante qualche apertura incerta sul finale, aveva trovato la sua giusta e perfetta conclusione con un finale dall'ottimo equilibrio fra il giallo e il sovrannaturale. Billie era cresciuta, aveva imparato ad affrontare il lutto e la perdita, e la sua casa aveva smesso di essere un luogo ostile. Andare a toccare di nuovo questi elementi avrebbe tolto moltissimo all'aspetto simbolico della storia. Al tempo stesso, però, nonostante mi abbia ovviamente fatto piacere ritrovare Billie e Aladdin e Simona, nonché Åhus e il fiume e la torre idrica, probabilmente la storia si sarebbe retta benissimo anche ambientandola altrove e con altri protagonisti.*
Inoltre, ho trovato la struttura un po' troppo simile a "Bambini di cristallo", per essere davvero soddisfatta: un mistero, elementi soprannaturali che inquietano e gettano lunghe ombre oscure e spaventose, e poi una risoluzione che lascia spazio alla ragione, pur conservando i suoi spazi d'ombra. Per carità, trattandosi di un romanzo ragazzi molto giovani credo non ci sia niente di male, ma un occhio adulto, avendo già in mente la struttura del primo volume della serie, si trova un po' spiazzato, perché intuisce abbastanza in fretta dove l'autrice andrà a parare.
Ho apprezzato moltissimo le atmosfere iniziali, dove l'inquietudine e la paura di Aladdin sono tangibili e rese magistralmente, proprio come erano rese benissimo le paure di Billie all'inizio di "Bambini di cristallo". Leggevo a casa da sola, e ammetto che più di una volta ho avvertito un brivido non proprio piacevole lungo la schiena (d'accordo, io sono facilmente suggestionabile, ma dovrei essere abbastanza temprata per resistere ad un libro per bambini). Proseguendo, però, credo che qualcosa si sia un po' perso: in "Bambini di cristallo" il mistero era ben congegnato e non facilmente intuibile, mentre qui, prima ancora di arrivare alla metà del racconto, avevo già idee piuttosto precise su come si sarebbe risolto il tutto. E di nuovo, è vero che posso contare su una quindicina d'anni di letture in più rispetto al pubblico cui il romanzo si rivolge, ma non stento a credere che qualsiasi ragazzino un po' sveglio possa fare i miei stessi ragionamenti. E insomma, quando in un giallo ci si sente non uno, ma almeno dieci passi avanti rispetto ai protagonisti tutto diventa un pochino deludente.
Il romanzo scorre comunque via benissimo, è difficile posarlo e sa catturare l'attenzione in maniera magistrale, però manca qualcosa della genialità e della freschezza di "Bambini di cristallo". Intendiamoci, fosse stato un romanzo a sé stante probabilmente lo avrei apprezzato moltissimo, ma essendo il secondo di una saga (per quanto non mi sembri essenziale aver letto prima "Bambini di cristallo", per comprenderlo) mi sarei aspettata qualcosina di più. O forse si tratta solo della classica maledizione del "volume di mezzo", non so. Certamente leggerò molto volentieri anche il terzo volume, quando arriverà in Italia.
Ecco, forse quello che ho trovato più stonato è stata l'introduzione forzata di tematiche sociali: anche in "Bambini di cristallo" c'era una forte componente di elementi avulsi dal giallo in sé, con tutta la questione riguardante il lutto di Billie e la sua difficoltà ad accettare che la vita possa andare avanti e cambiare anche senza il suo papà, però lì si trattava di un elemento fuso perfettamente con il resto della trama, e tutto funzionava alla perfezione. Qui si parla di profughi, di senso di appartenenza ad una cultura che va oltre ad una scritta su un documento e di integrazione, ma il tutto mi è sembrato un po' forzato. Per carità, ben vengano romanzi che danno messaggi tanto positivi e in maniera tanto semplice, soprattutto se sono rivolti a lettori molto giovani, però avrei comunque preferito che la questione fosse affrontata in maniera un po' meno didascalica.
Tutto sommato, credo comunque che la Ohllson sia un'eccellente voce nel panorama della letteratura per l'infanzia, e continuerò a leggerla con tanto piacere.
 
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