Giordano, Paolo - Divorare il cielo

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Sinossi:
Quei tre ragazzi che si tuffano in piscina, nudi, di nascosto, entrano come un vento nella vita di Teresa. Sono poco piú che bambini, hanno corpi e desideri
incontrollati e puri, proprio come lei. I prossimi vent'anni li passeranno insieme nella masseria lí accanto, a seminare, raccogliere, distruggere, alla
pazza ricerca di un fuoco che li tenga accesi. Al centro di tutto c'è sempre Bern, un magnete che attira gli altri e li spinge oltre il limite, con l'intensità
di chi conosce solo passioni assolute: Dio, il sesso, la natura, un figlio.
Le estati a Speziale per Teresa non passano mai. Giornate infinite a guardare la nonna che legge gialli e suo padre, lontano dall'ufficio e dalla moglie,
che torna a essere misterioso e vitale come la Puglia in cui è nato. Poi un giorno li vede. Sono «quelli della masseria», molte leggende li accompagnano,
vivono in una specie di comune, non vanno a scuola ma sanno moltissime cose. Credono in Dio, nella terra, nella reincarnazione. Tre fratelli ma non di
sangue, ciascuno con un padre manchevole, inestricabilmente legati l'uno all'altro, carichi di bramosia per quello che non hanno mai avuto. A poco a poco,
per Teresa, quell'angolo di campagna diventa l'unico posto al mondo. Il posto in cui c'è Bern. Il loro è un amore estivo, eppure totale. Il desiderio li
guida e li stravolge, il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo. Perché Bern ha un'inquietudine che Teresa non conosce,
un modo tutto suo di appropriarsi delle cose: deve inghiottirle intere. La campagna pugliese è il teatro di questa storia che attraversa vent'anni e quattro
vite. I giorni passati insieme a coltivare quella terra rossa, curare gli ulivi, sgusciare montagne di mandorle, un anno dopo l'altro, fino a quando Teresa
rimarrà la sola a farlo. Perché il giro delle stagioni è un potente ciclo esistenziale, e la masseria il centro esatto dell'universo.

Commento:
“Divorare il cielo” è un romanzo difficile da recensire, da commentare, da digerire. Ti si incolla addosso come l’umidità dei giorni caldi di scirocco, un vento fastidioso e amato che è parte di questa terra, la Puglia, nella quale si svolge questa storia. E’ durante una di queste estati che Teresa e Bern si conoscono, si piacciono, si catturano per non lasciarsi mai più. Ora penserete “ecco, la solita storia d’amore tra la turista del Nord in vacanza e il rude contadinotto del Sud”… niente di più sbagliato. Sì, di amore si parla in queste pagine, ma di un amore viscerale, totale, assurdo e assoluto, di un sentimento che è attrazione e nostalgia, che spinge inesorabilmente due persone a cercarsi, ad amarsi, a farsi del male. E’ così che si sviluppa, nell’arco di vent’anni, l’amore di Teresa e Bern, fatto di tante persone, fatto di idee portate all’esasperazione, di rischi folli, di lotte contro tutti, di gesti insani e prese di posizione estreme, sempre, perennemente, alla ricerca di qualcosa – o di qualcuno – da seguire.
Perché credere in un’idea, in un progetto per quanto sembri balordo, in un sogno per quanto sembri irrealizzabile, a volte è l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti, a non fuggire, a non mollare tutto e cedere al qualunquismo, all’infelicità, ad una vita ordinata e prevedibile, alla disperazione.
Una storia, questa, in cui ci si perde, si annega, si riemerge e si affoga ancora. Dei personaggi, Teresa e Bern in testa, che non dimenticheremo e che non vorremmo lasciare. Un romanzo sobrio eppure accorato, un grido silenzioso che nasce dalle viscere di una terra piena di contraddizioni, ma che torna sempre lì, ai suoi riferimenti, alle sue radici, alle sue poche certezze. Una terra che, con i suoi paesaggi e la sua cultura popolare, è simbolo di una generazione spaccata dall’interno tra volontà e rassegnazione, tra amore e disperazione, scossa da sensazioni forti e da una continua ricerca di sé attraverso gli altri, disposta ad aggrapparsi a un’idea con tutte le forze e di disdegnarla un attimo dopo.
Perché dovreste leggere questo libro? In tutta sincerità non lo so. Io l’ho letto, mi ci sono persa, ne sono uscita scossa, eppure lo rileggerei. Giordano non ha fretta di terminare il racconto, si prende i suoi giusti tempi per analizzare, proseguire, tornare indietro per osservare meglio; non ci dà soluzioni, non ci dà moniti da usare come mantra: ci racconta una storia forte, fatta di tanti pezzi. Sta a noi trovarvi ciò che cerchiamo.
 
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