Leogrande, Alessandro - La frontiera

estersable88

dreamer member
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C’è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno, invisibilmente, è parte: è la frontiera
che separa e insieme unisce il Nord del mondo, democratico, liberale e civilizzato, e il Sud, povero, morso dalla guerra, arretrato e antidemocratico.
È sul margine di questa frontiera che si gioca il Grande gioco del mondo contemporaneo. Questa soglia è inafferrabile, indefinibile, non-materiale: la
scrittura vi si avvicina per approssimazioni, tentativi, muovendosi nell’inesplorato, là dove si consumano le migrazioni e i respingimenti, là dove si
combatte per vivere o per morire. Leogrande ci porta a bordo delle navi dell’operazione Mare Nostrum e pesca le parole dai fondali marini in cui stanno
incastrate e nascoste. Ci porta a conoscere trafficanti e baby-scafisti, insieme alle storie dei sopravvissuti ai naufragi del Mediterraneo al largo di
Lampedusa; ricostruisce la storia degli eritrei, popolo tra i popoli forzati alla migrazione da una feroce dittatura, causata anche dal colonialismo italiano;
ci racconta l’altra frontiera, quella greca, quella di Alba Dorata e di Patrasso, e poi l’altra ancora, quella dei Balcani; ci introduce in una Libia esplosa
e devastata, ci fa entrare dentro i Cie italiani e i loro soprusi, nella violenza della periferia romana e in quella nascosta nelle nostre anime: così
si dà parola all’innominabile buco nero in cui ogni giorno sprofondano il diritto comunitario e le nostre coscienze. Quanta sofferenza. Quanto caos. Quanta
indifferenza. Da qualche parte nel futuro, i nostri discendenti si chiederanno come abbiamo potuto lasciare che tutto ciò accadesse. Quella parola indica
una linea lunga chilometri e spessa anni. Un solco che attraversa la materia e il tempo, le notti e i giorni, le generazioni e le stesse voci che ne parlano,
si inseguono, si accavallano, si contraddicono, si comprimono, si dilatano. È la frontiera.


In questi giorni in cui l'odio tracima incontrastato, consiglio caldamente la lettura di questo libro. E' un saggio sobrio, profondo, lucido, sconvolgente. Abbiamo tutti bisogno di letture come questa, per non dimenticare mai che, qualunque cosa ci dicano, qualunque cosa accada, siamo e restiamo tutti esseri umani.
 

IreneElle

Member
"La Frontiera corre sempre nel mezzo".

Da tempo, nel mese di Gennaio, mese in cui si celebra la Giornata della Memoria, leggo qualcosa di attinente. Negli anni però ho allargato la mia visione di Giornata della Memoria, per cui mi dedico a libri che parlino di grandi tragedie umane e storiche, di stragi e massacri frutto del male, dell'ignoranza e delle dittature, avvenuti in giro per il mondo.
E ci sono centinaia di pagine nere, nerissime che riguardano il Nostro Novecento.
Quest'anno ho deciso di leggere Frontiera, di Alessandro Leogrande, scrittore tarantino, morto prematuramente a soli quarant'anni. Ho scelto questo libro inchiesta perchè, aldilà dell'umana compassione che provo nel vedere quei barconi, sento anche l'urgenza di capire in maniera approfondita questo fenomeno.
Non avrei potuto fare scelta migliore.

"Ad apparirci spesso incomprensibili sono i frammenti di Storia, gli sconquassi sociali, le fratture globali che avvolgono le motivazioni individuali, fino a stritolarle. Incomprensibili perchè provengono letteralmente da un altro mondo. Credo che sia questo il motivo per cui è difficile comprendere il popolo dei barconi che giunge sulle coste europee".

Ed ancora:
"C'è qualcosa che manca. Possiamo acnhe ricostruire tutte le fasi del naufragio, fare il conto dei vivi e dei morti, raccontare le loro storie. Ma c'è sempre qualcosa che manca. Manca il contesto. Più riduciamo il popolo del peschereccio affondato al rango di vittime, più allontaniamo il contesto".

Leogrande non è solo un giornalista che racconta, che analizza, che approfondisce, è un giornalista che si/ci pone delle domande:
"Fino a che punto è lecito scavare, porre e porsi domande, interrogare i superstiti? Qual è il punto esatto in cui il dovere della memoria sconfina nella morbosità? Come scansare il rischio di dire il già detto, di scivolare nella reiterazione delle tragedie che, viste da una certa distanza, come dalla costa in mezzo ai bagnanti, possono apparire tutte uguali? Come farsi testimone dell'unicità di ogni ferita?".

Grazie Leogrande, per avermi fatto riflettere.
 

Lark

Member
Mi è piaciuto molto, in particolare le interviste e la descrizione della vita e necessità nelle ex colonie (e il dramma degli eritrei in particolare), qualcosa di cui ero completamente all'oscuro. Ad un tema che è affascinante e necessario Leogrande affianca uno stile ottimo, non retorico e completo. Ho apprezzato in particolare il suo raccontare dei dubbi che ha avuto davanti a certi racconti che avrebbe voluto ritenere assurdi, prima di aver visto le prove (in un passaggio del libro racconta anche di una tortura che scopre poi non esserci stata, eppure è lo stesso - e la spiegazione che da sul punto è perfetta): prova di onestà intellettuale e serietà professionale. Lo consiglio!
 

Grantenca

Well-known member
La frontiera
Gran bel libro, che ci dà un’idea un po’ più precisa del fenomeno dei migranti nei paesi civili occidentali.
Le dittature nel corno d’Africa, con la militarizzazione forzata, a tempo indeterminato, di tutti i cittadini, i profughi curdi, afgani, siriani in fuga da guerre e genocidi, i campi di concentramento e la tratta degli schiavi in Libia e Sinai e, soprattutto, le migliaia e migliaia di morti innocenti. C’è anche il razzismo, come se quanto successo nell’ultimo conflitto mondiale non avesse insegnato nulla. Ma cos’è il razzismo ?
Nessuno, credo, nasce razzista. Crescendo è forse una forma di diffidenza che ha ogni comunità verso il “diverso” per paura di perdere le proprie certezze. Razzista può essere solamente una classe sociale estremamente ignorante e in questi casi, per questioni esclusivamente di vantaggio proprio, economico e sociale, in pochi, che sanno dove vogliono arrivare, manovrano una massa credulona causando disastri incommensurabili. E’ vero che limitando l’esodo, con la chiusura dei porti e delle frontiere si riduce automaticamente il numero dei morti, ma nessuno si chiede il motivo perché tante persone sono pronte a sfidare la morte, arricchire i delinquenti scafisti, ad affrontare disagi inumani con la sola speranza di trovare un qualsiasi lavoro in un paese civile? Vuol dire che nei loro paesi la vita è invivibile, per la miseria e il terrore di persecuzioni e uccisioni. Certo vien da pensare come l’ONU possa tollerare al giorno d’oggi situazioni del genere, ma anche lì, probabilmente, i reciproci interessi delle grandi potenze impediscono interventi che sarebbero comunque molto complessi, ma che se avessero il totale consenso potrebbero, se non sanare, almeno migliorare decisamente le situazioni più precarie. Non è sufficiente la solidarietà umana, è la politica che può e deve risolvere queste gravissime problematiche.
 
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