Deledda, Grazia - Il dio dei viventi

bouvard

Well-known member
Il titolo di questo libro deriva da un verso del Vangelo di Marco “Dio non è il Dio dei morti ma il Dio dei viventi”.
Trama: Basilio Barcai non si è mai sposato, però dalla sua amante Lia ha avuto un figlio a cui lascia i suoi beni. Ma, dopo morto, il fratello Zebedeo gli sottrae dalla tasca il testamento e così i beni passano al figlio di questi: Bellìa. I sensi di colpa e i tormenti interiori aumentano man mano che si susseguono una serie di “disgrazie” di cui Bellìa è l’incolpevole vittima…
Dio non è solo il Dio dei morti che ci giudicherà alla fine dei tempi, ma è anche il Dio dei viventi che giudica e punisce le nostre azioni già mentre le compiamo. Perciò ognuno di noi è chiamato ad agire sempre secondo coscienza e a dare il meglio di sé.
“Dio ci ha dato un'anima viva, e sta in noi fare il bene e il male: noi siamo nel mondo solo per questo”.
La Deledda – inutile dirlo – è bravissima nel rappresentarci diversi “tipi” umani, dalla silenziosa, ma irremovibile Lia, al tormentato Zebedeo, dal piccolo e fin troppo maturo, ma (almeno per me) un po’ antipatico Salvatore, all’infantile ed egoista Bellìa, dalla remissiva Maria al saggio Michele…
Libro di grande attualità per l’inestricabile misto di religiosità e superstizione.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ho trovato questa storia molto scenografica e mi hanno colpita in particolare le maledizioni di zio Michele... sarà che da qualche anno sono troppo incavolata col mondo intero e quindi ne faccio uso spesso, senza però riuscire nel risultato di vederle esaudite (forse la parte buona di me è ancora troppo presente per dar loro la forza di prendere vita).
E' un periodo poi che sono affascinata dalle letture a sfondo religioso e spirituale, quindi l'ho apprezzato parecchio.
Non quanto il precedente letto, Il segreto dell'uomo solitario, ma comunque tanto da farmi venire voglia di proseguire (e infatti dopo poco tempo ho letto anche Canne al vento).
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Lia è additata e guardata con sospetto e timore perché si è separata dal marito ed ha dato alla luce un figlio con Basilio, il maggiore dei fratelli Barcai, senza essere sposata con lui. In paese tutti cercano di evitarla perché credono che sia fattucchiera e portatrice di male, anche Zebedeo, il fratello minore di Basilio che alla morte di questi però non esita a sottrargli il testamento, di fatto privando il nipotino dell'eredità.
Da questo momento sulla famiglia di Zebedeo sembra cadere un'ombra di sventura: in particolare il figlio, Bellia, si infortuna ad una mano e le cose sembrano peggiorare di giorno in giorno. C'è chi pensa che il male sia stato causato da una qualche vendetta o fattura della vedova Lia, ma in cuor suo Zebedeo sa che sono state le sue azioni a generarlo. Ed è proprio questa la morale al centro di questo breve romanzo: il male genera altro male. I pregiudizi verso Lia, le cattive azioni di Zebedeo e la sua malacoscenza provocano il male nella sua famiglia, quasi che Dio, che non è solo il Dio dei morti, ma anche dei viventi, volesse punirla. Una buona lettura che non mi ha coinvolto da subito come "Canne al vento" o "Il segreto dell'uomo solitario", ma comunque piacevole, istruttiva ed intrisa del lirismo descrittivo e del trionfo dell'Italia popolare che tanto caratterizzano la scrittura di Grazia Deledda. Consigliato.
 
Alto