Amado, Jorge - Santa Barbara dei fulmini

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Questo apologo allegro e scanzonato ha per protagonista la stravagante figura di una santa munita, secondo la tradizione, di un mazzetto di fulmini: santa Barbara. Un bel giorno la sua statua viene fatta trasportare dal Reconcavo a Bahia per una esposizione d'arte sacra. Ma già durante il breve viaggio, su un peschereccio, la statua comincia a dar segni di irrequietezza: per rimettere a posto alcune situazioni che non le vanno a genio, al momento dell'attracco prende vita e, assunto l'aspetto di Yansà, signora dell'uragano e della guerra, se ne va in giro per le strade, seminando panico e raccogliendo reverenti omaggi. Siamo negli anni della dittatura militare, e la sparizione della statua getta nello scompiglio la polizia e la stampa.

La statua di Santa Barbara, quella dei fulmini, è in viaggio verso Bahia. La attende con trepidazione don Massimiliano Von Bruden, direttore del museo di arte sacra, per inserirla come pezzo forte della sua mostra. Ma prima dell'apertura della stessa, e poco importa lo scompiglio che creerà, la Santa ha ben altri progetti, ha un lavoro da fare: ha un paio di situazioni da sistemare fra i bahiani, deve aggiustare cose storte, portare il bene e insegnare la gioia di vivere. E' per far questo che, appena sbarcata, prende vita e se ne va in giro indisturbata nelle vesti non della Santa, ma della sua corrispondente Orixa, regina del Candomblé, signora delle guerre e dei temporali. Va a trovare le sue figlie, nipote e zia, Manela e Adalgisa, entrambe infelici e intrappolate da convinzioni retrograde e fanatiche dalle quali l'Orixa deve liberarle. E qui la incontriamo noi, fra i bahiani, in un carnevale di situazioni familiari, lavorative, diatribe ecclesiastiche, gelosie e complotti… toccherà a lei, in forma di Santa o di Orixa, sistemare tutto e far finire ogni pena in una grande, fantasmagorica festa collettiva di liberazione, come accade nella più tipica tradizione bahiana e brasiliana.
E, come in tutte le storie di Amado, i culti, le classi sociali, le appartenenze si mescolano in una festa di tutti e per tutti, in una fratellanza universale per le strade di questa Bahia capitale del sogno che, ad ogni libro in più che leggo di quest'autore, sogno sempre più di visitare.
Chissà perché, quando si parla di Amado, si pensa sempre ai "soliti" tre titoli – Gabriela, Dona Flor, Teresa Batista – e nessuno nomina mai questa Santa Barbara dei fulmini, così potente nell'evocare una cultura sfaccettata ed affascinante come quella brasiliana. Non si tratta di un libro facile, perché, proprio come una danza indiavolata del Candomblé, si passa da una storia all'altra in un carosello di esagerazione ed eccessi; tuttavia pazienza se all'inizio il libro risulterà un po' confusionario, pazienza se si farà fatica a districarsi tra i nomi di persone e quelli delle divinità… sarà pur sempre emozionante tuffarsi in questo caleidoscopio di vitalità.
 
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