Mishima, Yukio - Neve di primavera

ayuthaya

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A lettura conclusa posso affermare senz’ombra di dubbio che questo romanzo è un capolavoro. Allo stesso tempo ammetto che non è assolutamente un libro facile, intriso com’è di filosofia, di introspezione, di molteplici livelli di lettura che vanno ben aldilà del mero svolgersi degli eventi, i quali infatti prendono piede solo da metà libro in poi.

Il protagonista indiscusso è il giovane e avvenente Kiyoaki, il quale – per volere del padre, il marchese Matzugae, consapevole che la sua famiglia, nonostante il prestigioso passato (il nonno di Kiyoaki era un celebre samurai), difetta di raffinatezza ed eleganza – viene “affidato” alle cure della famiglia del conte Ayakura, di origini nobili benché economicamente in decadenza.
Già da questi pochissimi elementi (e prima ancora che abbia finito di elencare i personaggi principali) ci rendiamo conto che la carne al fuoco è moltissima, dal punto di vista culturale, storico, sociale. Siamo a cavallo fra l’epoca Meiji (già di per sé foriera di uno “stravolgimento”, poiché per la prima volta il Giappone si apre al resto del mondo) e quella successiva, la stessa morte dell’imperatore costituisce un elemento fondamentale della narrazione. Ma il punto è che per il Giappone è il momento di fare delle scelte: da una parte la severità e l’austerità dei samurai, dall'altra la “fiacchezza” della nuova classe sociale, sedotta dalle “mode occidentali”; da una parte la ricchezza, dall’altra l’aristocrazia che non si può comprare col denaro; da una parte il culto dell’imperatore (che, ricordiamoci, in Giappone equivale a una religione), dall’altra le passioni individuali… Insomma, da una parte il “passato”, dall’altra un incerto futuro.
“Vittima” di questo conflitto, che è insieme generazionale e culturale, è proprio Kiyoaki, la cui estrema bellezza lo spinge ancora di più a crescere nell’indolenza, nell’introspezione, nell’amore per se stesso. Non che ne venga fuori un personaggio negativo o antipatico, tutt’altro, ma “nessuna peculiarità della famiglia in cui era nato era in grado di spiegare come mai fosse tanto sensibile, tanto incline alla malinconia”.

Totalmente opposto per carattere e atteggiamento è l’amico del cuore Honda, pratico e razionale, nel senso anche culturale del termine (non per niente egli, studioso di diritto, è affascinato dalla tradizione classica e dallo storicismo…). Honda è ammaliato e quasi soggiogato dal magnetismo che emana da Kiyo, la loro amicizia è fatta di reticenze spiegabili solo in virtù di una conoscenza reciproca profonda, benché non si tratti di un vero rapporto “alla pari”. C’è da dire che, dopo aver scoperto che la tetralogia di cui Neve di primavera costituisce il primo capitolo è incentrata proprio sulla figura di Honda, che in tutti e quattro i romanzi assume piuttosto le vesti di “spettatore”, il suo personaggio mi ha affascinato ancora di più. A lui è attribuita la capacità di cogliere aspetti profondi della sua epoca (cosa non facile, e che certamente l’egotista Kiyoaki non è in grado di fare), come si capisce bene da questo passaggio che secondo me è uno dei più interessanti del libro:
Ma se le guerre di antico stampo hanno cessato di esistere, è per contro iniziata una nuova specie di combattimenti. In questa nostra epoca sono le passioni a farsi guerra. É un tipo di conflitto invisibile. Lo si avverte soltanto. (...) E al pari delle guerre di altri tempi, la guerra delle passioni avrà i suoi morti e i suoi feriti, credo. È la sorte della nostra epoca, e tu (Kiyo) sei uno dei nostri rappresentanti.

HO GIÀ SCRITTO UNA PAGINA DI COMMENTO E ANCORA NON HO ESPOSTO LA TRAMA! Chiedo perdono… è perché così mi auguro che leggiate tutto quello che scrivo!!!
Scherzi a parte, date le premesse appena descritte, accade che Kiyo, il quale come abbiamo visto è stato educato presso la famiglia Ayakura, a stretto contatto con la figlia del conte, la bellissima Satoko, finisce chiaramente per innamorarsi di lei, la quale a sua volta lo ricambia con trasporto. Tuttavia il sentimento che li lega si scontra innanzitutto con la natura egocentrica e impulsiva di Kiyo. Sarà lui stesso, incapace di dominare il proprio orgoglio e le proprie passioni, a rendere il suo amore per Satoko, che di per sé non troverebbe alcun ostacolo, né familiare, né di “classe”, un amore impossibile e come tale cieco, assoluto.
La fonte di quella gioia era l’impossibile, l’impossibile allo stato puro.

Con la trama mi fermo qui, e anche col mio commento. Quasi.
Quello che aggiungo è che, al di là di Kiyoaki e dei suoi due “compagni”, ho trovato perfettamente riusciti molti dei personaggi “secondari”, in modo particolare il precettore Iinuma, la scaltra Tadeshina (se fosse un film, sarebbe da assegnarle l’Oscar come migliore attrice non protagonista) e i genitori, soprattutto i padri, dei due giovani innamorati, accecati e quasi istupiditi come sono dal tentativo disperato di salvare le apparenze.

Un’ultimissima parola la spendo per Mishima, personaggio celebre e controverso da tanti punti di vista… Essendo questo il primo romanzo che leggo, posso dire che, nonostante un certo impegno di lettura che indubbiamente richiede, ho scoperto un poeta. Un autentico poeta, come forse, nella letteratura giapponese che pur tanto amo, non mi era ancora capitato di trovare.
 
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