Questo è un libro (e un autore) che non avrei probabilmente mai affrontato se non me ne fosse capitata l'occasione "pescando" Rousseau come autore da adottare e trovando una corrispondenza fra il titolo e il contenuto di una delle voci della Reading Challenge. Parlo di "titolo" perché in realtà il tema della "passeggiata" è molto più marginale di quanto non credessi ed è per questo che, a differenza del traduttore in cui si è imbattuta Minerva, io non sono per nulla d'accordo con l'inversione dei due termini e ritengo invece che il titolo originario, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, sia molto più significativo e racchiuda in sé il senso profondo di quest'opera.
Infatti quelle di Rousseau non sono passeggiate (se non in senso metaforico) ma veri e propri atti del “fantasticare”, senza però saltare da un pensiero all'altro, ma seguendo coerentemente un percorso mentale, il quale a sua volta prende spunto da un episodio, un ricordo, un'intuizione. A pensarci bene è proprio bella questa espressione – “fantasticheria di un passeggiatore” – perchè, questo sì, Rousseau è un "passeggiatore", nel senso che il passeggiare è per lui qualcosa di più che una piacevole attività: è un conforto, una fuga, un rifugio. “La mia vita intera non è stata altro che una lunga fantasticheria divisa in capitoli dalle mie passeggiate quotidiane".
Facciamo un piccolo passo indietro: questa è stata una delle poche letture che ho fatto precedere (e non seguire) da un breve ripasso della biografia dell’autore (che ricordavo solo vagamente per averlo studiato in filosofia) e dalla lettura dei ben due saggi/prefazioni presenti nella mia edizione (BUR). Questo perché ho intuito che, per quanto breve (poco più di un centinaio di pagine, contro le duecento dell’apparato critico!), non avrei potuto comprendere quest’opera senza conoscerne il contesto "psicologico". Quando ha scritto le Fantasticherie, infatti, al tramonto della sua vita, Rousseau si sentiva ormai escluso dall’intero genere umano, convinto addirittura di essere oggetto di un “complotto” universale contro il quale aveva rinunciato a ribellarsi. Se le precedenti Confessioni e i cosiddetti Dialoghi (il titolo esatto è Rousseau giudice di Jean-Jacques) costituiscono un estremo tentativo di difendersi e riconciliarsi con il genere umano, riconquistando la stima generale, le Fantasticherie partono dal presupposto contrario. “Sono dunque solo sulla terra...”: questa constatazione iniziale è la chiave di lettura di questo scritto, grazie alla quale comprendiamo che il suo solo e vero destinatario è l’autore stesso.
Per questo motivo, afferma Starobinski nel suo saggio introduttivo, “le Fantasticherie sono il libro dell’estrema infelicità e, insieme, la testimonianza della più alta felicità concessa all’uomo ‘quaggiù’”. Rousseau ha perso ogni fiducia nel suo prossimo e può contare solo su se stesso, sulla felicità che gli deriva dai suoi pensieri, dai suoi ricordi e, tutt’al più, dalla bellezza della natura, per il quale egli prova un autentico amore.
Se finora non ho speso alcuna parola per dire se questo libro mi sia piaciuto o meno, è perché è difficile darne un giudizio “oggettivo”, essendo così intimamente connesso con la vita psichica del suo autore. Non è però affatto un libro difficile, a me è piaciuto molto, l’ho trovato interessante e stimolante. In particolare mi hanno affascinato alcune Fantasticherie nelle quali Rousseau si interroga sulla relazione fra percezione e sentimento, e fra l'aspetto "etico" di alcuni comportamenti (il fare del bene, il mentire, l'amore per i bambini) e il loro risvolto sensibile, ovvero l'impatto sulla coscienza. Rousseau non cerca regole generali valide per tutti, ma si sforza di analizzarsi il più criticamente e lucidamente possibile (per quello che gli consente la sua coscienza comunque "malata", ovvero deformata dalla sua tragica esperienza) per cercare una propria strada e una propria, seppure mutilata, felicità.
Un libro che vi consiglio, suggerendovi però di documentarvi un pochino prima, leggendo qualcosa della biografia e della filosofia di Rousseau.