Gunnarsson, Gunnar - Il Pastore d'Islanda

IreneElle

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Dalla quarta di copertina:
"Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica d’Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. Nessuno osa sfidare il buio e il gelo dell’inverno islandese per accompagnarlo nella rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare sull’aiuto dei suoi due amici più fedeli: il cane Leó e il montone Roccia. Comincia così il viaggio dell’inseparabile terzetto, la «santa trinità», come li chiamano in paese, attraverso l’immenso deserto bianco, contro la furia della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo, cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo. È qui che Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in realtà «la condizione stessa dell’esistenza», con il compito cui non può sottrarsi e che porta avanti fiducioso, costi quel costi, in un continuo confronto con gli elementi e con se stesso, per riconquistare un senso alla dimensione umana. Nella sua semplicità evocativa, “Il pastore d’Islanda” è il racconto di un’avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell’uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Esce per la prima volta in Italia un classico della letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato Hemingway per “Il vecchio e il mare”, considerato in Islanda il vero canto di Natale".

La mia opinione:
Una favola scritta con grande semplicità, una parabola felice i cui molteplici protagonisti sono: il pastore Benedikt, un cane, un montone e la Natura islandese nel periodo di Natale. Personalmente ho apprezzato molto le descrizioni del paesaggio invernale, ma per il resto non ha saputo trasmettermi molto altro.
 

bouvard

Well-known member
Mi ero imbattuta in questo titolo anni fa e mi aveva parecchio incuriosito, anche perché veniva descritto come un piccolo Capolavoro, ma poi come capita con tanti libri era rimasto in wishlist senza che mi decidessi a leggerlo. Dico subito che, secondo me, più che un romanzo andrebbe considerato come un racconto lungo.
Benedikt, il protagonista del libro, ma forse sarebbe più corretto dire uno dei protagonisti del libro, ha uno strano modo di festeggiare il Natale. Ogni anno infatti, da quando aveva 27 anni – ora ne ha 54 – la prima domenica dell’Avvento si mette in cammino per recuperare le pecore che in autunno, quando sono state fatte tornare agli ovili, si sono perse.
Come dicevo Benedikt non è l’unico protagonista del libro perché questa ricerca non la fa da solo, ma con l’aiuto di due amici con cui forma la “Santa Trinità”, questo è il soprannome che gli abitanti del luogo hanno dato a questo strampalato, quanto ben assortito gruppo di amici: Benedikt, Leo e Roccia. E poco importa se Leo e Roccia non sono umani. Leo è un cane e Roccia un montone.

Da anni i tre erano inseparabili quando c’era da fare quella gita, e ormai si conoscevano a fondo, con quella dimestichezza che forse è possibile solo tra specie animali molto diverse, e che nessuna ombra del proprio io e del proprio sangue, nessun desiderio o passione personale può confondere o oscurare.

Il libro è una riflessione sulla vita, sulla morte, sull’amicizia, sulla fede e forse anche su altro. E’ un libro fatto di silenzi in cui a parlare è soprattutto la Natura. Se davvero alcuni libri hanno una “stagionalità” allora sicuramente questo è un libro da leggere in inverno, anzi proprio nel periodo di Natale.

L’uomo si aggrappa alle cose, si aggrappa a sè stesso e alle sue cose al di là della morte, teme che la vita gli sfugga tra le mani. E’ questa la più reale di tutte le realtà, la più fragile di tutte le fragilità, la più infinita tra le cose infinite. Teme la solitudine, che è la condizione stessa della sua esistenza.

Ho letto su internet che Hemingway avrebbe tratto ispirazione per il suo Il vecchio e il mare proprio da questo libro, beh non mi stupirei se fosse vero e non una delle tante fake-news che si leggono in internet. Si, potrebbe essere decisamente vero.
Sicuramente non lo definirei un piccolo Capolavoro, ma dovrò comunque rileggerlo.
 

Shoshin

Goccia di blu
Ogni tanto gli editori scovano piccoli gioielli dimenticati. Ci è riuscito quest’anno Iperborea, casa editrice specializzata in letteratura scandinava, col racconto di Gunnar Gunnarsson “Il pastore d’Islanda” oggi pubblicato per la prima volta in Italia. La prima edizione, con il titolo Advent, risale al 1936 in Germania.
Una favola? Forse una parabola, forse una testimonianza, un’ode ha detto qualcuno. Sicuramente un racconto che regala un senso al Natale come nessuno di noi è più in grado di dare.
Benedikt, servo contadino pastore, da 27 anni compie lo stesso rito in occasione della prima domenica dell’Avvento: parte con il suo cane Leò e il suo montone Roccia per i monti dell’Islanda alla ricerca delle pecore smarrite, rimaste a vagare nella neve dopo essersi allontanate dalle greggi, che in autunno lasciano i pascoli. Un trio solidale, complice, dove ognuno dei componenti svolge un ruolo senza perdere mai d’occhio gli altri, offrendo protezione e garantendo supporto quando necessario nel tragitto faticoso.
L’inverno islandese è difficile da immaginare perché il freddo e il buio di cui è fatto hanno un che di sovrumano, di intollerabile. Ma Benedikt ogni anno, la prima domenica d’Avvento compie questo cammino con animo sereno, non gli pesano gli anni, ora giunti a 54; anzi sente i monti ghiacciati, il vento sferzante, la neve incessante, i pendii impervi come amici fedeli, quasi degli accompagnatori nell’impresa conosciuta. Impossibile che lo tradiscano, forse come Dio, vogliono solo sfidarlo, ma non voltargli le spalle.
Poi ci sono gli amici, i contadini, i pastori, il traghettatore, gli allevatori che lo attendono nelle stazioni di posta.
Quest’anno però sul cammino di Benedikt si presentano degli imprevisti, e il lettore con lui conquista ogni passo nella neve e nella tormenta, procedendo nella tensione del racconto, avanzando col suo protagonista, il cane e il montone. Su tutto si stende infine un senso di pace a dispetto delle bufere, che sembrano persino uscire dalle pagine ad ingoiarsi il lettore.

Questa “trinità” si muove compatta, rivelando il rapporto stretto fra l’uomo e gli animali e fra loro e la natura. Come sottolinea lo scrittore islandese Jón Kalman Stefánsson nella sua postfazione, questo racconto si inserisce fra quei capolavori della letteratura che trasformano storie semplici in storie immense.
Advent, cioè la storia del pastore d’Islanda, è un gioiello che merita di essere goduto proprio a Natale per ricordarci cosa sia la semplicità del vero sentire umano posto di fronte alla potenza della natura, a dispetto dello sfilacciato animo della nostra epoca.

Ho scelto questa recensione a raccontare un piccolo libro meraviglioso ...
Ognuno di noi potrebbe trovarci un tesoro.
Io avevo bisogno di respirare ,avevo bisogno di camminare e incontrare un pezzetto di futuro.
Questo libro mi ha indicato un sentiero.


 
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