Mazzoni, Eleonora - Le difettose

IreneElle

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“Per accelerare la guarigione, riprendo le letture classiche. Da bambina i libri mi hanno salvata dalla noia e, quando nell’adolescenza l’angoscia era una condizione abituale, dalla disperazione. Sono di nuovo la mia medicina”.
Questa è una delle tante, troppe frasi che mi hanno colpito del libro “Le difettose”, scritto da una donna, attrice teatrale e di fiction per raccontare il suo percorso verso la maternità. Desiderata, inseguita in tutti i modi, anche quelli più “stupidi”…ad accompagnarla la consolatio di Seneca.
Carla e il suo compagno cercano da 5 anni una gravidanza e alla soglia dei 40 anni decidono di intraprendere la strada della procreazione medicalmente assistita, il libro è a tratti serio e commovente, ma anche molto ironico.
Le pagine scorrono in parte tra le sale d’attesa di centri che si occupano di donne difettose, in parte tra i ricordi della sua infanzia, dove spiccano in primis i diversi rapporti che l’autrice ha avuto con sua nonna e sua madre.
“Prima di diventare solida come una quercia anche mia nonna era stata fragile come un albero rinsecchito”.
Nelle pagine si affronta il rapporto con i medici e per curiosità/disperazione l’approccio alle discipline orientali che le promettono miracoli. Miracoli che non accadranno mai.
“La potenza della Natura. Solo in me tace”.
Poi c’è il rimorso per quella gravidanza interrotta volontariamente in adolescenza, gli uomini avuti nel corso degli anni ed il rapporto con il compagno attuale e c’è il suo lavoro all’Università e i suoi studi su Seneca, il quale fa capolino e sembra le dica:
“Sono io. Per dirti di avere cura del tempo che finora ti è sfuggito. Non ne abbiamo poco, ne abbiamo perduto molto”.
Ma tra le pagine troviamo anche la delusione, il dispiacere, il dolore, le attese e le speranze e troviamo tante altre donne, difettose come lei, ma con vite e percorsi spesso diversi, eppure tutte riunite lì, in quelle sale d’attesa.
“Scopro che Sara ha concepito a novant’anni. Infatti Isacco significa risata, perché la gente avrebbe riso, sapendo che era stato partorito e allattato da una madre così vecchia. Rebecca, invece, moglie di Isacco, rimase sterile a seesant’anni, dopo di che ebbe i gemelli Esaù e Giacobbe. Anche Rachele, moglie di Giacobbe, non poteva avere figli. E lei disse a Giacobbe: “Ecco la mia serva Bila. Entrale dentro. Partorirà sulle mie ginocchia e per mezzo suo avrò anch’io dei figli.” Rachele è la prima donna ad aver voluto sperimentare la maternità con l’aiuto di un’altra. E’ lei ad adottare il primo utero in affitto della storia.
Sara, moglie di Abramo, concesse la sua schiava Agar al marito e poi crebbe come suo figlio Ismaele. E Lia, sorella di Rachele e prima moglie di Giacobbe, che gli scodella subito quattro figli. Ma quando Giacobbe non le si accosta più gli offre la sua schiava Zilpa e poi Lia diventa vecchia e mangia le madragole. E che altro sono le mandragole se non gli ormoni dei tempi antichi? E con quelli sforna alla spicciolata altri figli”.

Insomma donne vecchie e difettose, che per volere di Dio, quando sembrava impossibile, sono state benedette dalle gravidanze.

Il libro però pone una domanda interessante: “Volere un figlio a tutti i costi è un diritto?”.
Io sospendo il giudizio sul percorso di questa donna e su tutto il resto, ma consiglio a tutte, ma proprio a tutte le donne di leggerlo, sia a quelle che sono difettose per i più svariati e disperati motivi, sia a quelle donne che, se non riescono a diventare madri, è solo perché è il compagno ad essere difettoso. E sì, lo consigli anche a tutte le donne e gli uomini che hanno potuto realizzare il loro desiderio di paternità e maternità senza alcun sospiro e patema.
Ecco e se lo leggete, poi non fermatevi alla conclusione del libro, ma vedete poi nella vita dell’autrice, a libro finito, cosa le accade.

“Ogni persona nasce due volte. Quando trova il suo posto nel mondo è la nascita più vera”.
 
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