Blixen, Karen - Il pranzo di Babette e La storia immortale

ayuthaya

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Non ero molto interessata alla Blixen da quando, dopo aver letto le prime cinque pagine di La mia Africa, ho deciso (non ricordo più perchè) di rimandarlo a data da destinarsi. Fino al momento in cui, questo Natale, non ho visto citato Il pranzo di Babette per ben due volte come libro/film “da mettere sotto l’albero”... E così, dopo averlo trovato in audiolibro nella mia biblioteca, insieme a un altro raccolto intitolato La storia immortale, non ho resistito alla tentazione. E sono rimasta estasiata.

Trattandosi di due racconti non li commenterò in modo troppo approfondito, ma quello che ci tengo a sottolineare è la capacità dell’autrice di condensare in poche pagine (non saprei dire quante, avendoli appunto ascoltati) storie di ampissimo respiro. Potenzialmente, da ognuna delle due si sarebbe potuto sviluppare un vero e proprio romanzo, talmente ricca di riferimenti è la trama, precisa l’indagine psicologica, interessanti gli scenari geografici, storici, culturali e sociali. Ciò significa che tutto ciò che non è sviluppato resta un non-detto, anzi, piuttosto un “suggerito”, che non sa di mancanza ma di arricchimento.
Ne Il pranzo di Babette (che a mio avviso resta insuperato sebbene anche La storia immortale mi sia piaciuto moltissimo) ognuno dei personaggi – le due sorelle, il decano loro padre venerato sopra ogni cosa, gli ex spasimanti respinti e soprattutto Babette, una profuga francese dal passato misterioso – è definito da pochi tratti che pure ci consentono di gettare uno sguardo profondo nelle sua vita, come nemmeno un racconto esauriente e dettagliato di tutta la sua esistenza sarebbe stato in grado di offrirci. Ciò che ci tocca supporre, immaginare, dedurre, inventare, è materia viva del racconto.
La sobrietà della condotta di vita di due sorelle puritane, in una tranquilla cittadina norvegese, è sconvolta dall’arrivo inaspettato di una giovane, che per anni e anni mantiene il più completo riserbo sul proprio passato e direi persino sulla propria natura, quasi a non voler turbare la quiete della casa nella quale è stata accolta. Fino al momento in cui un evento eccezionale le consentirà di prendersi una sorta di “rivincita” tutta positiva, di tornare se stessa, di dire finalmente “grazie” a chi le aveva salvato la vita.
Le atmosfere poi sono magnifiche: la Blixen è stata bravissima a rendere soprattutto la modestia, la costumatezza, l’onestà delle due sorelle e della piccola comunità protestante che intorno a loro si stringe quasi a volerle proteggere... A proteggerle da cosa? Qual è la vera minaccia costituita da Babette e, molto prima prima di lei, dai due spasimanti, respinti perchè probabilmente portavano in sè il fuoco indomabile dell’amore?
Non scrivo altro perchè il racconto è talmente breve che non potete fare altro che leggerlo e verificarlo coi costri occhi (e col vostro cuore).

Poche altre parole su La storia immortale... Anche qui la storia parte da lontano, ci viene raccontato brevemente il passato di alcuni personaggi che ancora non sappiamo quale parte avranno nella narrazione. E poi ecco la figura del vecchio, avido, perfido signor Clay, il quale è convinto di essere il padrone di tutta Canton, anzi di più... di tutto il mondo, anzi, della Verità. Al punto di convincersi di poterla plasmare, questa Verità, di poterla mettere in scena esattamente come se fosse un film. Solo per questo personaggio, straordinario nella sua arroganza, vale la pena leggere questo racconto; ma non posso non rivolgere una menzione d’onore all’indefinibile Elishama Levinsky, contabile e factotum ebreo del signor Clay: cinico, realista, astuto e a suo modo onesto. Poche volte ho avuto modo di incontrare personaggi così interessanti e ben raccontati.
 
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