Una casa tra due mari, il luogo del ritorno. Dentro quelle stanze si è incagliata l'esistenza di una donna. Che solo riattraversando la propria storia potrà davvero liberarsene. Nadia Terranova racconta l'ossessione di una perdita, quel corpo a corpo con il passato che ci rende tutti dei sopravvissuti, ciascuno alla propria battaglia. Ida è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l'ha richiamata in vista della ristrutturazione dell'appartamento di famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l'ha segnata quando era solo una ragazzina. Ventitre anni prima suo padre è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e non è piú tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati i silenzi feroci con la madre, il senso di un'identità fondata sull'anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e naufragio insieme. Specchiandosi nell'assenza del corpo paterno, Ida è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni forma di desiderio. Ma ora che la casa d'infanzia la assedia con i suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e far uscire il padre di scena.
Ida ha trentasei anni, scrive storie per la radio, è originaria di Messina, ma vive a Roma con il marito Pietro che ha conosciuto dieci anni fa e subito sposato. Ida non è felice e lo sa, sa di navigare a vista in un mare di incertezza e a volte sogna perfino di annegare nel dolore. Dolore, sì, quello che le serra il cuore da ventitré anni, da quella mattina in cui suo padre, depresso, si è alzato da quel letto dove s'inchiodava da tempo e se n'è andato. Non è morto, è scomparso nel nulla, nessuna notizia, neanche l'ombra di una traccia. Ma l'assenza può essere peggiore della perdita: il distacco non è definitivo, il taglio non è netto, tutto resta avvolto in una nebbia densa di incertezza. Il ricordo allora diventa ossessivo, si materializza in un fantasma dai contorni cangianti e macroscopici e fagocita tutto ciò che resta, i rapporti umani, il vivere che diventa sopravvivere. E crescono rabbia, risentimento, chiusura. Sentimenti che erompono in tutta la loro claustrofobica vividezza tra Ida e la madre quando, per questioni pratiche legate alla casa di famiglia, Ida deve tornare a Messina per liberarsi degli oggetti che non vuole più. E tutto torna a galla e la piena rischia di travolgerla davvero se non si libera delle zavorre del passato.
"Addio fantasmi" è un libro cerebrale che, pur parlando di sentimenti anche molto forti, non cede mai a facili sentimentalismi. L'assenza qui diventa presenza costante ed ingombrante, il dolore si frappone tra Ida e la vita, le ottunde la vista e le impedisce di vedere il dolore degli altri. Ma sarà lei a dovergli impedire di traboccare sommergendola. Spetta solo a lei decidere cosa lasciar andare. Questo libro non è semplicemente scritto benissimo: la scrittura qui assume spessore e personalità diventando essa stessa parte del racconto, quasi personaggio compresente nella storia e dono ulteriore che l'autrice fa al lettore. Una lettura che consiglio, anche solo per com'è stata scritta, al di là del racconto.
Ida ha trentasei anni, scrive storie per la radio, è originaria di Messina, ma vive a Roma con il marito Pietro che ha conosciuto dieci anni fa e subito sposato. Ida non è felice e lo sa, sa di navigare a vista in un mare di incertezza e a volte sogna perfino di annegare nel dolore. Dolore, sì, quello che le serra il cuore da ventitré anni, da quella mattina in cui suo padre, depresso, si è alzato da quel letto dove s'inchiodava da tempo e se n'è andato. Non è morto, è scomparso nel nulla, nessuna notizia, neanche l'ombra di una traccia. Ma l'assenza può essere peggiore della perdita: il distacco non è definitivo, il taglio non è netto, tutto resta avvolto in una nebbia densa di incertezza. Il ricordo allora diventa ossessivo, si materializza in un fantasma dai contorni cangianti e macroscopici e fagocita tutto ciò che resta, i rapporti umani, il vivere che diventa sopravvivere. E crescono rabbia, risentimento, chiusura. Sentimenti che erompono in tutta la loro claustrofobica vividezza tra Ida e la madre quando, per questioni pratiche legate alla casa di famiglia, Ida deve tornare a Messina per liberarsi degli oggetti che non vuole più. E tutto torna a galla e la piena rischia di travolgerla davvero se non si libera delle zavorre del passato.
"Addio fantasmi" è un libro cerebrale che, pur parlando di sentimenti anche molto forti, non cede mai a facili sentimentalismi. L'assenza qui diventa presenza costante ed ingombrante, il dolore si frappone tra Ida e la vita, le ottunde la vista e le impedisce di vedere il dolore degli altri. Ma sarà lei a dovergli impedire di traboccare sommergendola. Spetta solo a lei decidere cosa lasciar andare. Questo libro non è semplicemente scritto benissimo: la scrittura qui assume spessore e personalità diventando essa stessa parte del racconto, quasi personaggio compresente nella storia e dono ulteriore che l'autrice fa al lettore. Una lettura che consiglio, anche solo per com'è stata scritta, al di là del racconto.