Allison, Dorothy - La bastarda della Carolina

qweedy

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"Ruth Anne Boatwright, per tutti Bone, dal padre ha ereditato solamente un certificato di nascita che la dichiara bastarda. In una famiglia nella quale amore, rabbia e prevaricazione fanno parte di un unico coacervo di sentimenti spesso incontrollati, a sorreggerla è il disperato e dolcissimo rapporto che la lega alla madre, e che neanche le violenze subite dal patrigno riusciranno a spezzare. Ambientato in una cittadina del South Carolina negli anni Cinquanta, ricco di riferimenti autobiografici, il romanzo di Dorothy Allison racconta con un’intensità senza precedenti un mondo crudele e amorevole al contempo, nel quale la brutalità maschile e la resilienza delle donne, il desiderio di rivolta e la forza dei legami familiari coesistono in un intrico indissolubile. La scrittura cristallina e di inarrivabile durezza, la profondità dello sguardo gettato sull’adolescenza, il ritratto dall’interno dei white trash e di un Sud quasi senza riscatto hanno fatto gridare la critica al capolavoro e hanno indotto a paragoni con classici quali Il buio oltre la siepe e Il giovane Holden.A pochi anni dalla sua pubblicazione, il romanzo fu al centro di una controversia legale quando una scuola decise di proibirne la lettura agli studenti; in sua difesa si schierarono anche Stephen King e la moglie Tabitha, che distribuirono copie del volume nelle biblioteche del Maine perché potesse essere letto gratuitamente."

E’ una lettura cruda, devastante, che non fa sconti. Il senso della violenza come normalità e quotidianità viene narrato in modo perfetto, ma è a dir poco sconvolgente. Molto forti le figure femminili.
Non è autobiografico, ma la vita della scrittrice è stata contrassegnata, come quella della protagonista Bone, dalla povertà della famiglia d’origine, a causa della quale in giovane età ha dovuto adattarsi ai più svariati lavori, e dal sistematico abuso, nell’infanzia e nella preadolescenza, da parte del patrigno. Eventi cui la Allison ha saputo reagire, trasformando il suo dolore e la sua rabbia in impegno sociale, attraverso la partecipazione attiva al femminismo e ad altri movimenti a tutela dei diritti civili.
Scritto con straordinaria limpidezza e intensità espressiva, è stato tradotto da Sara Bilotti.

Ne è stato tratto un film, diretto nel 1996 da Anjelica Huston.

Voto 5

«Quando penso a quell’estate – a quando dormivo dalle mie zie o a casa mia, al profumo del collo di mamma quando si chinava per stringerci al buio, al suono della risata di Little Earle e al rumore del tabacco di nonna che atterrava sul terreno arido, alla musica country che risuonava leggera dappertutto, che apparteneva alla sera quanto i grilli e la luce della luna – mi sento di nuovo al sicuro. Nessun luogo mi è mai più sembrato tanto dolce e sereno, nessun luogo mi è più sembrato casa.»

«A volte, quando alzavo lo sguardo sulla faccia rossa di Glen e sui suoi occhi in fiamme, mi convincevo che il vero motivo per cui mi picchiava non aveva niente a che spartire con ciò che facevo. Il vero motivo ero io, la mia stessa esistenza, quel che ero ai suoi occhi, e ai miei. Io ero il male. Certo che lo ero.»
 
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