Bartolo, Pietro - Le stelle di Lampedusa: la storia di Anila e di altri bambini

qweedy

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Le stelle di Lampedusa: La storia di Anila e di altri bambini che cercano il loro futuro fra noi

"Quando Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, vide Anila per la prima volta rimase di sasso. Quella bambina non avrà avuto più di dieci anni. Che cosa ci faceva una creatura così piccola, da sola, in una nave piena di naufraghi disperati? Di solito, ragionò, i bambini di quell'età arrivano qui in Italia accompagnati dai genitori, o da un amico di famiglia o da qualche altro adulto conosciuto lungo il viaggio.
Allo stupore di quel primo istante seguì una certezza: l'arrivo a Lampedusa per Anila non era la fine di un lungo viaggio ma solo una tappa intermedia, un nuovo punto di partenza verso il suo vero obiettivo, trovare la mamma «da qualche parte in Europa» e salvarla. Da tutto. Dalla prostituzione, dal vudù africano che la teneva in scacco, dalla non meno malefica burocrazia occidentale, ma soprattutto dai suoi stessi sensi di colpa.
Pietro Bartolo accetta di accompagnare Anila lungo questo suo nuovo percorso. E, attraverso i suoi occhi neri e profondissimi, si proietta dentro l'interminabile incubo dei tanti migranti bambini che negli anni sono arrivati - da soli - sulle coste italiane: la miseria di Agades, la traversata del deserto, gli orrori delle carceri libiche, il terrore del naufragio nelle acque gelide di un Mediterraneo invernale e ostile."

Più storie si intrecciano in questo diario doloroso, di testimonianza sulle sofferenze dei bambini migranti.
Si sente il rispetto e l'amore per gli altri che il dottor Pietro Bartolo costruisce giorno per giorno in questo suo difficile compito che va oltre la sua professione. Si sente anche tutto il suo dolore e la sua impotenza, lenita solo da alcune storie a lieto fine. Forse è proprio per non lasciarsi sopraffare e distruggere da ciò che vede e da ciò che non può cambiare, che ha deciso di mettere su carta le proprie esperienze.

"Come medico ho due record: in 28 anni ho visitato 350 mila persone e ho fatto più ispezioni cadaveriche di tutti i medici del mondo".
"È in corso una mattanza. Un genocidio. Non è un nuovo olocausto, è peggio"


Medico condotto a Lampedusa da trent’anni, negli ultimi dieci ha curato la contabilità impietosa dei morti in mare: ha tagliato le dita a uomini, donne, bambini per permetterne un giorno il riconoscimento, ha tagliato cordoni ombelicali per staccare neonati già orfani dal corpo della madre, ha separato corpi defunti dall’ultimo abbraccio. Ha visto cose inenarrabili: corpi mutilati, uomini semi-scuoiati da folli carnefici libici.

Il viaggio dei migranti è interminabile, attraverso il deserto senza cibo né acqua, sopportando la miseria, i maltrattamenti e le violenze nelle carceri in Libia; si sale poi a bordo di imbarcazioni dove è facile prendere la “malattia del gommone”, si attraversa il Mediterraneo e infine se si sopravvive alla traversata si viene a contatto con la lentezza della burocrazia occidentale.

Questo è un libro necessario. Per tutti. Per ricordarci quello che a volte ci dimentichiamo, che siamo tutti esseri umani.

«Lampedusa negli ultimi trent’anni è stata la sentina del mondo, il metro quadrato nel punto più basso della stiva in cui si sono raccolti tutti i materiali di risulta della grande nave. E io sono stato la sentina di Lampedusa. Lo vedo ovunque, ormai, l’Orrore.»

«Così, quando capii che Anila aveva affrontato tutto quel viaggio per compiere un’impresa che non aveva alcuna possibilità di riuscita – ritrovare la mamma avendo come unica indicazione il fatto che si trovava in Europa – mi vennero le lacrime agli occhi.»

"Proprio come per noi e per i nostri amici e parenti, dietro ciascuna delle persone inquadrate c’è una comunità che li ha visti nascere, crescere e partire. E che adesso aspetta loro notizie, da qualche parte nel mondo, ogni sera. Quei barconi affollati, abbandonati in mezzo all’acqua, sono invece per noi, ormai, delle identità collettive. Un «oggetto» unico, fatto di un’imbarcazione e cinquecento ombre, nessuna delle quali è più capace di suscitare la curiosità, l’empatia, la pietà che ogni essere umano deve pretendere dagli altri."
 
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