Cassar Scalia, Cristina - La logica della lampara (Vanina Guarrasi 02)

estersable88

dreamer member
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La pesca con la lampara ha una sua logica precisa. Si accende la luce, non si fa rumore, si sta fermi il piú possibile e nel frattempo si armano le reti. Prima o poi anche i pesci meglio nascosti vengono a galla. A quel punto non possono scapparti piú. Vanina pensò che era l'immagine perfetta per descrivere quel caso.
Sono le quattro e trenta del mattino. Dalla loro barca il dottor Manfredi Monterreale e Sante Tammaro, giornalista di un quotidiano online, intravedono sulla costa un uomo che trascina a fatica una grossa valigia e la getta fra gli scogli. Poche ore dopo il vicequestore Vanina Guarrasi riceve una chiamata anonima: una voce femminile riferisce di aver assistito all'uccisione di una ragazza avvenuta quella notte in un villino sul mare. Due fatti che si scoprono legati e dànno il via a un'indagine assai piú delicata del previsto. La scontrosa Vanina, la cui vita privata si complica di giorno in giorno, dovrà muoversi con cautela fra personaggi potenti del capoluogo etneo. Ma anche grazie all'aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè, con il quale fa ormai «coppia fissa», sbroglierà un intrigo che, fino all'ultimo, riserva delle sorprese.

Il secondo libro di una serie è un po' un banco di prova, sia per l'autore – che da questo capirà quanto successo e quanta aspettativa ha creato il primo – sia per il lettore – che da esso capirà se la serie gli piace e se è il caso di continuarla. Dal mio punto di vista di lettrice, questo era uno dei motivi per cui aspettavo con curiosità e trepidazione l'uscita del secondo libro della serie di gialli con protagonista Vanina Guarrasi. Gli altri motivi sono più egoistici: mi piace l'ambientazione siciliana, mi piacciono Vanina, la sua squadra, il suo modo di condurre le indagini basato su intuizioni più che sul seguire un metodo alla lettera; e poi mi piace il cibo… e qui ce n'è tanto e di quello buono, parola di una che – come Vanina – non saprebbe cucinarsi nemmeno un uovo al tegamino però la buona tavola la onora con piacere.
Gusti e commenti personali a parte, La logica della lampara è un bel giallo italiano, decisamente ben scritto e congegnato: l'indagine in cui si ritrova Vanina è di quelle complicate e da arrovellarsi il cervello per giorni e, nel caso del vicequestore Guarrasi, pure per notti. Una ragazza è scomparsa, tutto fa pensare che sia morta, ma il corpo non si trova. E sembra proprio che questo non sia l'unico crimine – o presunto crimine – su cui bisognerà indagare: come i pesci attirati dalla lampara, come il vaso scoperchiato di Pandora, qui i crimini e le disavventure arrivano a frotte e, sempre nel caso di Vanina, non solo relativamente all'indagine. C'è un punto interrogativo grande quanto la sua mansarda a Santo Stefano che la attende a Palermo. L'incrocio tra passato che torna e futuro che arriva è sempre più vicino e Vanina, un occhio alla foto incorniciata di suo padre sorridente e l'altro al messaggio di Paolo Malfitano che lampeggia sullo schermo dell'iPhone, dovrà scegliere… con tutte le conseguenze che una scelta tanto difficile comporta. La consolazione – oltre a cioccolato, dolci e vecchi film – è che, sia al lavoro che fuori, Vanina non è sola. Ha una squadra di prim'ordine ed amici presenti e comprensivi in grado di sopportare anche i suoi silenzi e malumori.
E dunque, oltre a consigliarvi sia questo che il primo libro di Cristina Cassar Scalia con protagonista questa donna così forte ed arguta, io cosa posso dire? Aspettative ampiamente superate! Attendo il terzo con altrettanta trepidazione!
 

LettriceBlu

Non rinunciare mai
Bello bello bello. Ho affrontato i primi capitoli con un po' di timore poiché ritenevo nell'aria il rischio di una copia al femminile del commissario Montalbano: i personaggi hanno indubbiamente alcuni tratti in comune, come l'apprezzare il buon cibo, e per certi versi, quasi inevitabilmente, anche lo stile di scrittura dei due autori è simile. Ci ho messo però molto poco a superare questa mia ritrosia iniziale e a farmi catturare dall'indagine, che fino all'ultimo ha fatto crollare tutte le certezze faticosamente conquistate, e dalla squadra a cui già mi sono affezionata moltissimo. Ho apprezzato particolarmente che il caso non fosse affatto semplice, racchiudesse in sé tanti temi importanti come lo stupro e la criminalità organizzata, senza mai dare alla trama quell'aria di grande indagine del secolo da cui dipende la salvezza dell'intero universo creato che per carità mi piace pure, ma non è a tutti i costi necessaria per dar vita a un giallo godevolissimo da cui non ci si riesce a staccare.
 

MaxCogre

Well-known member
Il vicequestore Catanese di Cristina Cassar Scalia, Giovanna Guarrasi detta Vanina, è l’equivalente delle ‘sorelle’ Imma Tataranni di Matera e Lolita Lobosco di Bari. E infatti anche dalle storie di Vanina Guarrasi è già pianificato di trarre una serie tv poliziesca. Donne emancipate e attraenti, che riescono nella lotta al crimine come e meglio degli uomini (li comandano, infatti), e che sanno godersi la vita, ma per contro devono fare i conti con storia personale e una situazione sentimentale molto incasinate. La scrittrice Cassar Scalia sa costruire in questo “La logica della lampara” un bel giallo che ruota attorno alla scomparsa di una giovane praticante di uno studio legale, che rivela scenari scabrosi e antiche storie familiari, coinvolgendo sempre più personaggi e orchestrando bene il crescendo di tensione fino allo scoglimento finale. Nel frattempo si avrà modo di conoscere il piccolo mondo di Catania, con le sue delizie paesaggistiche e gastronomiche, i suoi tipi umani, i suoi ritmi, e la sua mitologia. Insomma godibilissimo. Ci sono però alcuni però: il primo è che i meccanismi narrativi sono davvero troppo simili a quelli delle sorelle investigatrici, il secondo è che a volte il racconto rallenta troppo per indugiare sui dettagli, ad esempio, le sortite gastronomiche di Vanina dalla padrona di casa Bettina, che le cucina ogni ben di dio e la ha adottata come una figlia. Ne risulta un libro di ben 375 pagine, in alcuni momenti è un po’ faticoso. E poi c’è un’altra cosa – anche se è un po’ un colpo basso, mi rendo conto. Il confronto con un altro scrittore siciliano che è Camilleri, con il commissario Montalbano. Non voglio dire che lì si respira più letteratura e qui più intrattenimento, ma una cosa molto più tecnica: alla fine Montalbano è un personaggio così ben disegnato che ti pare di conoscerlo, di quasi poterci parlare – anche perché lo hai visto alle prese con cose leggere ma anche temi profondi, esistenziali e universali. Viceversa Vanina Guarrasi per quanti ‘indizi’ ci vengano dati sulla sua storia, e mostrate le sue difficoltà, rimaniamo sempre un po’ fuori dalla porta perché sono conflitti che vengono alla fine dalla Cassar Scalia solo evocati, e la sua protagonista Vanina infatti riesce sempre ad evitare di pensarci, a svicolare in un modo o nell’altro con la scusa che non ha mangiato o che gli arriva la telefonata di Patanè. Ma questa mia impressione potrebbe essere dovuta solo al fatto che io di Camilleri ne ho letti cento e di Cassar solo uno, e può essere pure che già dal prossimo il personaggio da bidimensionale mi diventa tridimensionale. Però non mi voglio neanche censurare alla prima recensione di un libro, e quindi posto prima che ci ripenso, e comunque non senza aver dato un bel 7.

post recensium: ho fatto bene a non leggere prima i commenti di ester e lettriceblu, perché sarei stato più daccordo col loro entusiasmo che con questo retropensiero da apocalittici e integrati. Il racconto me lo sono goduto eccome!

pag. 278

L'ispettore Giovanni Guarrasi sorrideva da sotto la visiera del berretto d'ordinanza. Nella foto era stato immortalato così, ma a Vanina piaceva credere che quel sorriso fosse per lei. Aveva ripulito i due vasi ai lati della lapide li aveva riempiti di fiori. E ora se ne stava seduta sulla lastra di pietra che lo copriva, a guardarlo negli occhi.
«Ho combinato un casino, vero, papà?» gli chiese. Si sforzò di immaginare quale sarebbe stata la sua risposta, se fosse stato lì a dargliela. Non era facile immaginarlo. Anche perché, se lui fosse stato davvero lì, probabilmente quel casino, in ognuna delle sue componenti, non avrebbe neanche avuto motivo di sussistere.
L'unica risposta the riuscì a formulare fu il mantra che lui le ripeteva sempre. Se lo ricordava come fosse stato l'altro ieri. E invece erano passati venticinque anni. «Tu cosa pensi sia giusto, nica mia? Perché questo comanda, nella vita: quello di cui hai bisogno tu per guardarti allo specchio e sapere che non hai nulla da rimproverarti. Che stai facendo tutto quello the puoi perché la tua vita sia il più possibile simile a come la vorresti. Precisa identica, amore mio, non potrà essere mai. E la maggior parte delle volte non dipenderà da te».
Forse se l'era scordato. O forse non sapeva più come interpretarlo. Ogni cosa poteva essere un bene o un male: lei era ancora in grado di distinguerli?
 
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