Tuti, Ilaria - Ninfa dormiente

qweedy

Well-known member
"Li chiamano «cold case», e sono gli unici di cui posso occuparmi ormai. Casi freddi, come il vento che spira tra queste valli, come il ghiaccio che lambisce le cime delle montagne. Violenze sepolte dal tempo e che d'improvviso riaffiorano, con la crudele perentorietà di un enigma. Ma ciò che ho di fronte è qualcosa di più cupo e più complicato di quanto mi aspettavo. Il male ha tracciato un disegno e a me non resta che analizzarlo minuziosamente e seguire le tracce, nelle valli più profonde, nel folto del bosco che rinasce a primavera. Dovrò arrivare fin dove gli indizi mi porteranno. E fin dove le forze della mia mente mi sorreggeranno. Mi chiamo Teresa Battaglia e sono un commissario di polizia specializzato in profiling. Ogni giorno cammino sopra l'inferno, ogni giorno l'inferno mi abita e mi divora. Perché c'è qualcosa che, poco a poco, mi sta consumando come fuoco. Il mio lavoro, la mia squadra, sono tutto per me. Perderli sarebbe come se mi venisse strappato il cuore dal petto. Eppure, questa potrebbe essere l'ultima indagine che svolgerò. E, per la prima volta nella mia vita, ho paura di non poter salvare nessuno, nemmeno me stessa".

Secondo episodio delle avventure dedicate a Teresa Battaglia, già indiscussa protagonista de “Fiori sopra l’inferno” e personaggio incredibile, che si fa amare.
Un intreccio di grande potenza narrativa quello creato da Ilaria Tuti, avvalorato da uno stile fluido e dal buon ritmo che sa bilanciare le vicende e che sa ponderare i colpi di scena.

I racconti popolari e la Storia, del periodo della Resistenza, si amalgamano alla perfezione in un'indagine che si spinge nella particolarissima Val Resia, raccontandone lo stile di vita, i costumi, la lingua e le tradizioni. L’ambientazione è piena di suggestioni, una natura fatta di boschi e cime montuose, di valli isolate. Particolare rilievo è inoltre dato ai vari protagonisti nonché al ruolo femminile, in particolare alle donne che tra quei monti hanno il compito di tramandare e istruire insegnando la lingua e le memorie affinché non vadano perdute.

Ilaria Tuti ha ideato un poliziesco al femminile che non scade mai nel romantico, ma scava nelle menti criminali, pur avendo come punto di partenza una protagonista chiamata a fare i conti con la malattia della propria mente che sembra sempre sul punto di abbandonarla.
Le note de “Il trillo del diavolo” di Giuseppe Tartini alimentano il pathos e risuonano durante la lettura.


Eccellente, consigliatissimo. Voto 5
 
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LettriceBlu

Non rinunciare mai
“Ninfa dormiente” è un romanzo molto complesso: principalmente un thriller, fortemente tuttavia permeato dall’approfondimento di svariati temi come la maternità e la famiglia ingenerale, che arricchiscono la storia senza però renderla pesante o meno gradevole. Si scoprono molti dettagli importanti delle vite di Teresa Battaglia e Massimo Marini, i due personaggi principali che dovranno dar fondo a tutta la loro forza d’animo e riconsiderare totalmente il loro passato per superare le durissime prove a cui verranno sottoposti dal caso che devono risolvere, ma anche da eventi che potrebbero sconvolgere per sempre la loro sfera personale. Mi è piaciuto in particolare il percorso di Massimo, che ha sofferto tantissimo ingiustamente, portando per anni un peso inutile che avrebbe potuto essere molto più sopportabile se solo non fosse stato così deciso a prenderlo tutto su di sé, non rendendosi conto che altre persone avrebbero dovuto addossarsi parte di quel carico. Dalla scelta che Teresa ha compiuto per aiutarlo è stato lampante quanto grande sia il sentimento che la lega a lui: non tutti condividiamo ciò che il Commissario ha deciso di fare, ma sicuramente lo scopo di alleggerire e far diventare Massimo un uomo nuovo è stato perfettamente raggiunto.
È entrato in scena anche un nuovo promettente personaggio. Si tratta di Blanca, una ragazza cieca che si occupa, assieme al suo cane, di localizzare resti umani. La cecità è stata affrontata abbastanza realisticamente: non ho trovato grandi cliché e sia la storia personale della ragazza che il suo modo di pensare e comportarsi mi sono sembrati tutto sommato plausibili. Resta ancora tanto da scoprire su di lei e spero che la ritroveremo nei prossimi libri: dal punto di vista narrativo ha tante potenzialità e il tipo di lavoro che fa è interessante da leggere in queste storie che scavano letteralmente fino al profondo della terra in cui si svolgono.
Interessantissime le nozioni sulla Val Resia, ammetto che di questo popolo così unico non sapevo nulla. All’inizio le presunte implicazioni rituali del caso mi hanno dato parecchio fastidio, ma poi fortunatamente mi sono ricreduta quando è stato chiaro che non c’era proprio nulla di sovrannaturale e che quei riferimenti volevano soltanto essere un modo di far conoscere ai lettori tradizioni che la maggior parte di noi ignora.
Il mistero in sé non mi è dispiaciuto, molto suggestivi i rimandi alla Resistenza della Seconda Guerra Mondiale e alle storie mai rivelate e così devastanti dei Partigiani. Ciò che non mi ha soddisfatto pienamente è stata la soluzione del caso, per niente all’altezza del precedente “Fiori sopra l’inferno”.
Il finale del romanzo invece è stato tenerissimo, perfetta conclusione che dopo tutto quel parlare di guerra apre alla speranza di un futuro diverso e migliore.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
E' difficile esprimere lucidamente le emozioni evocate da questo libro: sono troppe e tutte forti. Teresa Battaglia, l'inferno con cui lotta ogni giorno – quello fuori e quello dentro di sé -, il sentimento materno verso la sua squadra e verso quell'ispettore più debole degli altri eppure più simile a lei, tutto in questo libro scatena sin dalle prime pagine un profluvio di sensazioni che impediscono di staccarsene, anche a lettura ultimata.
Teresa Battaglia è tornata, più malandata di quando l'avevamo lasciata, eppure sempre combattiva, guerriera; stavolta è alle prese con un caso anomalo, uno di quelli che oggi si chiamano Cold cases, ma che in realtà è una "morte antica": un quadro che si credeva scomparso viene ritrovato e, sottoposto a perizia per stabilirne valore ed autenticità, rivela un legame di sangue che riporta a settant'anni prima, alle lotte partigiane nei boschi del Carso. Ma le radici di questa storia triste e dalla forza dirompente vanno cercate nei riti che per millenni hanno unito le donne in una catena di vita, morte, potere, salvezza e dolore. Spetterà a Teresa e alla sua squadra, con nuovi acquisti che nascondono pregi e difetti e con le vite private squassate da nuovi sviluppi, riportare la pace in una valle violata.
Lo avevamo già sperimentato in Fiori sopra l'inferno, ne abbiamo la conferma in Ninfa dormiente: Teresa Battaglia, la squadra, l'ambientazione sono ormai indimenticabili perché restano intrappolate nel cuore di chi legge le loro storie; tutto merito della scrittura di Ilaria Tuti che, ancora una volta, ci conduce a passo sicuro tra le insidie di una natura lussureggiante e selvaggia, tra le pieghe di una cultura al femminile, di un misticismo soverchiante che ha fatto del mistero e del saper custodire i segreti la propria arma di sopravvivenza. Ma davvero, non bastano le parole per descrivere tutto questo, bisogna leggerlo… fantastico!
 

Nefertari

Active member
Bellissimo questo secondo appuntamento con Teresa Battaglia che è il commissario che non ti aspetti. L'avevo apprezzata molto nel primo libro e qui mi è piaciuta ancora di più mentre si divide tra il caso da risolvere, i rapporti umani che crescono e i suoi problemi di salute che sembra stiano peggiorando velocemente creandole non poche difficoltà. L'ambientazione è meravigliosa e inquietante al tempo stesso tra valli isolate e boschi terrificanti. Bello davvero!!
 

Spilla

Well-known member
Romanzo validissimo, sia per lo stile ricercato, ma non supponente, dell'autrice, sia per i tanti, documentati riferimenti etnografici, cultuali e relativi alle poco note interazioni dinamiche nel mondo vegetale. Non è male nemmeno la parte introspettiva e psicologica.
Quindi, se amate il genere giallo, noir, thriller questo e il libro per voi.
Se, come nel mio caso, proprio il genere non riesce a fare breccia nei vostri gusti, allora si può tranquillamente passare ad altro.

Mi spiace, ragazze, ma con questo mi sa proprio che con il thriller io ho chiuso :ARR

PS: ma poi chi era l'assassino? Io non ho capito :? :paura:
 

Grantenca

Well-known member
E’ un “noir”, un magnifico libro di quasi 500 pagine. Certo il genere invita alla lettura per la curiosità di scoprire come va a finire, ma questo libro mi ha veramente sorpreso in positivo.
Mi ha sorpreso la straordinaria varietà dei temi, la scienza (botanica, cinofilia, sciamanesimo, storia, arte, musica, geografia, origine dei popoli, esoterismo, religioni, tradizioni, ecc… Tutte queste cose sono esposte in modo chiarissimo che il lettore non fatica a seguire.
C’è poi l’ambientazione più che suggestiva tra boschi e vallate, ma soprattutto la “struttura del libro”; è’ un continuo crescendo di emozioni che piano piano coinvolge il lettore, tra il progressivo svelare l’origine dei problemi personali dei protagonisti principali e la soluzione del ”giallo” che sembra avvicinarsi poi allontanarsi e poi di nuovo riavvicinarsi, tra qualche sempre nuovo e spettacolare colpo di scena.
La struttura è però solidissima accompagnata da una scrittura di elevata qualità , che non disdegna l’utilizzo anche di termini “ricercati”, ma mai fuori dal contesto della storia, e soprattutto, da una fantasia “costruttiva” stupefacente.
E’ un’ opera perfetta? Non posso dirlo. Forse qualche figura (Matriona?) poteva essere omessa e il libro non avrebbe perso nessuna qualità e sarebbe stato un po’ più “snello” e i dialoghi non mi sono sembrati al grande livello del resto del libro.
Penso però, sinceramente, che questa opera, di una giovane scrittrice italiana, abbia ben poco da invidiare alla trilogia di Stieg Larsson, alle opere degli americani Stephen King, John Grisham, Jeffery Deaver. Questi scrittori, piano piano, in divenire, sostituiranno, in chi ama la lettura, i libri di Italo Svevo, Pirandello, Buzzati, Gadda, Bassani, Elsa Morante, Calvino (i primi grandi autori italiani del novecento che mi vengono in mente) anche per il fatto che questi sono moderni e scrivono dei problemi e delle situazioni dei tempi nostri, mentre quelli che ho citato scrivevano, naturalmente, per il loro tempo. E’ un processo inevitabile: il nuovo deve sostituire il vecchio se si vuole che il mondo progredisca.
Io però sono vecchio e devo dire che ho ancora qualche dubbio sul fatto che questa sia vera letteratura. Io la considererei piuttosto un “intrattenimento letterario di alta qualità” che ha il grande pregio di invitare moltissimi appassionati alla lettura e quindi alla diffusione della cultura e conoscenza.
Dico questo per un fatto molto semplice. Gli eroi di questi libri, che ho letto negli ultimi anni, hanno spesso capacità intellettuali notevolissime e personalità originali e specialissime, però, nel mio ricordo, seppure incontrati da poco, sono già “sfumati”. Figure come Zeno Cosini, Mattia Pascal, Il tenente Drogo, Edgardo Limentani, Ida, che ho incontrato più di quarant’anni fa, persone normali, sono tutt’ora scolpite nella mia mente.
Con questo non voglio assolutamente togliere nulla al valore di queste grandi narrazioni e mi scuso anticipatamente, con tutti quelli che, giustamente, le apprezzano o apprezzeranno in futuro incondizionatamente, ma questo è il mio punto di vista.
Forse è solo questione di età.
 

Meri

Viôt di viodi
Anche questo romanzo mi è piaciuto molto, ma a differenza del primo, l'ho trovato in certi punti, troppo descrittivo e prolisso, ogni azione dei protagonisti o della natura paragonata ad altro. Secondo me, delle inutili forzature.
 
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