Segre, Liliana & Mentana, Enrico - La memoria rende liberi

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.” Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e a suo padre i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di un Paese appena uscito dalla guerra. Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d’eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera, il contrastato rapporto con l’identità ebraica, la depressione e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli. Un racconto emozionante su uno dei periodi più tragici del nostro secolo che invita a non chiudere gli occhi davanti agli orrori di ieri e di oggi, perché “la chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.

Ci sono vari modi di raccontare la stessa storia, a seconda delle parole usate, della formulazione delle frasi, essa risulta più o meno d'impatto in chi l'ascolta. E' soprattutto questo – fra i tanti – il pregio di questo libro: raccontare in modo se possibile ancora più toccante ed intenso una testimonianza forte e necessaria. Avevo letto, qualche mese fa, Fino a quando la mia stella brillerà, quindi conoscevo già la storia della Senatrice Liliana Segre, sia quella familiare che quella di prigioniera del lager. Sebbene avessi apprezzato quel libro, alla fine della lettura c'era qualcosa che mi aveva lasciata insoddisfatta e che mi ha spinta a leggere ancora di lei: ecco quindi La memoria rende liberi che ho apprezzato decisamente di più… la storia è la stessa ovviamente, ma le parole sono diverse, ho recepito meglio la sofferenza, l'incredulità, lo "stupore" per ciò che Liliana e gli altri deportati avevano vissuto. C'è, poi, qualcosa in più in questo libro: un maggiore approfondimento del "dopo", del ritorno, degli anni difficili in cui bisognava andare avanti mentre dentro si aveva solo voglia di spegnersi, di morire, nonostante tutto. E mi ha colpito una riflessione della Segre: si è chiesta, ad un certo punto della vita, se quella sofferenza, quella lotta per la sopravvivenza sia valsa a qualcosa. E', questo, il segno inequivocabile che intorno a lei c'era indifferenza, incomprensione, voglia di minimizzare, dimenticare. Probabilmente si tratta di sentimenti dettati dalla paura, dall'inconscio senso di inadeguatezza, di colpa di chi non c'era in quei lager e non avrebbe mai voluto esserci, ma di certo non era piacevole per chi quelle sofferenze le aveva vissute, doverle nascondere alla vista. Mancava, come dice la Segre, la volontà di ascoltare, di capire, di entrare in contatto con la barbarie, il dolore, la crudeltà. E fu solo dopo molti anni e molto amore che Liliana trovò la forza di testimoniare, di tirar fuori la sua storia, soprattutto a beneficio delle nuove generazioni.
In La memoria rende liberi Enrico Mentana si fa carico di un compito non facile, dal punto di vista umano e giornalistico: racconta una storia fortissima con il rischio alto di banalizzarla, di travisarne messaggi e senso… compito, a mio parere, svolto egregiamente. Libro che consiglio a tutti.
 

LettriceBlu

Non rinunciare mai
Non voglio concentrarmi sulla recensione del libro, che comunque non ha nulla che non va, come si fa di solito. Voglio solo dire che ognuno di noi dovrebbe leggere una storia vera di questo tipo almeno una volta nella vita, è nostro dovere di esseri umani comprendere e ricordare. Mi ha colpito come la Segre, adesso che è anziana, abbia una visione quando serve critica e senza sconti, anche nei riguardi di se stessa. Mi hanno fatto riflettere soprattutto le considerazioni finali su quanto siano poco verosimili tanti film e romanzi che noi diamo per scontato abbiano un fondo di verità, e quanto ciò faccia male a chi quegli orrori li ha vissuti veramente.
 

Shoshin

Goccia di blu
Mi avete fatto ricordare di un suo pensiero sulla libertà dopo l'orrore.
A chi le chiese "Signora Segre lei come ricorda
il momento in cui fu libera?"

"...Ero libera ma non sapevo ancora di esserlo.
Poi un americano mi ha lanciato una piccola albicocca secca dalla camionetta con la stella bianca.Mi chinai a fatica per raccoglierla.
Da allora per me l'albicocca ha il sapore della libertà!"
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Mi avete fatto ricordare di un suo pensiero sulla libertà dopo l'orrore.
A chi le chiese "Signora Segre lei come ricorda
il momento in cui fu libera?"

"...Ero libera ma non sapevo ancora di esserlo.
Poi un americano mi ha lanciato una piccola albicocca secca dalla camionetta con la stella bianca.Mi chinai a fatica per raccoglierla.
Da allora per me l'albicocca ha il sapore della libertà!"

Esatto, proprio questo aneddoto, fra gli altri, è citato anche nel libro... commovente!
 

francesca

Well-known member
Con una prosa asciutta e tagliente, Liliana Segre racconta la sua esperienza di bambina ebrea nel ventennio fascista, la deportazione, l’inferno del campo di concentramento, il ritorno a casa e ad una vita normale, fino alla nascita in lei della necessità di diventare testimone, perché “la memoria rende liberi”.
Ho avuto modo di sentire la sua testimonianza in televisione e di leggerla in vari articoli di giornale, ma la potenza di questo libro arriva diretta perché non si tratta del racconto di qualche episodio, ma di tutta la vicenda nella sua intera crudezza e spietatezza.
Quello che mi ha colpito non è stato tanto l’orrore del campo, la Segre è lucida e razionale nel raccontarlo, lei stessa dice che ha una sola parola per descrivere la sua sensazione principale in quel periodo e la parola è: stupore. Stupore nell’essere di fronte ad una violenza e crudeltà inimmaginabili e del tutto senza nessun senso.
Quello che invece mi ha colpito e che penso dovrebbe essere anche il cuore di tutte queste testimonianze è la ricostruzione chiara, precisa, di come la Segre ci è arrivata in quel campo. Delle restrizioni successive alle leggi razziali, delle persone che voltarono le spalle alla loro famiglia, dei contrabbandieri che li abbandonarono al confine con la Svizzera, delle guardie svizzere che le rimandarono indietro.
E anche del difficile rientro, quando nessuno voleva sentir parlare di queste cose, nella convinzione che nella guerra tutti avessero sofferto più o meno allo stesso modo.
La memoria rende liberi…
Forse la Segre si riferisce al suo percorso per il ritorno alla vita, e la necessità di non dimenticare per essere veramente in grado di vivere pienamente, perché non si si può vivere nel presente se non si è in grado di affondare fino in fondo le radici nel nostro passato.
Ma questa memoria, come quella delle persone che sono sopravvissute a questo orrore, deve servire anche per liberare ognuno di noi dalla paura, dalla vigliaccheria, dall’indifferenza, dall’idea: “non mi riguarda”, perché una cosa del genere non risucceda.
E sappiamo tutti quanto ancora nel mondo ci sia bisogno di questo tipo di memoria.

Francesca
 
Alto