241° MG - La parte dell'altro di Eric-Emmanuel Schmitt

qweedy

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"Il male è in ognuno di noi. Per esplorare questa terrificante idea, il romanzo segue le vite parallele dell'Hitler vero e di un Hitler fittizio e "buono". Quale sarebbe stato il corso della storia se l'8 ottobre del 1908 Adolf Hitler fosse stato ammesso all'Accademia di Belle Arti? Lungi dal ricostruire la storia del Terzo Reich, Schmitt duplica la figura del triste Cancelliere, gioca sull'artificio di due vite distinte che corrono in parallelo e getta una luce straniante e violenta sul retroscena affettivo, sessuale e caratteriale di un eccezionale egolatra che cerca di incarnare l'eroe nietzschiano. Sull'altro binario scorre la vita del pittore Adolf H., disgustato dalla Grande Guerra, il quale, trasferitosi a Parigi, frequenta gli artisti di avanguardia di Montparnasse, sposa un'ebrea americana e muore poi nel pacifico oblio di Santa Monica... In questa prodigiosa macchina scenica dal geniale ingranaggio costruito su un paradosso, Schmitt riesce ancora una volta a gettare nel lettore il seme del dubbio. Se fosse vissuto soltanto il pittore Adolf H. e non il suo mostruoso doppio seminatore di odio e distruzione, che cosa saremmo noi oggi?"

Rincorro Ayuthaya nella lettura del mio adorato Schmitt.

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ayuthaya

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600 pagine (nella mia edizione) e non sentirle... :mrgreen: Questo libro mi sta prendendo moltissimo e già nella mia mente compongo le frasi del commento finale quando sono ancora a un quinto della lettura!
Si tratta davvero di un romanzo molto avvincente... È difficile credere che Adolf Hitler possa diventare il protagonista di una storia che non sia necessariamente legata al Terzo Reich e all'Olocausto... E invece Schmitt ci mette davanti un giovanotto come tanti altri, uno dei numerosi protagonisti di romanzi di formazione che potrebbe capitarci di leggere, con le sue debolezze e le sue illusioni. Anzi, fa di più... Ce ne mette davanti due: quello vero e quello "immaginario", in una sorta di "Sliding Doors" applicato a uno dei più grandi dittatori e carnefici della Storia!
Prima esperienza con Schmitt e mi sa che sta per nascere una bella storia... :mrgreen:
 

qweedy

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Sono al 22%

Mi ha colpito la dedica a inizio libro:
"Alla memoria di Georg Elser,
bombarolo artigianale"

Non conoscendo questo nome, ho voluto approfondire: Georg Elser (Hermaringen, 4 gennaio 1903 – Dachau, 9 aprile 1945) è stato un attivista tedesco, noto per aver ideato ed attuato l'attentato dell'8 novembre 1939 nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco contro Hitler, che scampò all'attentato per pochi minuti. Voleva impedire il genocidio con il suo attentato ad Hitler. Il 9 aprile 1945 fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau.

Come sempre, la scrittura di Eric-Emmanuel Schmitt è scorrevolissima. Ogni suo libro affronta un argomento diverso, ma comune è la semplicità e la profondità con cui si esprime. Nei primi capitoli che ho letto c'è anche un pizzico di ironia e sensualità.

Non è il primo romanzo ucronico che leggo, qui si ipotizza uno scenario diverso nella vita di Adolf Hitler, anzi in questo caso uno scenario doppio. Il pittore Adolf H., in cura da un emergente Sigmund Freud per risolvere i suoi problemi con il padre, il complesso di Edipo e la sessualità inibita, è l'altra possibilità, lo sliding doors sul come avrebbe potuto essere. La discriminante, un avvenimento del tutto ordinario, ovvero una banalissima bocciatura all'esame di ammissione all'Accademia di Belle Arti di Vienna, in un caso, o l'ammissione nell'altro caso.
Non riesco assolutamente a immaginare il finale del libro.

"Nessuno faceva attenzione a lui. Era in corso una tragedia immane e nessuno se n’era accorto, nessuno aveva fatto caso alla catastrofe che aveva appena sfondato l’androne dell’Accademia di Belle Arti, all’annuncio esplosivo che aveva squarciato l’universo: Adolf Hitler respinto."
 
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ayuthaya

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Mi ha colpito la dedica a inizio libro:
"Alla memoria di Georg Elser,
bombarolo artigianale"

Non conoscendo questo nome, ho voluto approfondire: Georg Elser (Hermaringen, 4 gennaio 1903 – Dachau, 9 aprile 1945) è stato un attivista tedesco, noto per aver ideato ed attuato l'attentato dell'8 novembre 1939 nella birreria Bürgerbräukeller di Monaco contro Hitler, che scampò all'attentato per pochi minuti. Voleva impedire il genocidio con il suo attentato ad Hitler. Il 9 aprile 1945 fu assassinato nel campo di concentramento di Dachau.

Come sempre, la scrittura di Eric-Emmanuel Schmitt è scorrevolissima. Ogni suo libro affronta un argomento diverso, ma comune è la semplicità e la profondità con cui si esprime. Nei primi capitoli che ho letto c'è anche un pizzico di ironia e sensualità.

Non è il primo romanzo ucronico che leggo, qui si ipotizza uno scenario diverso nella vita di Adolf Hitler, anzi in questo caso uno scenario doppio. Il pittore Adolf H., in cura da un emergente Sigmund Freud per risolvere i suoi problemi con il padre, il complesso di Edipo e la sessualità inibita, è l'altra possibilità, lo sliding doors sul come avrebbe potuto essere. La discriminante, un avvenimento del tutto ordinario, ovvero una banalissima bocciatura all'esame di ammissione all'Accademia di Belle Arti di Vienna, in un caso, o l'ammissione nell'altro caso.
Non riesco assolutamente a immaginare il finale del libro.

"Nessuno faceva attenzione a lui. Era in corso una tragedia immane e nessuno se n’era accorto, nessuno aveva fatto caso alla catastrofe che aveva appena sfondato l’androne dell’Accademia di Belle Arti, all’annuncio esplosivo che aveva squarciato l’universo: Adolf Hitler respinto."

Mamma mia lo sapevo, in mezza giornata mi hai quasi raggiunto!!! :paura: finirai molto prima di me! :mrgreen:
 

qweedy

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Mamma mia lo sapevo, in mezza giornata mi hai quasi raggiunto!!! :paura: finirai molto prima di me! :mrgreen:

Ora rallento.

Sono al 44%, entrambi i due Adolf sono in trincea, in Francia, ma ovviamente la Prima Guerra Mondiale la vivono con spirito molto diverso.
Mi piace come Schmitt riesce a trasmettere il senso dell'inutilità della guerra.
 

ayuthaya

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Ora rallento.

Sono al 44%, entrambi i due Adolf sono in trincea, in Francia, ma ovviamente la Prima Guerra Mondiale la vivono con spirito molto diverso.
Mi piace come Schmitt riesce a trasmettere il senso dell'inutilità della guerra.

Eccola lá... Mi hai raggiunta! :mrgreen: Eppure secondo i miei ritmi lo sto davvero divorando!
Qualche commento, anche se sono con il cellulare e non mi piace molto scrivere... Già nella fase della "giovinezza" i due Hitler si sono definitivamente separati: uno è diventato "buono", l'altro è quello che conosciamo... O per meglio dire quello che si può immaginare essere stato il vero Adolf Hitler da giovane. Eppure il punto di partenza era lo stesso... Cosa è successo? Sento che tutto il senso di questo libro è racchiuso qui. Non bastano le poche sedute da Freud o il battesimo dell'amore da parte di Stella a spiegare il miracolo... Ciò che davvero ha fatto la differenza è stata che grazie a queste esperienze (ed altre, tipo la sua amicizia con Neumann e Bernstein) l'Hitler immaginario è riuscito a dare un senso alla sua esistenza, a entrate in empatia con il resto dell'umanità, si è "aperto alla dimensione degli altri". L'Hitler vero non ci è riuscito e Schmitt è bravissimo a rendere il dramma di questo giovane che si sente diverso, isolato, predestinato a qualcosa di grande perché è l'unico modo in cui concepisce la vita, disprezzando il suo simile, chiunque esso sia. Il vero Hitler che Schmitt racconta non vive, ma sogna, non ragiona ma si appassiona e per questo allo scoppio della guerra l'atteggiamento dei due giovani è così diverso. Sembra di leggere le storie di due individui distinti, ma in realtà l'unica differenza è che per l'Hitler immaginario, già artista, la guerra ha spazzato via gli albori di un'esistenza che stava iniziando a costruirsi con le proprie mani e nella quale quindi si riconosce, si sente realizzato; Hitler "vero", all'opposto, accoglie la guerra come l'occasione di dare finalmente un senso alla sua vita, un senso che fino a quel momento non è mai riuscito a trovare. Non fatico a immaginare che sia andato proprio così, che Adolf Hitler abbia davvero trovato nella guerra la sua dimensione, la sua realizzazione: obbedienza cieca, disciplina ferrea, rigore morale e una dedizione assoluta. Hitler si sente realizzato in guerra perché nella vita ha fallito.
Non so se si è capito ma quasi quasi apprezzo di più la storia del vero Hitler che non il suo alter ego, che almeno in queste ultimi capitoli letti sta diventando forse un troppo sentimentale per poter risultare credibile. Quando parlo di apprezzamento chiaramente mi riferisco allo sforzo fatto dall'autore per ricostruire la sua vita interiore, quella che forse nemmeno pensiamo possa avere mai avuto. Insomma, sono davvero ammaliata da questo tentativo di dare vita al "mostro" di Hitler che tutti conosciamo partendo da esperienze vere, quotidiane, concrete...
Bellissimo.
 

qweedy

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Eccola lá... Mi hai raggiunta! :mrgreen: Eppure secondo i miei ritmi lo sto davvero divorando!
Qualche commento, anche se sono con il cellulare e non mi piace molto scrivere... Già nella fase della "giovinezza" i due Hitler si sono definitivamente separati: uno è diventato "buono", l'altro è quello che conosciamo... O per meglio dire quello che si può immaginare essere stato il vero Adolf Hitler da giovane. Eppure il punto di partenza era lo stesso... Cosa è successo? Sento che tutto il senso di questo libro è racchiuso qui. Non bastano le poche sedute da Freud o il battesimo dell'amore da parte di Stella a spiegare il miracolo... Ciò che davvero ha fatto la differenza è stata che grazie a queste esperienze (ed altre, tipo la sua amicizia con Neumann e Bernstein) l'Hitler immaginario è riuscito a dare un senso alla sua esistenza, a entrate in empatia con il resto dell'umanità, si è "aperto alla dimensione degli altri". L'Hitler vero non ci è riuscito e Schmitt è bravissimo a rendere il dramma di questo giovane che si sente diverso, isolato, predestinato a qualcosa di grande perché è l'unico modo in cui concepisce la vita, disprezzando il suo simile, chiunque esso sia. Il vero Hitler che Schmitt racconta non vive, ma sogna, non ragiona ma si appassiona e per questo allo scoppio della guerra l'atteggiamento dei due giovani è così diverso. Sembra di leggere le storie di due individui distinti, ma in realtà l'unica differenza è che per l'Hitler immaginario, già artista, la guerra ha spazzato via gli albori di un'esistenza che stava iniziando a costruirsi con le proprie mani e nella quale quindi si riconosce, si sente realizzato; Hitler "vero", all'opposto, accoglie la guerra come l'occasione di dare finalmente un senso alla sua vita, un senso che fino a quel momento non è mai riuscito a trovare. Non fatico a immaginare che sia andato proprio così, che Adolf Hitler abbia davvero trovato nella guerra la sua dimensione, la sua realizzazione: obbedienza cieca, disciplina ferrea, rigore morale e una dedizione assoluta. Hitler si sente realizzato in guerra perché nella vita ha fallito.
Non so se si è capito ma quasi quasi apprezzo di più la storia del vero Hitler che non il suo alter ego, che almeno in queste ultimi capitoli letti sta diventando forse un troppo sentimentale per poter risultare credibile. Quando parlo di apprezzamento chiaramente mi riferisco allo sforzo fatto dall'autore per ricostruire la sua vita interiore, quella che forse nemmeno pensiamo possa avere mai avuto. Insomma, sono davvero ammaliata da questo tentativo di dare vita al "mostro" di Hitler che tutti conosciamo partendo da esperienze vere, quotidiane, concrete...
Bellissimo.

Concordo con la tua riflessione sul senso del libro, cosa è successo che ha differenziato il loro cammino, se il punto di partenza era lo stesso? L'Adolf buono riesce a dare un senso alla sua esistenza, ad avere amicizie (bellissime le parole sull'amicizia che scrive ai suoi due amici, pensando di essere in punto di morte) e amori, riuscendo anche a preoccuparsi del piacere della donna, non solo del suo. Si è "aperto alla dimensione degli altri" e quindi alla vita. L'altro Adolf invece, già lo conosciamo, debole, fallito, frustrato e rabbioso, con manie di grandezza, incapace di vedere la realtà, con problematiche di tipo psichiatrico, direi.
Forse sbaglio, però ho la sensazione che a volte basti davvero poco per prendere una strada anziché l'altra. Importantissimo secondo me è stato l'intervento del dottor Freud sull'Adolf buono, perché gli ha restituito una parte importante di se stesso, e la stima di sé. Ha potuto così superare i nodi del passato che gli impedivano i rapporti con le donne (spassoso quando sveniva se doveva ritrarre una modella nuda), diventando con l'aiuto di Stella un amante abilissimo. Ha fatto pace con se stesso e con i propri fantasmi familiari, e la stima di sè gli ha permesso di aprirsi a una davvero grande Amicizia maschile con Neumann e Bernstein. E la sua vita ha preso una strada diversa.

Il vero Hitler invece si realizza nella guerra (non sapevo che avesse partecipato alla prima guerra mondiale) e questo mi ha fatto pensare a quanti reduci negli Usa non riescono più a reinserirsi nella vita normale, una volta rientrati dalle missioni di guerra all'estero. Non solo per il disturbo post traumatico da stress, ma anche per la difficoltà che alcune persone, che sono state eroi in guerra, veterani decorati, trovano a vivere una vita normale. Erano a loro agio in guerra, non lo sono nella vita vera.
L'unico che riesce a suscitare affetto nel vero Hitler è il cane, e grande è il suo dolore quando lo perde.
Per Hitler in guerra “era tutto meraviglioso, un’organizzazione stupenda. Hitler era conquistato dalla razionalità, dalla mobilitazione delle varie competenze di quella società perfetta, una società totale.” Hitler adora la guerra che è diventata tutto per lui.

Non so se si è capito, ma io preferisco le pagine dedicate ad Adolf H, l'Adolf buono. Mi piace tantissimo, è proprio una bella persona. Mi piace il suo rapporto con le donne, mi piace l'Amicizia con gli altri due compagni, mi piace che colga il senso della totale inutilità e follia della guerra.

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Schmitt ha dichiarato:
“Il mio libro vuol essere una trappola tesa a questa idea. Dimostrando che Hitler avrebbe potuto essere diverso da come fu, ogni lettore dovrà avere la sensazione che potrebbe diventare un Hitler.”

“La guerra avrebbe livellato tutto verso il basso. Erano solo carne ormai. Due piedi e due mani, quanto bastava alla nazione. Carne. Carne da cannone. Buona a uccidere o a farsi uccidere. Carne e ossa, nient’altro. Bipedi armati. Niente di più. Niente anima, al massimo quel tanto che basta per farsela sotto dalla paura.”

“Nessuno dirige questa guerra. Tutti la subiscono. Si spara senza guardare. Amici e nemici riescono a vedere un viso solo una volta che è morto. È una cosa fuori da ogni misura umana. L’uomo ha messo in campo la potenza dell’industria e i migliori prodotti della metallurgia ma, come l’apprendista stregone, non controlla più le forze che ha liberato. Ora, vendicativi, fuoco e acciaio sembrano sgorgare spontaneamente dalle viscere della terra.”

“In fondo l’uomo si distingueva dall’animale solo per una sua certa fretta di morire.”

“Un paese diventa nazione quando si mette a detestare tutti gli altri paesi. È l’odio che fonda la nazione”
 
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ayuthaya

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Dove sei arrivata Qweedy?
Io ho letto alcune decine di pagine della terza parte, "Il dittatore vergine"... Ma davvero la vita sessuale di Hitler era stata così... povera?!
Comunque da quando Hitler è diventato quello che sappiamo mi interessa un po' meno, questo non vuol dire che Schmitt non lo racconti in modo interessante, oltre che coerente con quanto è preceduto.
La mia attenzione si è quindi rispostata sul pittore, che finalmente ha raggiunto il successo che sognava e ora ha paura di perderlo... Brioso e divertente il personaggio di Undici-e-mezza anche se il suo nome e la sua origine non si può sentire...!!!
 

qweedy

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Dove sei arrivata Qweedy?
Io ho letto alcune decine di pagine della terza parte, "Il dittatore vergine"... Ma davvero la vita sessuale di Hitler era stata così... povera?!
Comunque da quando Hitler è diventato quello che sappiamo mi interessa un po' meno, questo non vuol dire che Schmitt non lo racconti in modo interessante, oltre che coerente con quanto è preceduto.
La mia attenzione si è quindi rispostata sul pittore, che finalmente ha raggiunto il successo che sognava e ora ha paura di perderlo... Brioso e divertente il personaggio di Undici-e-mezza anche se il suo nome e la sua origine non si può sentire...!!!

Sono arrivata all'85%.
Anche a me la parte su Hitler stanca un po', per quanto scritta in modo sublime, perchè già sappiamo com'è.
Continua il parallelo tra le vite dei due Adolf, e i loro rapporti con le donne. Le donne di Hitler fanno tutte una brutta fine. Mentre Adolf H. ci sa davvero fare con le donne, incontra ragazze veramente interessanti, Undici-e-mezza e non solo lei.
Vien da chiedersi quanto le defaillance fisiche dell’uomo Hitler siano state determinanti a scatenare i suoi disastrosi estremismi antisemiti. Quanta rabbia per le sue insufficienze fisiche è stata dirottata verso l'esterno, cercando capri espiatori su cui scaricarla?
Angelika-Raubal-nipote-suicida-di-Hitler-6.jpg

Geli, la nipote.
 
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qweedy

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Finito! Tu dove sei arrivata?

Ti dico solo che la parte finale mi è piaciuta tantissimo, Eric-Emmanuel Schmitt è davvero uno scrittore eccezionale. Alla fine c'è il suo diario, che illumina sul percorso che l'ha portato a scrivere questo libro, con grande sofferenza a quanto pare: "Il libro mi impone una tale tensione mentale che comincio a temere per il mio equilibrio."

"Dopo Gesù, Hitler. Dopo la luce, l'ombra. Dopo aver studiato la tentazione dell'amore nel "Vangelo secondo Pilato", ora ho il dovere di occuparmi della tentazione del male. Non potrò dirmi realmente umano se non compiendo questa doppia ricerca, perchè è dentro l'umanità, e non al di fuori, che sono esistiti sia Gesù che Hitler."

"Come se la disumanità non fosse un tratto tipicamente umano"

"Paradosso gustoso: scrivo quattrocento pagine per far rivivere un uomo e dedico il libro al suo assassino."

"In questo romanzo sono le donne a portare la luce: suor Lucia, Undici-e-mezza, Sarah."

"Undici-e-mezza non è una persona ma due, le due che ho amato."


Ho amato un po' meno la parte storica di Hitler, per quanto riconosco che è scritta benissimo e molto documentata. Comunque è un grande libro! E come ogni romanzo di Schmitt, è completamente diverso da ogni altro, in ogni libro affronta in modo approfondito un argomento diverso.
 
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ayuthaya

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Con solo il 15% ero convinta che avessi finito! A me mancano meno di cento pagine, dovrei finirlo entro due giorni... Molto belli alcuni "paralleli" rovesciati tra i due Hitler, come il passaggio in cui si paragona la folla a un'amante a cui dare piacere o quello in cui Hitler si riconosce un artista mancato, che magari per certi versi è così. Bello anche il punto (in realtà sono due) in cui si spiega il significato del titolo che infatti finora non avevo capito, "la parte dell'altro".
Sono molto contenta di aver conosciuto questo autore, di sicuro la mia prossima lettura sarà Il Vangelo secondo Pilato.
 

ayuthaya

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Ho amato un po' meno la parte storica di Hitler, per quanto riconosco che è scritta benissimo e molto documentata. Comunque è un grande libro! E come ogni romanzo di Schmitt, è completamente diverso da ogni altro, in ogni libro affronta in modo approfondito un argomento diverso.

A me invece è piaciuta molto anche questa, in particolare tutta la parte della giovinezza e quella durante la prima guerra mondiale.
 

qweedy

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La parte storica di Hitler è molto accurata, tant'è che l'editore ha fatto controllare il libro prima della pubblicazione ad alcuni storici, per evidenziare eventuali inesattezze storiche. Schmitt per una settimana si è sentito offeso, poi l'ha superato perchè gli storici non hanno trovato alcuna imprecisione.

Il titolo è perfetto, non poteva trovarne uno migliore: "La parte dell'altro", con vari significati, Adolf che va verso l'altro, Hitler che fugge dagli altri, per la sua totale mancanza di empatia.

Le pagini finali scritte da Schmitt sono una magnifica sorpresa, molto intense e piene di riflessioni importanti, le ho lette e rilette più volte. Mi è piaciuto molto quando dice che rifugge dalle semplificazioni, "dalle idee semplici: trovare una causa unica per un male significa non riflettere, significa farne una caricatura, scegliere di accusare anzichè spiegare. Dopo l'esperienza di questo libro sospetterò di chiunque indichi con sicurezza un nemico. Fino a quando non riconosceremo la canaglia e il criminale che abitano dentro di noi, vivremo in una pietosa menzogna".

Non ho ancora avuto il coraggio di leggere "Il vangelo secondo Pilato."
 

ayuthaya

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Non ce la facevo più dalla voglia e ho finito anche io!!! Bellissimo, mi sembra persino impossibile che nel forum non fosse ancora mai stato recensito!
Queedy dobbiamo fare assolutamente pubblicità a questo romanzo e a questo autore! Intanto ti ringrazio moltissimo di averlo proposto!
 

qweedy

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Non ce la facevo più dalla voglia e ho finito anche io!!! Bellissimo, mi sembra persino impossibile che nel forum non fosse ancora mai stato recensito!
Queedy dobbiamo fare assolutamente pubblicità a questo romanzo e a questo autore! Intanto ti ringrazio moltissimo di averlo proposto!

Le sue riflessioni finali voglio rileggermele ancora una volta. Questo libro è straordinario dall'inizio alla fine, ma non mi stupisce, tutti i suoi libri sono veramente UNICI.

Sono strafelice ti sia piaciuto! In fondo il senso di "Adotta un autore" è proprio quello di scoprire nuovi autori, che magari non avevamo mai sentito nominare!
Eric-Emmanuel Schmitt è uno scrittore straordinario, affronta temi sempre differenti e ognuno dei suoi libri è molto diverso dagli altri. Molti sono anche piccoli, 100 pagine o poco più.
I miei preferiti sono sempre "Oscar e la dama in rosa" e "La giostra del piacere", ma pian piano voglio leggere tutti i suoi scritti.

Quando vorrai, tra un po', potremo forse fare un altro Gdl con "Il vangelo secondo Pilato". Sono solo 150 pagine, ce la posso fare anche se lo immagino tosto. Magari si aggrega anche qualcun altro!
 
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ayuthaya

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Io invece devo ancora finire la postfazione, ho letto giusto qualche pagina e mi voglio dedicare con calma...
Hai letto La mia storia con Mozart?
 
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