Pahor, Boris - Necropoli

Palmaria

Summer Member
Campo di concentramento di Natzweiler-Struhof sui Vosgi. L'uomo che vi arriva, una domenica pomeriggio insieme a un gruppo di turisti, non è un visitatore qualsiasi: è un ex deportato che a distanza di anni è voluto tornare nei luoghi dove era stato internato. Subito, di fronte alle baracche e al filo spinato trasformati in museo, il flusso della memoria comincia a scorrere e i ricordi riaffiorano con il loro carico di dolore e di rabbia. Ritornano la sofferenza per la fame e il freddo, l'umiliazione per le percosse e gli insulti, la pena profondissima per quanti, i più, non ce l'hanno fatta. E come fotogrammi di una pellicola, impressa nel corpo e nell'anima, si snodano le infinite vicende che parlano di un orrore che in nessun modo si riesce a spiegare, ma insieme i tanti episodi di solidarietà tra prigionieri, di una umanità mai del tutto sconfitta, di un desiderio di vivere che neanche in circostanze così drammatiche si è mai perso completamente.

Un romanzo meraviglioso, per quanto possa essere definita meravigliosa una testimonianza di come veniva vissuta la morte nei campi di sterminio anche da parte di chi ebreo non era, ma in tutta Europa aveva aderito ad ideali antifascisti, come, appunto, l'autore.
Questo libro ha il merito di creare nel lettore immagini vivide della quotidianità nei campi, attraverso una scrittura estremamente realistica e precisa, in cui gli uomini, che tali più non sono, sono generalmente indicati come crani rasati, ossa, addirittura legni, non più persone.
Pahor riesce a far percepire in maniera straordinaria, descrivendo episodi realmente accaduti, come l'abbruttimento nei campi di sterminio, dove l'unico obiettivo era preservare quanto più calore possibile nelle giornate trascorse all'aperto ad oltre dieci gradi sotto lo zero e vestiti solo di iuta, ed attendere per diciotto ore qualche cucchiaiata di brodaglia acquosa, spingesse suo malgrado ogni deportato a far prevalere l'istinto di sopravvivenza sulla solidarietà e lo spirito cameratesco, che tuttavia talvolta riuscivano ancora a fare capolino.
Perchè, nonostante tutto, il messaggio trasmesso da Pahor sembra essere positivo, lui crede ancora nella bontà degli uomini e non si sente neppure di criticare i visitatori dei lager, che non hanno gli strumenti per comprendere appieno le atrocità commesse lì dentro qualche decennio prima: l'importante è che comunque non si dimentichi!
Capolavoro!
 

zolla

New member
grande libro si situa tra i pochi veramente necessari sull'olocausto...
 

elena

aunt member
Poi se riesce a spuntarla nel prossimo gruppo di lettura.....avremo il piacere di leggerlo e commentarlo insieme :YY!!!!
 

elena

aunt member
Una testimonianza molto profonda di una delle pagine più vergognose della storia umana. Come in molti libri sull'argomento, mi ha colpito moltissimo la completa disumanizzazione provocata agli involontari attori che si ritrovano a chiudersi in un mondo che essi stessi, per un comprensibile meccanismo di difesa, considerano completamente separato dal "mondo dei viventi"......un Ade che inibisce i sentimenti, i ricordi, il senso di dignità.....
E' notevole come l'autore riesca ad esprimere i sentimenti dell'anziano ex internato nei campi di concentramento che torna nei luoghi della tragedia come "turista"......il sentimento che emerge, accanto agli innumerevoli ricordi, è un profondo senso di colpa.....per essere stato troppo "fortunato" rispetto ai suoi compagni.....e non solo per la sua posizione di allora come "infermiere" che lo ha risparmato dai lavori più debilitanti ma soprattuto per aver avuto in seguito la possibilità di essere testimone vivente di questa tragedia.

Bellissimo romanzo, nei limiti di come possa essere giudicato "bello" un libro su questa tematica (come dice Palmaria!)
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Oggi ho conosciuto Boris Pahor: ci ha commosso e fatto sorridere, un uomo lucido e fermo di 95 anni, che ha superato tragedie inenarrabili e che si è speso con noipresenti con grande disponibilità per ben due ore. Ci ha raccontato le storie del passato ma con grande capacità critica anche quelle del presente, una guida intellettuale ed umana come pochi.
E' stato un onore averlo ascoltato.
 

Palmaria

Summer Member
Io ho sentito parlare Boris Pahor mesi fa alla trasmissione di Fazio e anche a me aveva dato l'impressione di una persona estremamente generosa e desiderosa di trasmettere al prossimo ed alle nuove generazioni soprattutto ciò che per lui e molti altri ha significato l'esperienza dell'Olocausto....

e questa generosità, unita alla voglia di comunicare, traspare chiaramente anche dal suo libro...:)
 

elena

aunt member
Oggi ho conosciuto Boris Pahor: ci ha commosso e fatto sorridere, un uomo lucido e fermo di 95 anni, che ha superato tragedie inenarrabili e che si è speso con noipresenti con grande disponibilità per ben due ore. Ci ha raccontato le storie del passato ma con grande capacità critica anche quelle del presente, una guida intellettuale ed umana come pochi.
E' stato un onore averlo ascoltato.

Che bello elisa :)!
Penso proprio sia stato un onore ascoltare una persona che rappresenta un "pezzo di storia" !!!!
 

Alessandro

New member
Che delusione, parzialmente la difficile lettura del libro penso sia dovuta ad una cattiva traduzione ma ciò non toglie i demeriti all'autore.
Oltre al pesantissimo al limite dell'immobilismo modo di scrivere si aggiunge un egocentrismo smodato misto ad un nazionalismo portato all'eccesso, qualunque cosa che sia slovena è "più" di ogni altra cosa ... le montagne slovene sono piu belle, i fiumi più naturali, le persone più sagge si arriva addirittura a dire che rispetto agli ebrei le persecuzioni agli sloveni siano state ben più dure!!!!!!!!!!!
Il libro ha avuto successo di vendite solo per un motivo ... un buon lancio pubblicitario televisivo.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Che delusione, parzialmente la difficile lettura del libro penso sia dovuta ad una cattiva traduzione ma ciò non toglie i demeriti all'autore.
Oltre al pesantissimo al limite dell'immobilismo modo di scrivere si aggiunge un egocentrismo smodato misto ad un nazionalismo portato all'eccesso, qualunque cosa che sia slovena è "più" di ogni altra cosa ... le montagne slovene sono piu belle, i fiumi più naturali, le persone più sagge si arriva addirittura a dire che rispetto agli ebrei le persecuzioni agli sloveni siano state ben più dure!!!!!!!!!!!
Il libro ha avuto successo di vendite solo per un motivo ... un buon lancio pubblicitario televisivo.

anche se sono solo a una cinquantina di pagine è difficile condividere questa valutazione, perchè dal punto di vista letterario la scrittura di Pahor è notevole, suggestiva, ricca ed accurata, dal punto di vista dei contenuti non ho ancora incontrato la parte che cita Alessandro, anzi, pur mantenendo l'orgoglio dell'appartenenza che è la causa del suo internamento, parla della sua città, Trieste, con grande affetto e c'è un momento molto intenso nell'incontro con un triestino italiano. Certamente Pahor, e non solo lui, ha sofferto atrocemente della sua appartenenza slovena e questo non può essere addebitato come responsabilità a lui e non può essere sminuito dal punto di vista storico o umano.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
è un libro densissimo, è come immergersi in quella necropoli fatta di scheletri alcuni che respirano ancora, altri gettati su pagliericci morenti pieni di pustole e di escrementi. E' il libro che descrive la vita nei campi di concentramento con la maggior fisicità e sensorialità che abbia mai letto, ne senti gli odori, i sapori, vedi questi corpi oramai ridotti ad ossa e le piaghe e i bubboni. Pahor ha il dono di farti entrare non solo con la mente in quei campi dell'orrore umano ma anche con il corpo. Oltre alle riflessioni che riesce sempre ad esprimere in modo pacato e sereno. Grande uomo e grande libro.
 
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