elena
aunt member
Un libro interessantissimo che può essere definito un romanzo storico sulla società americana delle seconda metà dell’ottocento ma può, nello stesso tempo, essere considerato un saggio sull’attuale realtà politica degli Stati Uniti.
La vicenda si colloca nel 1876, anno dei grandi festeggiamenti per il centenario della Dichiarazione Di Indipendenza, e descrive le contorte e subdole vicende che ruotano intorno alla campagna per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti, una campagna assolutamente senza regole basata esclusivamente sulla diffusa e universale corruzione dell’amministrazione statale.
L’io narrante è Schuyler, un ben accreditato giornalista di 63 anni, che dopo circa mezzo secolo di vita parigina, torna nel paese natale accompagnato dall’affascinante figlia Emma, da poco vedova di uno spiantato principe e console americano a Parigi, “in cerca di marito nella buona società newyorkese”.
E’ veramente divertente come questo occasionale rappresentante del vecchio continente vede e giudica la bigotta, formale e vuota classe di “benpensanti” americani: ne risulta un’indagine acuta e graffiante di tutto l’apparato politico americano e del rigido protocollo che regola l’elitaria e provinciale società americana dell’epoca. La penna assolutamente dissacrante di Schuyler richiama direttamente quella dello stesso Gore Vidal, che riesce sempre a condire le sue sferzanti critiche con una notevole dose di sarcasmo. Questo rende il libro molto piacevole e per niente pesante oltre che interessante per comprendere i complicati sistemi che regolano le elezioni americane: ho trovato sempre paradossale il meccanismo che consente la nomina a Presidente degli Stati Uniti del candidato che ha ricevuto meno voti popolari rispetto all’avversario. Questa ipotesi sporadica ma non impossibile (oltre alle elezioni descritte nel romanzo, anche nel 2000 Bush ha avuto la Presidenza pur avendo ricevuto meno voti popolari di Al Gore) suscita sempre molti dubbi, nonostante sia semplicemente imputabile ad particolare meccanismo elettorale, e un personaggio critico e pungente come Gore Vidal non poteva perdere l’occasione per farne oggetto di un coinvolgente e ironico grande romanzo.
La vicenda si colloca nel 1876, anno dei grandi festeggiamenti per il centenario della Dichiarazione Di Indipendenza, e descrive le contorte e subdole vicende che ruotano intorno alla campagna per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti, una campagna assolutamente senza regole basata esclusivamente sulla diffusa e universale corruzione dell’amministrazione statale.
L’io narrante è Schuyler, un ben accreditato giornalista di 63 anni, che dopo circa mezzo secolo di vita parigina, torna nel paese natale accompagnato dall’affascinante figlia Emma, da poco vedova di uno spiantato principe e console americano a Parigi, “in cerca di marito nella buona società newyorkese”.
E’ veramente divertente come questo occasionale rappresentante del vecchio continente vede e giudica la bigotta, formale e vuota classe di “benpensanti” americani: ne risulta un’indagine acuta e graffiante di tutto l’apparato politico americano e del rigido protocollo che regola l’elitaria e provinciale società americana dell’epoca. La penna assolutamente dissacrante di Schuyler richiama direttamente quella dello stesso Gore Vidal, che riesce sempre a condire le sue sferzanti critiche con una notevole dose di sarcasmo. Questo rende il libro molto piacevole e per niente pesante oltre che interessante per comprendere i complicati sistemi che regolano le elezioni americane: ho trovato sempre paradossale il meccanismo che consente la nomina a Presidente degli Stati Uniti del candidato che ha ricevuto meno voti popolari rispetto all’avversario. Questa ipotesi sporadica ma non impossibile (oltre alle elezioni descritte nel romanzo, anche nel 2000 Bush ha avuto la Presidenza pur avendo ricevuto meno voti popolari di Al Gore) suscita sempre molti dubbi, nonostante sia semplicemente imputabile ad particolare meccanismo elettorale, e un personaggio critico e pungente come Gore Vidal non poteva perdere l’occasione per farne oggetto di un coinvolgente e ironico grande romanzo.