Eliot, George - Middlemarch

In sintesi
George Eliot (pseudonimo maschile di Mary Ann Evans) è riconosciuta come una delle autrici più rappresentative della letteratura inglese di tutti i tempi. Spirito razionale e rigoroso, dotata di un profondo senso critico e di un'acuta capacità di osservazione, nei suoi romanzi ritrae con rara finezza psicologica le ipocrisie e le imposizioni della società nella vita individuale.

Al centro della storia è proprio l'immaginaria cittadina inglese di Middlemarch, all'interno della quale si articolano i destini di quattro personaggi e di due matrimoni infelici, indagati da George Eliot nei loro più impercettibili interstizi attraverso lo strumento chirurgico di uno stile espressivo sempre acuminato. Il romanzo che permette di comprendere la solidissima fragilità dell'Inghilterra vittoriana.
"Middlemarch" - è considerato il suo capolavoro - brilla soprattutto per la ricchezza della rappresentazione ambientale e per l'analisi minuziosa del dolore, accettato come male ineluttabile della condizione umana.

Libro magnifico! Uno dei migliori che abbia mai letto!
Poi la chiusa del libro è a dir poco sublime. Io ne consiglio vivamente la lettura.
 

ayla

+Dreamer+ Member
E' un romanzo monumentale, (che data la mole può spaventare anche i più audaci) non sempre scorrevole, sul dolore dell'uomo. E' un libro che riesce a rappresentare con estrema precisione e accuratezza l'animo umano e la sua psiche, sia maschile sia femminile, in tutte le sue sfacettature, positive e negative.
Sono d'accordo con Polvere, uno dei libri più belli e complessi che abbia mai letto e la stessa Virginia Woolf lo definì un libro magnifico.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Do il massimo dei voti per questo capolavoro della letteratura dell'Ottocento inglese, scritto da una donna che si firmava con uno pseudonimo maschile, ma che di fatto rientra nella letteratura tout court senza accezioni di genere perché qui siamo davanti a una capacità unica di rappresentare la complessità del comportamento umano con estrema finezza, precisione e chiarezza. Una trama solida, mai scontata, mai prevedibile e ancor oggi attualissima, lineare scorrevole, ricca di situazioni e mai noiosa. Figure scolpite con la penna che emergono e restano impresse per la loro autenticità e attualità romanzo poco considerato ma che va assolutamente rivalutato.
 

Grantenca

Well-known member
Che sia un “mattone” non c’è ombra di dubbio, con le sue oltre ottocento pagine. Ma è un mattone di grande qualità. Questo libro è stato pubblicato nel 1872. Tenuto conto che “i Miserabili” (1862) “L’uomo che ride (1869) “Guerra e pace” (1865) “Anna Karenina” (1877) “Delitto e castigo” (1866) bisogna riconoscere che questo periodo storico è stata l’espressione massima di questo tipo di letteratura. L’autrice (George Eliot è una donna) è contemporanea dei grandi autori dei capolavori citati ed è ancora più meritevole perché le donne, pur nell’evoluta Inghilterra del diciannovesimo secolo, qualche “handicap” rispetto agli uomini senz’altro lo pativano. Ho fatto questa premessa anche per dire che questo libro, ad avviso di un semplice lettore, pur con qualche difetto (qualche situazione un po’ “romanzata”, qualche personaggio con qualche qualità di troppo) regge il confronto con gli altri citati. E’ la cronaca di vita quotidiana della gente “bene” di una tranquilla provincia inglese, popolata di personaggi non “abbozzati” ma incisi in grande rilievo sia nell’aspetto esteriore che nei loro più remoti pensieri e aspettative, tanto che qualche volta sembra di vederli. E’ “LA VITA” in definitiva, analizzata nelle sue innumerevoli sfaccettature e con ogni tipo di personaggio che si può incontrare, tanto che si fatica a distinguere i protagonisti dai comprimari perché ognuno ha una funzione indispensabile allo svolgersi degli eventi. Il libro poi è scritto con una proprietà stilistica veramente ammirevole e, oltretutto, incuriosisce continuamente il lettore per vedere “come va a finire”. Quando leggo questi libri resto sempre stupefatto dalla enorme cultura e conoscenza delle cose della vita necessarie per poter affrontare queste imprese, tanto che mi viene il dubbio che gli autori lavorassero con uno “staff”. Certo se questo libro è meno noto di quelli sopracitati qualche motivo certamente ci sarà . Non è comunque una lettura “en passant” ma richiede una certa attenzione ed In effetti fatico a vedere un giovane uscito dalle nostre scuole, nell’era di “internet” affrontare una lettura come questa. Ma per chi ama la narrativa, affermo, sotto la mia responsabilità, che non è assolutamente RAGIONEVOLE rinunciare al piacere di una lettura come questa.
 

malafi

Well-known member
Libro molto faticoso da leggere (830 pag. scritte fitte) ma di grande pregio.
Nella mia ignoranza non avevo mai sentito nominare né l’autrice (con pseudonimo dell’altro sesso forse a causa dell’epoca in cui fu scritto) né il titolo, ma penso di poterlo definire un piccolo grande classico.
Un affresco perfetto della società inglese delle campagne della prima metà dell’800, dove si alternano le vicende di vari personaggi, alcuni di alto profilo morale (come Dorothea), altri dall’etica dubbia (come Bultsrode), spesso pervasi da dosi di perbenismo portato agli eccessi che però non fatichiamo ad immaginare in un’Inghilterra vittoriana.
Quasi un romanzo sociologico, molto ben scritto con uno stile a volte impietoso che non fa sconti a nessuno, anche se a tratti non del tutto lineare (alla mia lettura, si badi bene) nel descrivere i sottili ragionamenti e comportamenti indotti dalla psiche umana.
Personaggi tutti ‘normali’, eppur tutti diversi tra loro, vanno a comporre un mosaico variegato e perfetto.
Consigliato a chi ha la pazienza di leggere i mattoni, che ne sarà ampiamente ripagato dall'aver messo un altro mattoncino nella costruzione della sua biblioteca universale
 

bouvard

Well-known member
Si dice che nella vita ci sia un’età giusta per ogni cosa. Ecco, penso che la mia età giusta per leggere i libri molto, molto lunghi sia sta la giovinezza.
Tra i 20 e i 25 anni ho letto libroni come Anna Karenina e i Demoni, La fiera della vanità e Circolo Pickwick, solo per citarne alcuni, senza avvertire minimamente il peso delle loro tante pagine. Anzi, a quell’età non bisognava proprio parlarmi di leggere racconti, li detestavo proprio per la loro brevità.
Adesso, invece, non mi viene facile convincermi a leggere un libro di 500 pagine, e per convincermi a leggerne uno di più di 800 devo proprio essere sicura che mi piaccia. E resta ugualmente una faticaccia, ecco perché avrei fatto bene a leggere anche Middlemarch in gioventù!
Intendiamoci è un bel libro che vale sicuramente la pena leggere, e se amate i libri che descrivono le varie “tipologie umane”, per intenderci i libri “alla Balzac”, allora Middlemarch non può mancare nelle vostre letture. Però mettete in conto di non riuscire a leggerlo in una settimana, perciò munitevi di tanta, tanta pazienza, vi servirà. E soprattutto non pensate mai a quanti libri avreste potuto leggere nel frattempo!
La prima parte del libro è forse un po’ noiosa, Dorothea Brooke non è proprio una di quelle eroine brillanti e affascinanti che conquistano subito il lettore. Per un centinaio di pagine appare un po’ pesantuccia con le sue idee tutta moralità e spiritualità, poi per fortuna
muore il marito! [FINE SPOILER] A parte la battuta, effettivamente nella seconda parte del libro suscita empatia e non si fa alcuna fatica ad appassionarsi alle sue vicende.
Il mio personaggio preferito, quello insomma per cui ho fatto il tifo dall’inizio alla fine del libro contro tutto e tutti, è stato però il dottor Lydgate. Uomo grandemente sfortunato, la cui più grande sfortuna paradossalmente è stata quella di sposare la ragazza più bella e desiderata di Middlemarch. Si, perché Rosamund Vincy, diciamocela tutta, più che una donna è una piattola umana, una di quelle persone egoiste sempre pronte a lagnarsi, e capaci solo di pensare ai propri interessi e desideri. Insomma un vero e proprio castigo divino per il marito.
Libro da leggere.
 

francesca

Well-known member
Ecco un bel romanzo “vittoriano” di più di ottocento di pagine. Uno di quei tomi, scritto fitto fitto, in cui si racconta quasi il nulla, piccole e lontane storie di un immaginario paesino sperso nella campagna inglese all’inizio dell’ 800.
Quindi non solo storie abbastanza minime, di una piccola borghesia nascente, di nobilotti campagnoli, ecclesiastici di tutte le risme, dame volitive e vuote, profonde e incomprese. Ma anche così lontane nel tempo da chiedersi cosa possono dirci adesso, a 2000 inoltrato.
E invece la narrazione tiene, lo stile ricercato e non banale, che costringe alla fatica di capire i concetti nella lettura prima ancora che nel significato intrinseco, dà al romanzo une tensione narrativa che si mantiene in tutte le mille pagine, regalando spunti di riflessione attualissimi e mai banali, grazie anche alla incredibile capacità dell'autrice di indagare ogni piega dell'animo umano con lucidità e ironia.
Consigliato a chi ama i romanzi Ottocenteschi inglesi, e in generale tutti quei libri che grazie alla capacità dei loro autori, riescono ad uscire dal loro tempo e a lanciare messaggi sempre attuali.

Francesca
 
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