Roth, Philip - Il seno

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Il protagonista si sveglia la mattina trasformato in grande mammella femminile.
Roth, novello Kafka, non regge il confronto.
Un racconto erotico ed angosciante, sembra un incubo che potrebbe essere irriverente se non fosse a tratti patetico.
Che dire di un Roth a dir poco imbarazzante?
 

ayla

+Dreamer+ Member
Cominciò stranamente. Ma poteva forse esserci un altro inizio? Si dice che tutte le cose sotto il sole cominciano "stranamente" e finiscono "stranamente" e sono strane; una rosa perfetta è "strana", proprio come una rosa imperfetta, e come la rosa di normalissimo colore e gradevolezza che cresce nel giardino del vicino. Conosco quella prospettiva da cui ogni cosa appare terrificante e misteriosa. Rifletti sull'eternità, considera, se ne sei capace, l'oblio, e tutto diventa un portento. Eppure in assolutà umiltà io dico che certe cose sono più straordinarie di altre e che io sono una di esse.

Inizia proprio così Il seno o La mammella, a seconda dell'edizione che possedete. E' un brevissimo racconto, scritto agli inizi della carriera di Roth, che mi ha lasciata abbastanza perplessa. Alcuni lo hanno definito un omaggio a Kafka, altri una risposta alle critiche suscitate per il Lamento di Portnoy, altri ancora un mal riuscito esercizio di stile. Qualunque sia la verità, questa catastrofe endocrinopatica, questa enorme mammella di settanta chili, questo tessuto adiposo lungo un metro e ottanta, che parla non si sa bene come, non può non lasciare stupefatti, non può non colpire la nostra immaginazione. Come, inevitabilmente, tutto ciò che ne consegue. C'è un uomo che diventa l'oggetto del suo desiderio, diventa la materia, la carne dei suoi sogni, il prodotto della sua fissazione, si trasforma nel femminile, mantenendo intatte però le sue pulsioni, le sue fantasie maschili(e qua Roth non si risparmia). Continua a essere se stesso anche se non è più "se stesso", quindi chi è? Che cos'è? Come può far coesistere questo mescolamento di anime? Può, non può? Qual è la soluzione? La morte? No, la volontà di vivere è più forte di tutto. La pazzia? No nemmeno questa via di fuga gli è concessa. No deve solo arrendersi a questa realtà, che prevede cose perfino più strane di un matrimonio tra un ebreo e un'egiziana, perché la realtà è più grandiosa. La realtà ha più stile, ci permette di trasformare noi stessi, anche se non abbiamo nulla, niente immaginazione, cervello, linguaggio o talento, basta il desiderio, basta amare l'arte, l'estremo per poter diventare un'opera d'arte, c'è chi ne scrive, chi ne parla e chi lo diventa.
Resto alla fine perplessa perché è troppo breve, troppo abbozzato in certe sue riflessioni, avrei preferito più chiarezza, un percorso più lineare da seguire, ma pretendere ciò da quello che potrebbe essere benissimo un sogno(o un incubo) o un quadro di Dalì, forse è pò troppo.
Lettura indubbiamente particolare, mi resterà a mente per molto tempo già lo so.
n.b. per tutta la lettura ho avuto davanti a me l'immagine(una delle tante) o meglio la scena di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere dove Woody Allen viene inseguito da un seno gigante:mrgreen:
 

bonadext

Ananke
E' il mio primo scritto di Philip Roth che leggo, e non potevo iniziare con qualcosa di più assurdo e grottesco di questo racconto!
Dimenticate il naso di Gogol e lo scarafaggio di Kafka, questo Seno è la metamorfosi del nuovo millennio, della società attuale, è una riflessione sul potere del desiderio sessuale e quello altrettanto potente della letteratura.
Il racconto è fluido e si legge tutto d'un fiato, tra ossessioni di carattere sessuale e citazioni letterarie, veniamo catapultati nel caos interiore del nostro eroe-mammella dove sembra di partecipare ad un “gioco” a momenti drammatico (ma sempre grottesco) ad altri a un “divertissement”; infatti è la parte psicologica a farla da padrona per tutto il racconto, dove l'autore tramite questa metafora/seno ci fa entrare nella psiche del protagonista dove avviene tutto il dramma.

Geniale la parte dove il protagonista vive la trasformazione come un'allucinazione di un folle:
“Perchè questo grosso sacco di tessuto senza cervello, desiderabile, muto, che è manipolato e non manipola, indifeso, immobile, pendulo, lì, come è lì e pende un seno? Perchè questa identificazione primitiva con l'oggetto principe della venerazione infantile? Quali appetiti insoddisfatti e turbamenti in culla, quali frammenti del mio più lontano passato si erano scontrati per far scoccare una fissazione di tanto classica semplicità?”
 
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