L’odore del vento
Nella tarda serata di ieri
un inaspettato vento primaverile, una deliziosa brezza proveniente da nord ha spirato delicatamente, muovendo le fronde degli alberi e rivitalizzando l’aria.
Sono uscito sul balcone, in maniche di camicia per potere sentire la
sensazione del vento sulla pelle. Mi sono acceso un sigaro toscano, mi sono accovacciato a terra
come un beduino nel deserto, al buio, rivolto a nord, di fronte agli alberi, aspirando con indolente lentezza il fumo e allargando le narici per coglierne ogni sfumatura. Sembrava di essere in campagna.
Ero forse l’unica persona fuori. Intravedevo dalle finestre socchiuse dei palazzi di fronte le famiglie raccolte attorno al televisore, celebranti il quotidiano rito alienante che aumenta la solitudine, l’incomunicabilità, allontana le persone.
Il vento odorava di fiori, di polline. Era carico di promesse di rinascita, di vita.
Ogni località e stagione ha i suoi venti.
Ogni vento ha il suo odore.
Con il tempo ho imparato a riconoscerne e distinguerne le diverse sfumature, gli odori caratteristici, le essenze peculiari, gli effetti diversi sull’umore.
Amo il vento in tutte le sue molteplici declinazioni, nelle sue differenti incarnazioni geografiche e stagionali.
Mi ha inebriato e stordito lo
Scirocco, caldo e secco, proveniente dal Sahara, che d’estate sferza le coste siciliane con il suo implacabile calore, sollevando la sabbia fino a formare
fiumi di polvere fine che sembra voler smerigliare il paesaggio circostante, e che fa male quando ti colpisce sul corpo. Ma è lo stesso scirocco che
spirando sul mare ne solleva la superficie, la fa vibrare, la eccita, creando un aerosol di particelle cariche di ioni negativi particolarmente rivitalizzante,
che ti investono e ti ubriacano.
Amo il
vento di ponente o ‘provenza’, fresco e ricco di umidità, tipico dei pomeriggi estivi, che nel Mediterraneo spira da Ovest e che spesso porta maltempo, perturbazioni, instabilità.
Il suo odore è pregno di salsedine, lo si può quasi assaporare, sentirne il salato sulla punta della lingua.
Riconosco il
Maestrale, impetuoso e asciutto, che annuncia l’inverno, e che nel tardo settembre spira nelle regioni del sud. Fa presagire i temporali improvvisi che verranno a interrompere violentemente la lunga estate del sud.
Stando ormai da dieci anni al nord ho imparato ad amare la
Tramontana, tipico delle stagione autunnale e invernale, che viene da nord e che
spira a raffiche,
freddissimo e secco. Di solito porta tempo asciutto, cielo sereno. Pulisce l’aria e rende terso il cielo.
Sa di pulito, purifica i polmoni, è ricco di elettricità.
Inebriante per chi sa coglierne la ricchezza.
Ho potuto sentire la tremenda potenza dei
venti invernali che spirano sul Mare del Nord. Venti freddissimi, gelidi, carichi di umidità che ti entrano fino al midollo, che ti fanno barcollare con la loro violenza, che sembrano quasi urlare, coprendo ogni altro rumore.
Vorrei vedere e sentire i
freddi venti antartici, e il
ghibli del deserto del Sahara. Spero di poterlo una volta fare.
Ieri, 25 aprile, ho lavorato, visto che in Svizzera non è festa.
Mi sono alzato alle cinque, ho attraversato la città completamente deserta, addormentata, quasi metafisica nella sua mancanza di vita. Ho avuto una giornata lavorativa molto impegnativa. Sono ritornato la sera, in uno strano stato di dissociazione con il resto della gente che tornava da feste o scampagnate.
Ho portato le bimbe a letto, ho cenato.
Poi ho sentito il vento, sono uscito fuori e mi sono acceso il sigaro.
È stato il mio personalissimo modo di festeggiare.