Uscirà in primavera il nuovo libro di Andrea Vitali:Almeno il cappello.
«Ho il cassetto pieno di storie alla Buzzati. E sto lavorando su un naufragio»
Toglietegli tutto, ma non il suo lago. Facendo il verso a una nota pubblicità potrebbe essere questa l' essenza di Andrea Vitali e il segreto del suo successo. Il 52enne scrittore e medico di base a Bellano, sul lago di Lecco, sarà sabato 23 agosto (ore 21, ingr. libero) tra gli ospiti della giornata inaugurale di «Parolario». Il romanzo con cui si è fatto conoscere è «Una finestra vistalago» (2003), premio Grinzane Cavour, poi sono venuti i best seller «La signorina Tecla Manzi», «La figlia del podestà» (Premio Bancarella), «Olive comprese» e «La modista». Perché continua a fare anche il medico? «È il mio modo di toccare l' umanità. Mi permette di incontrare molte persone. Capisco al volo chi viene da me per farsi misurare la pressione e chi è lì per raccontarmi una storia. Ascolto le chiacchiere della gente e mi viene l' idea per un personaggio o una situazione». Quando scrive i suoi romanzi? «Sono uno che la sera va a letto presto e si alza all' alba. La mattina è il momento in cui la scrittura rende di più. Ho uno studio con i libri in ordine sugli scaffali e una scrivania incasinata. Fogli e matite dappertutto. Lavoro nel silenzio e in penombra, alla luce arancione di una lampada stile Liberty. C' è una finestra sul lago, ma per non farmi distrarre accosto le persiane». Scrive a mano? «Sempre. E uso matite di cui sono un collezionista, ne ho centinaia. Poi trascrivo al computer, rivedo e taglio. Fino a non molto tempo fa usavo la macchina da scrivere, non ho confidenza con la tecnologia. Però ora so perfino inviare una mail!» Anche con la città non ha un buon rapporto. «Non mi interessano i circoli letterari, non mi sento un intellettuale. Quando studiavo a Milano, prendevo il primo treno la mattina e l' ultimo la sera pur di non dormire in città. Non mi piace svegliarmi e avere davanti agli occhi palazzi, macchine. Insomma ho bisogno del mio "toc de lac", del mio pezzo di lago». Il suo rapporto con Manzoni? «A scuola non lo sopportavo. Poi un' estate mi è capitato tra le mani "I promessi sposi" e mi ha fulminato, è formidabile. Così come Sciascia: grande scrittore e grande uomo. Un libro che rileggo spesso è "I viceré" di De Roberto». Se non fosse nato qui avrebbe fatto lo scrittore? «Potessi scegliere dove rinascere, vorrei la Sicilia. Ma sono convinto che sarei arrivato alla scrittura anche per altre strade. I miei esordi sono con storie surreali, buzzatiano, o alla Borges. Ne scrivo ancora, poi finiscono in un cassetto. Dovrei riprenderle in mano e vedere se valgono la pubblicazione». È esigente con se stesso? «Se una storia mi piace mi incaponisco. In macchina ripeto a voce alta i dialoghi per vedere se girano. Ho una bella storia: un naufragio sul Lario nell' Ottocento. Ma ancora non esce come dovrebbe». Sarà il prossimo romanzo? «Forse quello dopo. Il prossimo uscirà in primavera e si intitola "Almeno il cappello", storia inventata di come è nata la banda del paese». A Parolario sarà come autore dell' audiolibro "Un amore di zitella" (in uscita per Emons)... «Esperienza divertente. All' inizio ero preoccupato, credevo di recitare. Invece mi hanno chiesto di leggere e così ho fatto. Non ho voluto riascoltarmi, sarà una sorpresa anche per me» e poi farà un recital con il gruppo Sulutumana «Un varietà con musica e parole. Una serie di sketches con aneddoti raccolti grazie al mio mestiere di medico di base, una cosa tipo "Ai confini dell' ambulatorio"».
A novembre dovrebbe uscire il suo primo giallo" Dopo lunga e penosa malattia".