Mann, Thomas - I Buddenbrook

evelin

Charmed Member
Sono particolarmente legata a questo bellissimo romanzo di Thomas Mann, letto alle superiori, riletto in seguito, mi e' rimasto particolarmente impresso.
Sottotitolo del romanzo e' Decadenza di una famiglia racconta la storia di un' agiata famiglia di commercianti di Lubecca, seguita attraverso quattro generazioni.
Pubblicato a Berlino nel 1902.

La vicenda ha inizio nel 1835 con il sontuoso pranzo, che i Buddenbrook, raccolti intorno al patriarca Johann, offrono a parenti e amici in occasione del loro insediamento nella nuova casa, uno splendido palazzo simbolo di un traguardo economico raggiunto e di nuove, maggiori ambizioni.
Sono presenti tre generazioni della famiglia: i nonni, fondatori della fiorente impresa commerciale, il figlio Jean, console della città, con la moglie, e i loro fIgli Thomas, Christian, e Tony.
Le fortune della famiglia aumentano, Johann "junior" diventa console dei Paesi Bassi, Thomas senatore. Lo stesso Thomas acquista una nuova sede ancora più prestigiosa. Ma i germi della decadenza, dapprima presenti come inespresso male oscuro, diventano via via più evidenti e l'immagine di stabilitÃà iniziale incomincia ad incrinarsi quando Jean, pervaso da una dolente religiosità. succede al padre.
Ma è soprattutto con i figli di Jean che si profila l'irreversibile decadenza dei Buddenbrook. Thomas, il maggiore, che assume la direzione dell'impresa, sente affiorare in sè un'oscura malinconia che si sforza di mascherare con un con contegno freddo e razionale. Christian, inetto e nevrotico, con velleità artistiche, dissipa il patrimonio e finisce per impazzire in un sanatorio. Tony, la giovane sorella, nonostante il fallimento dei suoi due matrimoni, è l'unica che riesca ad affrontare delusioni e rovesci con l'orgoglio tipico dei Buddenbrook....
 
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elisa

Motherator
Membro dello Staff
anche questo è uno di quei libri da leggere. Racconta poi un pezzo di storia moderna che ha condizionato il futuro assetto del mondo. libro bello e importante
 
Finito una settimana fa.....stupendo.

La cosa che pervade tutto il libro è la irriediabilità del destino (almeno economico) dei protagonisti:a differenza de "I Malavoglia" non c'è un evento un affare che rappresenta il "dies a quo" della rovina......sembra che la liquidazione della premiata Ditta Buddenbrook & C. sia "naturale".

Al tracollo economico corrisponde una discesa anche nella scala sociale......e Tony, esponente femminile del clan, rappresenta l'ostinato desiderio di non accettare il destino fatale che attende la sua famiglia.

Sicuramente da leggere.
 
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mandri

New member
L' ho finito proprio oggi di leggerlo.
E' abbastanza lungo, però non dispiace: l'ho trovato molto scorrevole, anche perchè durante la storia la famiglia dei Buddenbrook è sempre colpita da imprevisti tali da far "mischiare le carte in gioco".
Devo dire comunque, per quanto riguarda la famiglia, che bisogna essere parecchio sfortunati per meritarsi una tale fine: ci vedo un pò di pessimismo nella scrittura di Mann.
 

Elena.90

Curly member
Devo dire comunque, per quanto riguarda la famiglia, che bisogna essere parecchio sfortunati per meritarsi una tale fine: ci vedo un pò di pessimismo nella scrittura di Mann.

Se i romanzi narrassero le vicende di gente fortunata non si venderebbero ;)

Cmq è vero, il povero Thomas non è mai molto allegro :)
Sarà il peso di essere nato con il dono dell'Arte in una società borghese dominata dall'austerità e dal pragmatismo...
 

Dorylis

Fantastic Member
L'ho finito di leggere ieri.. Per colpa degli esami ho dovuto lasciarlo a più riprese, quindi non è stata una lettura continuata e di questo mi dispiace motissimo.. Per prima cosa devo dire che mi è piaciuto moltissimo, è un capolavoro considerata anche la giovane età in cui Mann l'ha scritto. E' caratterizzato inoltre da una prosa sontuosa e sicuramente di grande impatto e da uno stile impeccabile che accompagnano gli stessi personaggi per tutto il corso della storia. Il bello del libro è proprio questo: l'evoluzione dei protagonisti, prima giovani e poi vecchi e stanchi, in preda alle crisi esistenziali, è ottimamamente presentata, tanto che mi ha colpito molto questo variare progressivo dell'atmosfera del romanzo che si incentra su toni sempre più drammatici che culminano alla fine con la morte del figlio. Notevole l'introspezione psicologica dei personaggi, alla fine del libro è evidente che la vostra "simpatia" andrà a Thomas, ma come dice nelle ultime parti del libro quando si è sul punto di morire, una conquistata gioia di vivere può portare a uno smarrimento ben più profondo e in questo Mann è molto contemporaneo.
 

swann

New member
Capolavoro di grande spessore. E' effettivamente un pò pesante ma gli sforzi sono ampiamente ripagati. Il finale è stupendo, Hanno Buddenbrook è indimenticabile e incarna l'uomo debole dotato di temperamento artistico che Mann ha approfondito anche in altri romanzi (ad esempio Tonio Kroger).

Uno dei miei passi preferiti è quando Thomas osserva, invidiandola, la superficialità della sorella Tony:

“Da che era al mondo, quella fortunata creatura non aveva mai dovuto mandar giù e digerire in silenzio il minimo dispiacere. Non aveva mai taciuto a lusinghe e offese che le venissero dalla vita. Tutto, ogni gioia e ogni dolore, ella lo aveva rimesso fuori in un torrente di parole banali e puerili, del tutto sufficienti al suo bisogno di sfogarsi. Il suo stomaco non era più perfettamente sano, ma il suo cuore era libero e leggero, lei stessa non sapeva a qual punto. Nulla d’inespresso la consumava dentro, nessuna esperienza taciuta la opprimeva. Perciò ella non portava il peso del suo passato. Sapeva di aver avuto vicende movimentate e difficili, ma esse non avevano lasciato in lei né stanchezza né affanno, e, in fondo, quasi non ci credeva”.
 

MCF

New member
I Buddenbrock

Bellissimo, non saprei dire quante volte l'ho riletto. Descritti magistralmente i personaggi e le situazioni.
 

elena

aunt member
Un romanzo stupendo, possente e ricco come riescono ad essere solo i veri capolavori.

Mi è piaciuto moltissimo il passaggio dall’analisi generale della famiglia Bundebrook, intesa quasi come un’entità compatta in cui si fondono le diverse personalità degli individui che la compongono, a un’analisi più introspettiva dei singoli personaggi, in cui ognuno rivela un mondo interiore il più delle volte dissonante rispetto a quello esteriore mostrato. E il passaggio dal sociale all’introspettivo coincide con la decadenza di questa famiglia: nel momento in cui il singolo riconosce il totale senso di vacuità e inadeguatezza della propria persona rispetto ai risultati attesi necessariamente si determina un declino, non solo economico (per l’incapacità di adattarsi ai tempi mutati) ma soprattutto etico, di tutta la casata.
Bellissime le pagine in cui Thomas, il senatore, fa un bilancio della sua vita e manifesta tutta la frustrazione di un uomo costretto a mettere continuamente una maschera per mostrarsi al mondo, non solo in società ma anche nell’ambito della sua famiglia, annientando qualsiasi desiderio o aspirazione che non fosse in linea con il modo di agire dei Bundebrook. Indimenticabili i processi mentali del giovane Hanno, introverso, timido e sensibilissimo, incapace di superare le paure interiori ed affrontare il mondo esterno : del tutto privo, quindi, delle doti necessarie per proseguire l’attività commerciale paterna.

E’ il classico libro che, una volta terminato, lascia nel lettore un generale senso di appagamento e la necessità di collocarlo nel gruppo delle opere “da rileggere” :).
 

Mizar

Alfaheimr
Mi unisco ai corifei in elogio al libro, prima di tutto.

Non son d'accordo con chi ha ravvisato una sorta di declino "naturale" nella famiglia. Son piuttosto d'accordo con elena:

E il passaggio dal sociale all’introspettivo coincide con la decadenza di questa famiglia: nel momento in cui il singolo riconosce il totale senso di vacuità e inadeguatezza della propria persona rispetto ai risultati attesi necessariamente si determina un declino, non solo economico (per l’incapacità di adattarsi ai tempi mutati) ma soprattutto etico, di tutta la casata.
La decadenza è in ciò. Nell'incapacità di adattarsi al rampante capitalismo senza scrupoli e senza un'etica radicata nella tradizione (anseatica, ovviamente). La "Famiglia" non trova più se stessa. I protagonisti non si riconoscono più allo specchio della società. Non si vede futuro, non ci si ri-trova più in ciò che era la vecchia Germania del Nord. Oltre la linea tracciata da Hanno pare esserci il nulla.
Tematiche che Mann svilupperà poi nei lavori successivi in modo, ancora, geniale. Chi ha Letto La Montagna ed il Doktor mi capirà.

Son d'accordo anche con chi altri (Dorilys) ha messo in evidenza le grandi capacità dello scrittore: la perfezione stilistica e formale.

Qualcun altro ha scritto di un Thomas non molto allegro. Non sono d'accordo. Almeno non del tutto. Le opere di Mann sono spesso apparentemente pessimistiche e cupe. Ma rivelano sempre, specie le ultime, un fondamentale ottimismo ed un grande amore per l'uomo, per l'umano - come scrisse lui stesso - per il "sempre umano". Ce lo ricorda il finale schubertiano della Zauber, quello del Tonio, il lume dodecafonico del Fustus, la grotta oltre i tempi di Giacobbe...
 
Promosso a pieni voti... Mi dispiace di non averlo letto prima... :YY :YY


P. S. C'è un scrittore croato, Miroslav Krleza, tradotto in italiano, ma poco conosciuto, con la sua trilogia I signori Glembay (scritte nella forma di dramme) che ha descritto nello stesso modo la decadenza di una famiglia borghese, e si tratta anche dello stesso periodo... non mi permetterei di dire che ha copiato da Mann, le diferenze ci sono, e poi anche parrechie, però, se vi è piacuto Mann, può darsi potrebbe piacervi anche Krleza :wink:
 

fabiog

New member
Il primo aspetto che mi ha colpito mentre leggevo questo romanzo è la precisione, la bellezza con cui Mann descrive la società dell'alta borghesia nella Germania degli anni in cui si svolge la vicenda. L'abilità deriva dalla stessa vita di Mann, che nacque in una benestante famiglia borghese e questa esperienza di vita è ben rappresentata
dalla descrizione delle feste, delle cene, ma anche da eventi come matrimoni e funerali.
Nello scorrere delle vicende della famiglia Buddenbrook i valori della tradizione famigliare, del lavoro e dell'eleganza sono centrali e sono splendidamente raffigurati nel personaggio di Thomas Buddenbrook. Thomas è la prima grande figura manniana, un personaggio che fino all'ultimo cerca di tenere unita la famiglia e la ditta sacrificando anche se stesso; splendide sono le pagine che descrivono gli ultimi momenti della vita di Thomas, il risveglio della coscienza, la voglia di poter mollare tutto, ma nel contempo la consapevolezza di essere l'ultimo rappresentante di una società , se non di un mondo e di doverlo difendere fino in fondo.
Diversa è la figura di Antonie, una figura che, fino all'ultimo, conserva una grande vitalità, ma che è anche quella che è la più lontana dalla riflessione, dalla coscienza critica e dall'azione corrosiva dello " spirito".
Più debole, anzi pagliacciesca la figura di Christian, mentre in Hanno si ha il totale dominio dello spirito sulla coscienza civile e sociale, segnando la fine della famiglia.
Il romanzo si dipana cosi su due piani : quello più intimo dei protagonisti e del contrasto tra spirito e vita e, come detto sopra, quello dell'ambiente sociale con la fine di un epoca e l'inizio di quella di una nuova borghesia meno raffinata, meno di classe rappresentata dalla famiglia Hagenstrom.
Un romanzo splendido, in molti tratti, secondo me, biografico, fondamentale per capire i passaggi sociali, ma anche la futura opera manniana
 
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pigreco

Mathematician Member
Da amante delle saghe familiari non posso che dare un voto alto (4) a questo bellissimo romanzo. Non ha i ritmi delle saghe novecentesche nè le magiche atmosfere di Marquez o dell'Allende. Però ha un peso specifico (in senso positivo) davvero notevole.
 

ayuthaya

Moderator
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“In fin dei conti tu non appartieni solo a te stesso”

La mole? l’autore? il fatto che si trattasse di una saga familiare e perciò stesso priva, solitamente, di una trama molto forte? Non so per quale ragione ero convinta che I Buddenbrook si sarebbe rivelato un libro bello, ma “pesante”... e invece, in questa previsione, sono stata smentita sin dalle primissime pagine!

Ho trovato subito il ritmo intenso e la narrazione scorrevole, e questo soprattutto grazie alla caratterizzazione vivace e molto marcata dei personaggi principali (Tony, Thomas e Christian, ma anche il padre e il nonno e , nell'ultima parte del libro, il piccolo Hanno).
Ho notato che Mann pone molto attenzione al modo in cui vengono rappresentati: ogni parola, ogni gesto, è un “tratto saliente”, direi quasi autoreferenziato... Si potrebbe pescare a caso una frase - la descrizione di un atteggiamento o la trascrizione di un pensiero - e sono quasi certa che riusciremmo subito a indovinare a chi appartiene! L’autore sceglie di ricorrere spesso alle stesse espressioni per caratterizzare un personaggio, anche a distanza di anni o in situazioni molto differenti fra loro, in un gioco di rimandi che è molto significativo, in quanto evidenzia l’effettiva “immobilità” dei Buddenbrook, vera causa della loro rovina. Non per niente l' associazione a un gesto (molto simile a una “condanna”) è tipica delle divinità classiche , le quali –prigioniere della loro immobile eternità – venivano identificate sempre nello stesso modo.
L’esempio lampante (e anche il più divertente) è quello di Tony, che, ogni qualvolta si trova a dover fronteggiare una situazione difficile mostrando allo stesso tempo la sua estrema “dignità”, “butta indietro la testa, cercando tuttavia di premere il mento contro il petto”.

Ma quello che ho apprezzato ancora di più (e legato in qualche modo a questo discorso), è la relazione strettissima fra l'individualità del singolo personaggio (la sua “sfera personale”, che traspare appunto nel modo di parlare, muoversi, gesticolare...), le sue scelte (nelle quali -volente o nolente- entra in gioco il nome della “famiglia”, con tutto il suo fardello di responsabilità, aspettative, principi indiscussi e indiscutibili...) e il contesto sociale e politico nel quale il personaggio e la famiglia sono inseriti. E il bello è che ognuno dei protagonisti ha un modo tutto suo di interpretare questi tre “ruoli”...

Tony rappresenta la consapevolezza e lo sforzo di mantenere alto l’onore della famiglia e, a ben vedere, è la “Buddenbrook” per eccellenza. Dopo aver represso dentro di sè un timido tentativo di seguire il proprio cuore (repressione che non le richiede neanche troppo sforzo, poichè innata in lei è la consapevolezza del proprio valore, un senso di solenne importanza che la fa sentire responsabile di tutto) , Tony sembra fare proprio il monito del padre “non siamo creature disgiunte, indipendenti e isolate, ma gli anelli di una catena...

Christian è l’immancabile “pecora nera”, il pesce fuor d’acqua, l’artista mancato... La sua figura si contrappone a quella del fratello, perfetto borghese (benchè non privo di contraddizioni, anzi...), in quanto del tutto incapace di dominare la propria interiorità, come si esige da una persona “rispettabile”. Bellissimo il passaggio in cui Thomas parla di lui alla sorella Tony:
Gli manca qualcosa, quello che si chiama l'equilbrio, l'equilibrio personale. (...) Qualche volta fa paura. Non è forse come uno che parla nel delirio della febbre? A chi delira mancano, proprio nello steso modo, contegno e riserbo... Oh, la cosa è molto semplice: Christian si occupa troppo di sè, di quel che accade dentro.
E più avanti: Ci saranno sempre uomini autorizzati a interessarsi così di se stessi, a osservare con la massima attenzione quel che sentono: i poeti, che sanno esprimere con sicurezza, con bellezza, la loro privilegiata vita interiore, e in questo modo arricchiscono il mondo sentimentale dell’altra gente.
Christian non ha questo dono: è un poeta fallito, un pagliaccio...

Ma il vero protagonista - insieme a Tony, con cui condivide la pesante eredità della famiglia, seppur con esiti così diversi- è Thomas. Paradossalmente è lui - l’uomo brillante, di successo, che ha raggiunto obiettivi mai toccati e conferito a se stesso e alla ditta un immenso prestigio - l’incarnazione della crisi e poi della rovina che investe tutta la famiglia, simbolo a sua volta di un’intera classe sociale. La sua figura è davvero affascinante... ci si potrebbe scrivere sopra pagine e pagine!!!
Thomas è, come Tony, perfettamente conscio dell’importanza del suo ruolo, ma – rispetto a lei – ha una natura più tormentata, più problematica... A lui non basta “sentirsi nobile”: sa che la legittimità del suo potere non è un diritto, ma una conquista da difendere giorno dopo giorno. Riporto uno dei passaggi secondo me più belli e significativi di tutto il libro:

Che cos’è il successo? Una forza segreta e indescrivibile, avvedutezza, prontezza... la consapevolezza di esercitare con la mia sola presenza una pressione sull’andamento della vita intorno a me... La fede nell’arrendevolezza della vita in mio favore... Appena qualcosa comincia ad allentarsi, a rilassarsi, a stancarsi, subito quel che è intorno a noi si libera, reagisce ostile, si ribella, si sottrae al nostro influsso... Allora colpo segue colpo, una sconfitta tira l’altra, e si è finiti.

Thomas si rende conto che il germe del dubbio che spesso lo divora (“ma lui aveva il diritto di esprimere quel concetto, di prenderlo in considerazione, anche solo di farselo venire in mente? Poteva forse immaginare suo padre, suo nonno, uno qualunque dei suoi concittadini, in atto di riflettere su un concetto del genere e di formularlo?”) è già di per sè portatore di malattia... Anzichè cogliere il potenziale di questo nuovo “spirito”, egli cerca con tutte le sue forze di cristallizzare l’eredità dei suoi padri, trasformando la sua vita e se stesso in una sterile “rappresentazione”.
Io credo che, se un sintomo (non certo la causa) si deve trovare della decadenza della famiglia Buddenbrook, questo sia da cercare proprio nel carattere di Thomas, incapace – come faceva suo nonno– di restare “saldo e privo di dubbi nella sua professione” o – come faceva suo padre – di affidarsi alla Provvidenza Divina come garanzia di successo, e allo stesso tempo non abbastanza forte da comprendere e adattarsi ai cambiamenti in atto per volgerli a proprio favore. In questo senso il senatore Buddenbrook è il vero “fallito”, ancor più del fratello Christian, che non si è mai riconosciuto nei valori tramandati dalla famiglia.

Davvero bello questo libro... Compatto, coerente, con passaggi introspettivi davvero notevoli (ne ho riportati alcuni, ne ho sottolineati molti di più!!!).
A costo di allungarmi ancora un po’, chiudo con questo pezzo secondo me bellissimo (e anche molto indicativo della natura del protagonista)... A parlare è ancora una volta Thomas, che si rivolge a sua sorella:

Sempre più ho imparato ad amare il mare... forse un tempo preferivo la montagna, perchè era così lontana. Adesso non ci tornerei. Credo che avrei paura e vergogna. É troppo capricciosa, troppo irregolare, troppo multiforme... Sicuro, mi sentirei soccombere. Quali sono gli uomini che preferiscono la monotonia del mare? A me sembra che siano quelli che hanno visto troppo a lungo, troppo a fondo nel groviglio delle cose interiori, per non cercare in quelle esteriori una cosa sola: la semplicità...
(...) Occhi sicuri, caparbi, felici, audaci, fermi e coraggiosi, vagano di vetta in vetta; ma sulla vastità del mare, che con questo mistico e snervante fatalismo srotola le sue onde, sogna uno sguardo velato, sapiente e disincantato, già profondamente entrato in dolorosi intrighi... Salute e malattia, ecco la differenza. Si scala arditamente la meravigliosa molteplicità delle cime frastagliate, delle vette e dei dirupi, per mettere alla prova la propria energia vitale, non ancora consumata. Ma si cerca riposo sulla vasta semplicità delle cose esteriori, stanchi dei grovigli di quelle interiori.
 
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Grantenca

Well-known member
Anch'io devo farti i complimenti Ayuthaya per il tuo bellissimo commento e le tue giustissime considerazioni. Il romanzo è bellissimo e scritto in modo meraviglioso. Descrive la società del tempo direi in modo fotografico.... ci sembra di vederli i personaggi, tutti. E' una saga familiare con prima la grande lunga ascesa, culminata con l'era Thomas e poi la veloce discesa in cui la fortuna si gira dall'altra parte e anche la forza e il carattere dei personaggi sono in linea con un declino che sembra quasi naturale oltre che inevitabile. Se poi andiamo a guardare i singoli personaggi la grandezza dello scrittore appare stupefacente per la precisione e la coerenza delle sue descrizioni che però non appesantiscono, anzi a mio avviso arricchiscono, la linea narrativa del romanzo. Questo scrittore ha scritto moltissimo e sempre ad un livello molto elevato; questo romanzo però è l'opera che più ho apprezzato.
 

isola74

Lonely member
Promosso a pieni voti!
E' un libro molto bello, pieno di sfumature e di significati. La famiglia è il nucleo centrale del racconto anche se i protagonisti effettivi sono tre: Tony, Thomas e Hanno; ciascuno con le sue debolezze e i suoi sogni a cui devono rinunciare per amore e rispetto del buon nome dei Buddenbrook. E ciascuno ne pagherà le conseguenze: Tony con una sfortunata vita privata, Thomas con un senso di inquietudine che lo accompagnerà fino alla morte improvvisa, Hanno con una delicatezza e debolezza (sia caratteriale che fisica) che lo renderà estraneo a tutti e tutto.
Come già ha detto qualcun altro, non è il declino economico la vera causa della decadenza della famiglia, ma la "crescita" sociale, il trasformarsi della società in un insieme di individualità in lotta tra loro. Un altro aspetto del romanzo che mi è piaciuto molto è la sua modernità: il racconto dei primi moti di ribellione popolari, l'ingresso nell'unione doganale che avrebbe dovuto portare più riccheza e più affari per tutti, mostrano come Mann sapesse leggere bene i segni dei tempi.
E poi c'è lo stile che ho apprezzato molto più qui rispetto alla Montagan incantata, uno stile elegante e capace di cogliere nel segno, di trasportari in quei salotti e farti vivere le stesse emozioni che stai leggendo. Anche se mi ha lasciato con l'amaro in bocca, Nobel meritato!
 
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