Il romanzo si apre con un incipit poco chiaro: una donna di trentun anni si presenta, dice di essere un’assistente che dopo alcuni smessi avrà smesso di fare il suo lavoro. E inizia a commentare questa sua affermazione, inserendo un paio di termini che saranno i pilastri del romanzo, senza spiegarne da subito il significato. A questo punto, iniziano le narrazioni di Kathy, la voce narrante, che ci immerge in un’atmosfera molto calorosa: quella di un collegio in cui vivono e crescono studenti che la copertina Einaudi del libro ci dice non essere orfani ma non avere genitori. Sono bambini che crescono insieme, condividono l’infanzia, poi l’adolescenza e i primi passi verso la vita adulta. Il collegio è Hailsham, parola chiave del romanzo: rappresenta in primis l’ambientazione nelle campagne inglesi, ma soprattutto il fondamento dell’intera storia, ovvero la vita dei protagonisti, la loro educazione, la loro natura, i misteri celati, i tutori, i Grandi Incanti. È di Hailsham che la protagonista torna sempre a narrare, in un flashback che fa vivere la storia e il lettore all’interno di essa. Non posso e non voglio essere troppo esplicita, perché la distopia su cui si basa il romanzo viene svelata gradualmente tramite le vicende dei tre amici Kathy, Ruth e Tommy. Posso dire che è un’idea originale, e questo lo apprezzo sempre negli scrittori contemporanei, in particolar modo qui, che Ishiguro disegna una società obiettabile, in cui si mescola l’umano col disumano, ma in cui fondamentalmente è sempre un sentimento d’amore a regnare.