Nuovo Cinema Paradiso è tutto sommato un buon film, largamente autobiografico, degno dei premi vinti recentemente a Bari. Tornatore si conferma un bravo assimilatore - i suoi modelli sono qui Amarcord di Fellini e il melò più patetico - che rimpasta con sue personali invenzioni la leggenda del cinema, ne celebra la mitologia con un'accurata ricostruzione dei rituali, e sa raccontare il ritratto di quell'amicizia tra Alfredo e Totò sullo sfondo d'una malinconia, ironica e affettuosa, molto pungente. Il suo film non è per i palati che pretendono capolavori. Come la rievocazione del paese e dei suoi costumi appartiene al bozzetto provinciale nostalgico, così le varie tappe del rapporto fra Totò ed Elena tradiscono il gusto del fotoromanzo. La qualità dell'immagine e la misura del narrare, che è quanto più conta, sono però rimarchevoli, e se si eccettua il ritrovarsi fra i due ex innamorati, di cui lo spettatore più esigente avrebbe probabilmente fatto a meno, e quel certo piagnucolio serpeggiante nella seconda metà, il film è assai godibile. Ha scene divertenti, personaggi pittoreschi, ambienti che sembrano ritagliati nell'irrealtà della memoria (la piazza su cui nasce il Cinema Paradiso, trovata nel paese di Palazzo Adriano), più d'uno scorcio storico è attendibile, i classici del divismo che passano durante il film sono i chicchi d'un rosario recitato in omaggio a Renoir, a Ford, a Visconti, a Germi, a Matarazzo, al principe De Curtis, a tanti altri sovrani del Mito, e al popolo dei fedeli che ne celebrava il culto.
Giovanni Grazzini, da Il Messaggero