Meneghello, Luigi - Libera nos a Malo

zaratia

Sideshow
Ho letto questo libro poco prima della morte dell'autore. E' un libro romantico, che mi ha fatto vivere l'atmosfera di un paesino veneto del primo dopoguerra...

Descrizione:

"Libera nos a malo" è la presentazione della vita e della cultura di Malo, un paese della provincia vicentina, negli anni Venti e Trenta, ricreata, con un misto di nostalgia affettuosa, di distacco ironico, e di rigorosa intelligenza, dall'autore ormai adulto. Attraverso il microcosmo di Malo viene fissata e trasmessa compiutamente al futuro la vicenda di tutta la nostra società, nel breve periodo in cui passa da una statica e secolare civiltà contadina alle forme più avanzate della modernità, la vicenda addirittura di tutto il nostro mondo con le fratture che hanno segnato la sua precipitosa evoluzione."

Lo consiglio anche ai non veneti...
 
Il libro è molto ironico e contiene molti spunti interessanti soprattutto per quanto riguarda l'uso del dialetto.

Purtroppo la narrazione è molto (troppo) frammentata e ciò si ripercuote sulla fluidità del testo.
 

legionofdoom

New member
Il libro è abbastanza divertente, però secondo me lo si apprezza appieno solo se si capisce il dialetto veneto altrimenti immagino che la lettura diventi difficoltosa se non frustrante.
 

darida

Well-known member
Molto bello, tuttavia concordo anch'io sulla lettura forzatamente frammentaria, a meno di non essere padroni del dialetto, e considerata anche l'intenzione dell'autore di non snaturarlo, a volte per me è stato ostico comprendere a fondo certi passaggi, anzi, credo che qualcosa mi sia proprio sfuggito :boh: e me spiase; lo spaccato di provincia è uno dei generi che preferisco, mi rincresce perdere anche la più piccola sfumatura :)
 

ambruz89

Smiling member
letto molto molto a fatica per l'università (corso di letteratura italiana, il mondo di provincia)..secondo me per apprezzarlo andrebbe letto più volte, perchè a tratti è parecchio pesante.
 

Masetto

New member
Finito ieri. Questo libro mi ha lasciato perplesso. Alcuni capitoli sono molto interessanti (specie quelli sulla mentalità popolare secondo me), certi passaggi divertentissimi, qualcuno poetico, ma a che cosa puntasse di preciso Meneghello proprio non l’ho capito.
L’opera sembra risentire molto dello sperimentalismo in voga negli anni ’60. La narrazione non è ordinata cronologicamente o per temi, ma secondo il flusso memoriale dell’autore, con passaggi anche bruschi da una situazione all’altra, cosa che talvolta appesantisce la lettura. In più Meneghello da’ per scontate molte cose, quasi stesse rivolgendosi esclusivamente ai suoi amici che già ne sono informati: parla delle contrade di Malo come se tutti dovessimo conoscerle e di diversi episodi omette gli antefatti e/o l’indicazione del contesto. Per esempio nella prima scena non dice chi sono i protagonisti (si capisce che sono dei bambini, ma chi di preciso?), dove si trovano esattamente e soprattutto perché sono insieme in quel momento. Ma in questo senso l’elemento più notevole è la lingua. Nelle note Meneghello dice di aver usato l’italiano affinché il libro fosse comprensibile a tutti, ma all’atto pratico adopera un sacco di parole in dialetto senza tradurle, nemmeno nelle note. E non sono parole che si capiscano comunque, a meno che uno non sia proprio di Vicenza e abbastanza vecchio. Da tutto ciò, il romanzo risulta ostico in più punti, e in alcuni del tutto oscuro.
In più parecchi episodi sono banali o senza mordente, quasi che l’autore si sia abbandonato al piacere di ricordare, perdendo di vista in più di un’occasione l’interesse di chi legge. Più in generale si direbbe che in lui vi sia una certa sprezzatura per il lettore semplice, che abbia voluto piuttosto stare al passo coi tempi facendo una sorta di antiromanzo, con le tecniche del pastiche, del flusso di coscienza, dell’ironia colta, della citazione insistita. Ma la materia e lo stile non mi sembrano sempre all’altezza, per cui il libro è nel complesso un po’ pesante.
 

Dorylis

Fantastic Member
E' un libro molto bello, ma ho faticato un po' a procedere per due motivi, il primo è l'uso di espressioni dialettali molto specifiche che io pur essendo veneta non ho sempre compreso fino in fondo (e mi dispiace! :MM), il secondo è che la materia narrativa è molto frammentata, i ricordi del protagonista non seguono un ordine logico ma sono un po' accatastati alla rinfusa. Stupendo il ritratto della società rurale del dopoguerra, scoprire tutti quegli usi e costumi che ora sembrano così superati, quella dimensione collettiva del vivere civile.. Interessante anche il confronto fra la lingua e il dialetto, come quest'ultimo rappresenti la dimensione della quotidianità mentre la lingua adatta solo alle situazioni seriose e formali.
Abbiate un po' di pazienza, perchè merita! Consiglieto! 4/5
 
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