elena
aunt member
Ho terminato da poco la lettura di quest’opera complessa e articolata, frutto di un lavoro di una vita (Goethe ha lavorato alla sua stesura per un arco temporale di circa sessant’anni).
E’ un vero capolavoro, nel senso letterale del termine, e come tutti i capolavori si presta a diversi livelli di lettura ed approfondimento: per analizzarla a fondo ritengo sia necessario uno studio approfondito, corredato da diversi saggi critici, anche per tentare di cogliere ed interpretare i diversi significati simbolici e le innumerevoli figure reali, mitologiche o religiose che popolano il testo. In pratica, per comprendere a fondo il “Faust” servirebbe il lavoro di una vita, così come è stata necessaria una vita per poter realizzare questo monumentale testo.
L’opera è in ogni caso stupenda e riesce a coinvolgere ed appassionare fino all’ultima pagina.
Faust, personaggio storico ampiamente ripreso e mitizzato dalla letteratura tedesca, viene dipinto da Goethe come un uomo che stringe il patto con il diavolo per un’insaziabile sete di conoscenza, un immenso desiderio di superare anche i limiti umani del sapere. Per molti autori il mito di Faust viene utilizzato come un ammonimento sui rischi di voler penetrare e svelare, con la ragione e la scienza, i segreti più profondi del mondo o di voler a tutti i costi raggiungere il potere o la fama. Come Adrian Leverkuhn, il protagonista del Doctor Faustus di Thomas Mann, che paga in prima persona la sua sconfinata ambizione, sfociata, per una libera fantasia dell’autore, nella creazione della musica dodecafonica: ma l’opera di Mann riflette un’epoca particolarmente drammatica e, quindi, la figura del Faust rappresenta proprio l’elemento per rinnegare i falsi miti e ideali che hanno permesso questa tragedia dell’umanità.
In Goethe, invece, Faust è l’elemento per affermare il diritto dell’individuo a conoscere tutto, il divino e l’umano, assaporando tutte le passioni (dai più sfrenati piaceri ai sensi di colpa e rimpianti) e vivendo in un’illusoria situazione di onnipotenza, garantita dal patto con il perfido Mefistofele; ma è proprio quest’ultimo che esce perdente dal malefico accordo. La sete di infinito di Faust è così vasta che non si lascia imbrigliare in un attimo contingente anche se piacevole: il piacere, conosciuto a fondo così come il dolore, non è mai tale da desiderare che non trascorra mai. Ed è proprio questa mancanza di attaccamento ad un singolo momento della vita che impedisce a Mefistofele di possedere l’anima di Faust.
Bellissima la parte che riporta il dramma di Margherita, la giovane popolana sedotta da Faust, che espierà con la morte la colpa di aver distrutto il suo mondo, i suoi valori e i suoi affetti e che tornerà ad essere protagonista della scena nel finale dell’opera, come guida nel processo di purificazione e ascesa dell’anima di Faust.
Un’opera decisamente da leggere.
E’ un vero capolavoro, nel senso letterale del termine, e come tutti i capolavori si presta a diversi livelli di lettura ed approfondimento: per analizzarla a fondo ritengo sia necessario uno studio approfondito, corredato da diversi saggi critici, anche per tentare di cogliere ed interpretare i diversi significati simbolici e le innumerevoli figure reali, mitologiche o religiose che popolano il testo. In pratica, per comprendere a fondo il “Faust” servirebbe il lavoro di una vita, così come è stata necessaria una vita per poter realizzare questo monumentale testo.
L’opera è in ogni caso stupenda e riesce a coinvolgere ed appassionare fino all’ultima pagina.
Faust, personaggio storico ampiamente ripreso e mitizzato dalla letteratura tedesca, viene dipinto da Goethe come un uomo che stringe il patto con il diavolo per un’insaziabile sete di conoscenza, un immenso desiderio di superare anche i limiti umani del sapere. Per molti autori il mito di Faust viene utilizzato come un ammonimento sui rischi di voler penetrare e svelare, con la ragione e la scienza, i segreti più profondi del mondo o di voler a tutti i costi raggiungere il potere o la fama. Come Adrian Leverkuhn, il protagonista del Doctor Faustus di Thomas Mann, che paga in prima persona la sua sconfinata ambizione, sfociata, per una libera fantasia dell’autore, nella creazione della musica dodecafonica: ma l’opera di Mann riflette un’epoca particolarmente drammatica e, quindi, la figura del Faust rappresenta proprio l’elemento per rinnegare i falsi miti e ideali che hanno permesso questa tragedia dell’umanità.
In Goethe, invece, Faust è l’elemento per affermare il diritto dell’individuo a conoscere tutto, il divino e l’umano, assaporando tutte le passioni (dai più sfrenati piaceri ai sensi di colpa e rimpianti) e vivendo in un’illusoria situazione di onnipotenza, garantita dal patto con il perfido Mefistofele; ma è proprio quest’ultimo che esce perdente dal malefico accordo. La sete di infinito di Faust è così vasta che non si lascia imbrigliare in un attimo contingente anche se piacevole: il piacere, conosciuto a fondo così come il dolore, non è mai tale da desiderare che non trascorra mai. Ed è proprio questa mancanza di attaccamento ad un singolo momento della vita che impedisce a Mefistofele di possedere l’anima di Faust.
Bellissima la parte che riporta il dramma di Margherita, la giovane popolana sedotta da Faust, che espierà con la morte la colpa di aver distrutto il suo mondo, i suoi valori e i suoi affetti e che tornerà ad essere protagonista della scena nel finale dell’opera, come guida nel processo di purificazione e ascesa dell’anima di Faust.
Un’opera decisamente da leggere.
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