Masetto
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Eccoci al quarto western di Sergio Leone, dopo Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo. Quei tre film, ma soprattutto il primo, segnarono in modo addirittura clamoroso, la riuscita del western all’italiana e ottennero successo dovunque, imponendosi all’attenzione anche delle platee più provvedute: per un rigore di tecnica e di stile che via via si faceva sempre più meditato ed attento. Questa volta lo stile è anche più studiato, persino più nobile, i risultati, però, nonostante un intreccio più congegnato e di largo respiro, sono di un’efficacia forse meno viva e immediata.
La storia è raccontata con particolari cure narrative, in un clima di suspense che, a tratti, parrebbe ricordare più il “giallo” che non il western: avvenimenti in apparenza immotivati, personaggi enigmatici, misteri svelati solo da ultimo, interrogativi, tensione. Con effetti drammatici precisi. Effetti minori, invece, li raggiunge la regia nel dare al racconto quel tono, quell’impeto, quel focoso calore che hanno in genere non solo tutti i western, ma che soprattutto avevano gli altri tre di Sergio Leone. Questa volta la ricercata composizione figurativa delle immagini, l’analisi lenta e minuziosa anche dei più piccoli dettagli ed una concezione intenzionalmente immobile e statica dei racconto, inceppano il ritmo dell’azione e ne frenano gli scatti e gli umori, svuotandola di quell’affanno e di quell’ansia propri a drammi di questo tipo; non sostituiti peraltro, fino in fondo, da particolari indagini psicologiche, le sole che giustificherebbero queste riflessioni, questi indugi.
Lo spettacolo, comunque, sorretto da un imponente e quasi fastoso sforzo produttivo, giunge egualmente ad imporsi all’interesse del pubblico; per merito anche di uno stuolo d’interpreti seri e decisi: il sicario del “cattivo” è addirittura Henry Fonda, che, pur dando vita ad un personaggio per lui insolito di pistolero efferato, lo disegna con l’abituale acutezza; Gabriele Ferzetti compone una salda e dura caratterizzazione di speculatore senza scrupoli; la vittima è Franco Wolff, sobrio e rigoroso; i “buoni” (alla maniera del West, s’intende) sono Jason Robards e Charles Bronson, asciutti ed esatti. Ma il numero uno è Claudia Cardinale, quasi a dimostrare che questi tipi di western “tutti d’oro” hanno bisogno ormai di avere alloro centro una star di prima grandezza: recita con passione, s’infiamma con impeto, svela toni dolorosi e severi. Notevoli, come sempre, le musiche di Ennio Morricone, dilatate spesso fino all’esasperazione degli echi del sonoro stereofonico.
Da Il Tempo
La storia è raccontata con particolari cure narrative, in un clima di suspense che, a tratti, parrebbe ricordare più il “giallo” che non il western: avvenimenti in apparenza immotivati, personaggi enigmatici, misteri svelati solo da ultimo, interrogativi, tensione. Con effetti drammatici precisi. Effetti minori, invece, li raggiunge la regia nel dare al racconto quel tono, quell’impeto, quel focoso calore che hanno in genere non solo tutti i western, ma che soprattutto avevano gli altri tre di Sergio Leone. Questa volta la ricercata composizione figurativa delle immagini, l’analisi lenta e minuziosa anche dei più piccoli dettagli ed una concezione intenzionalmente immobile e statica dei racconto, inceppano il ritmo dell’azione e ne frenano gli scatti e gli umori, svuotandola di quell’affanno e di quell’ansia propri a drammi di questo tipo; non sostituiti peraltro, fino in fondo, da particolari indagini psicologiche, le sole che giustificherebbero queste riflessioni, questi indugi.
Lo spettacolo, comunque, sorretto da un imponente e quasi fastoso sforzo produttivo, giunge egualmente ad imporsi all’interesse del pubblico; per merito anche di uno stuolo d’interpreti seri e decisi: il sicario del “cattivo” è addirittura Henry Fonda, che, pur dando vita ad un personaggio per lui insolito di pistolero efferato, lo disegna con l’abituale acutezza; Gabriele Ferzetti compone una salda e dura caratterizzazione di speculatore senza scrupoli; la vittima è Franco Wolff, sobrio e rigoroso; i “buoni” (alla maniera del West, s’intende) sono Jason Robards e Charles Bronson, asciutti ed esatti. Ma il numero uno è Claudia Cardinale, quasi a dimostrare che questi tipi di western “tutti d’oro” hanno bisogno ormai di avere alloro centro una star di prima grandezza: recita con passione, s’infiamma con impeto, svela toni dolorosi e severi. Notevoli, come sempre, le musiche di Ennio Morricone, dilatate spesso fino all’esasperazione degli echi del sonoro stereofonico.
Da Il Tempo
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