Saramago, Josè - L'anno della morte di Ricardo Reis

swann

New member
Lisbona, 1935. Muore Fernando Pessoa.
Ricardo Reis, poeta ellenista e monarchico emigrato in Brasile, nonchè uno degli eteronimi di Pessoa, ritorna in Portogallo per rendere omaggio alla tomba del suo creatore.

E' questa l'idea che fà da motore al romanzo di Saramago, a mio avviso il più bello del grande scrittore portoghese.
Reis trascorrerà il suo ultimo anno di vita aggirandosi per Lisbona come uno spettro, sconfitto.
L'antica musa Lidia ha il corpo di una cameriera d'albergo, con la quale instaura una triste relazione priva di amore.
Marcenda, giovane donna di Coimbra di cui è invece innamorato, lo respinge.
Al protagonista non resta che osservare dalla sua grigia stanza lo spettacolo di un mondo che va incontro alla dittatura.

E' stato il primo romanzo di Saramago che ho letto, grazie al quale ho conosciuto Pessoa. Chi ha già letto qualcosa di quest'ultimo lo apprezzerà particolarmente perchè Saramago espone la poetica di Pessoa attraverso lo stesso Ricardo Reis, proprio come avvenne nella realtà letteraria.
Infatti i momenti forse più suggestivi del romanzo sono gli incontri tra l'anima del poeta, morto in carne ed ossa che vaga per la città, e il protagonista Reis, vivo ed inesistente.

Concludo citando un passo:
· “…solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra le foglie e la radice”
 
Adoro Pessoa, quindi questo libro va immediatamente nella wishlist...grazie!! TUNZZZ
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Anche io è il primo romanzo di Saramago che ho letto e l'ho trovato troppo cerebrale, non sono riuscita ad entrare nello spirito del libro, mi è sempre sfuggito qualcosa durante la lettura tanto da non lasciarmi il segno. Con Saramago non ho un ottimo rapporto per cui il mio commento non fa testo.
 

swann

New member
Anche io è il primo romanzo di Saramago che ho letto e l'ho trovato troppo cerebrale, non sono riuscita ad entrare nello spirito del libro, mi è sempre sfuggito qualcosa durante la lettura tanto da non lasciarmi il segno. Con Saramago non ho un ottimo rapporto per cui il mio commento non fa testo.

Cecità ti è piaciuto?
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Cecità ti è piaciuto?

confesso che ho provato spesso ad iniziarlo e non sono mai riuscita ad andare avanti, è proprio un blocco e mi dispiace perché sono consapevole di cosa perdo. Pensa che Viaggio in Portogallo lo ritengo uno dei libri peggiori che abbia mai letto. ma non demordo, credo che Cecità sarà una delle mie prossime letture
 

elena

aunt member
Non conosco questo libro.....ma la recensione di Swann è un ottimo stimolo alla lettura ........lo aggiungo alla lista desideri :D.

Di questo autore mi è piaciuto moltissimo Cecità. La Zattera di Pietra, nonostante la genialità dell'idea, mi ha entusiasmato un pò meno. Gli altri che ho letto di Saramago (Storia dell'assedio di Lisbona e Memoriale del Convento) li ho trovati decisamente più ostici: non sono riuscita a farmi veramente coinvolgere dalle storie e ho trovato la scrittura decisamente poco scorrevole :boh:.
 

swann

New member
confesso che ho provato spesso ad iniziarlo e non sono mai riuscita ad andare avanti, è proprio un blocco e mi dispiace perché sono consapevole di cosa perdo. Pensa che Viaggio in Portogallo lo ritengo uno dei libri peggiori che abbia mai letto. ma non demordo, credo che Cecità sarà una delle mie prossime letture

Cecità è il più "commerciale" dei libri di Saramago, inteso in senso assolutamente positivo. La trama secondo me è avvincente. Se non ti piace quello vuol dire che proprio non è il tuo genere :)

Di questo autore mi è piaciuto moltissimo Cecità. La Zattera di Pietra, nonostante la genialità dell'idea, mi ha entusiasmato un pò meno. Gli altri che ho letto di Saramago (Storia dell'assedio di Lisbona e Memoriale del Convento) li ho trovati decisamente più ostici: non sono riuscita a farmi veramente coinvolgere dalle storie e ho trovato la scrittura decisamente poco scorrevole :boh:.

Anch'io ho fatto fatica con "Memoriale del Convento", forse perchè i personaggi non mi hanno appassionato così tanto.
"L'anno della morte di Ricardo Reis"e soprattutto "Cecità" sono decisamente più scorrevoli
 

El_tipo

Surrealistic member
ciao ragazzi sono nuovo di questo forum, il quale, tra l'altro, ho scoperto proprio grazie a questa discussione...ho appena finito di leggere l'anno della morte di Ricardo Reis, giusto 15 min fa. Mi è piaciuto molto si. Sarà perchè Pessoa mi intriga molto, sarà perchè non riesco a scollarmi dalla pagina quando incontro quei discorsi senza virgolette, quelle atmosfere ai limiti del surreale...
mi fa piacere che lo avete apprezzato anche voi. Adesso vado ad aprire una discussione sul libro più bello del premio nobel portoghese.
 

elena

aunt member
Sono rimasta letteralmente estasiata dalla lettura di questo libro (il più bello, tra quelli da me letti, del grande Saramago e, in generale, uno dei più belli letti ultimamente).
Già l’idea di proseguire la vita di uno degli eteronomi di Pessoa anche dopo la morte di quest’ultimo è decisamente geniale: simboleggia la sopravvivenza della poesia e dell’arte in genere (Ricardo Reis incarna l’aspetto umanistico di Pessoa) rispetto al loro artefice che, in quanto uomo, rischia con il tempo di essere dimenticato dai suoi simili.
Lo sviluppo di questo idea introduce l’aspetto surreale del romanzo caratterizzato dagli incontri tra Fernando Pessoa (morto ma esistente) e Ricardo Reis (vivo ma inesistente): i due “personaggi” si dilettano a confrontarsi su filosofia, storia e politica e i dialoghi, pur essendo profondi e accurati, sono conditi di una notevole dose di ironia, tipica di Saramago.
L’ironia permea l’intero romanzo, come, ad esempio, quando l’autore effettua un’analisi politica riportando le frasi dei giornali filo-governativi: Salazar viene dipinto come un “dittatore saggio”, in quanto “educatore saggio” quasi un padre di famiglia, che si preoccupa di dare un’istruzione minima al popolo portoghese (preoccupandosi che rimanga minima per evitare gli inutili fastidi delle persone troppo acculturate), o addirittura un esempio, un faro per gli altri paesi europei. Il sarcasmo di Saramago colpisce anche gli altri regimi totalitari di destra europei sempre attraverso un apparente inneggiamento: le acclamazioni di piazza in Italia, Germania e in Spagna sembrano testimoniare la natura quasi divina dei dittatori o meglio la strumentalizzazione della figura di Dio da parte di tali regimi finalizzata al controllo delle masse.
Ricardo Reis ha un atteggiamento apparentemente neutrale rispetto agli eventi che lo circondano, in quanto il suo personaggio simboleggia la cultura classica umanistica e un pensiero politico nostalgico, legato ancora agli ideali monarchici. Per sua stessa ammissione: “….non ha mai assistito ad un comizio politico. La causa di questa coltivata ignoranza deve essere nelle peculiarità del suo temperamento, nell’educazione che ha ricevuto, nei gusti classici verso cui è incline, in un certo pudore anche, chi conosca un po’ i suoi versi troverà facilmente la strada per una spiegazione”. Ma la guerra civile spagnola e i tumulti nel suo paese risvegliano anche in lui una piccola fiamma di curiosità: pur non passando mai dal ruolo di spettatore a quello di attore, Reis non può fingere di non vedere o non riconoscere la vacuità delle parole…… si sente, così, straniero nel suo stesso paese e sempre più chiuso nella sua desolata solitudine (nonostante un platonico innamoramento e un malinconico rapporto passionale).
Per Saramago la morte di Ricardo Reis è l’inevitabile fine non solo di un personaggio ma anche di ogni anelito di libertà culturale, soffocata dai regimi totalitari europei che nel 1936 sembravano talmente forti e potenti da non lasciare spazio al alcuna forma di democrazia.

Voto decisamente 5/5 :D
 

Psico Tipa

Re - Member
Eccolo, appena finito questo incontro tra due geni portoghesi, saramago e pessoa, o forse tre, saramago, pessoa e ricardo reis.
L'ho letto con lentezza infinita, un po' per negligenza mia, un po' per il piacere di calarmi con calma nelle riflessioni, e darmi tutto il tempo di seguire lo scrittore nelle sue riflessioni.
E' per questo che lo consiglio, soprattutto a coloro che amano perdersi tra le strade dei pensieri, come il protagonista girovaga tra le strade di Lisbona.
Ma il finale?....:?
 

zio Fester

New member
Voglio conoscere questo autore, oltre a "Cecita'" che comprero' sicuramente mi hanno incuriosito "L'uomo duplicato"
e "Il vangelo secondo Gesu' Cristo". Consigli?
 

sergio Rufo

New member
e' appena uscito Caino, l'ultimo Saramago.
E quando esce un Saramago rimane una cosa da fare: andare in libreria ed acquistarlo.
Poi per prima cosa, leggerlo.

L'anno della morte di Ricardo Reis appartiene di diritto alla categoria dei libri " immortalei" come quasi tutta l'opera Saramaghiana.

Buona lettura a tutti.
 

pigreco

Mathematician Member
Ho terminato questa mattina il romanzo, un romanzo che mi ha fatto compagnia nell'unica settimana di vacanza e in questi primi giorni di rientro a lavoro. E' il primo libro che ho letto di Saramago, personaggio che ho avuto l'onore di vedere dal vivo nemmeno un anno fa, credo 6 mesi prima della sua scomparsa, a Milano per la presentazione del suo Diario. Uomo che a pelle non mi trasmise alcuna simpatia, più che per le sue dichiarazioni eccessive sugli italiani, a causa forse della sua ironia nei confronti della religione e di tutti coloro che la professano.

Nonostante tutto ho deciso di avvicinarmi alle sue opere, e sopo svariati consigli sono partito da questo libro. Premetto che non ho mai letto niente di Pessoa e che poco sapevo dei suoi eteronimi.

Dire che il mio giudizio finale è positivo è dir poco. Sono rimasto ammaliato dal modo di scrivere di Saramago, dal suo continuo dialogo con il lettore, sia riguardo alla trama del libro sia riguardo a constatazioni di tipo letterario, commenti sulla scelta della parola e sul modo di dire. La storia è bellissima, l'ambientazione è magica, la prossima capitale che visiterò sarà senza dubbio Lisbona. Le storie che Ricardo intraprende, in modo differente, con le due protagoniste femminili sono raccontate con inarrivabile delicatezza. Il mondo intorno a Reis è descritto in ogni particolare, sembra di stare accanto a lui passo dopo passo, eppure la lettura non perde mai la scorrevolezza. E poi le continue notizie dei giornali, la storia che continua, e Pessoa che di tanto in tanto torna a far visita alla "sua creatura", conscio forse dell'imminente fine.

Insomma, un capolavoro assoluto da leggere senza se e senza ma. Forse se non avessi conosciuto Saramago dal vivo la sua figura mi avrebbe affascinato molto, invece il mio ricordo negativo farà sì che il mio apprezzamento si concentrerà solo sulle sue opere. Quanto aveva ragione De Andrè a non voler conoscere personalmente il suo maestro Brassens, sicuro che non avrebbe potuto altro che ricevere una delusione. Tanto distante è l'uomo dall'artista che è in lui.
 

sergio Rufo

New member
Ho terminato questa mattina il romanzo, un romanzo che mi ha fatto compagnia nell'unica settimana di vacanza e in questi primi giorni di rientro a lavoro. E' il primo libro che ho letto di Saramago, personaggio che ho avuto l'onore di vedere dal vivo nemmeno un anno fa, credo 6 mesi prima della sua scomparsa, a Milano per la presentazione del suo Diario. Uomo che a pelle non mi trasmise alcuna simpatia, più che per le sue dichiarazioni eccessive sugli italiani, a causa forse della sua ironia nei confronti della religione e di tutti coloro che la professano.

Nonostante tutto ho deciso di avvicinarmi alle sue opere, e sopo svariati consigli sono partito da questo libro. Premetto che non ho mai letto niente di Pessoa e che poco sapevo dei suoi eteronimi.

Dire che il mio giudizio finale è positivo è dir poco. Sono rimasto ammaliato dal modo di scrivere di Saramago, dal suo continuo dialogo con il lettore, sia riguardo alla trama del libro sia riguardo a constatazioni di tipo letterario, commenti sulla scelta della parola e sul modo di dire. La storia è bellissima, l'ambientazione è magica, la prossima capitale che visiterò sarà senza dubbio Lisbona. Le storie che Ricardo intraprende, in modo differente, con le due protagoniste femminili sono raccontate con inarrivabile delicatezza. Il mondo intorno a Reis è descritto in ogni particolare, sembra di stare accanto a lui passo dopo passo, eppure la lettura non perde mai la scorrevolezza. E poi le continue notizie dei giornali, la storia che continua, e Pessoa che di tanto in tanto torna a far visita alla "sua creatura", conscio forse dell'imminente fine.

Insomma, un capolavoro assoluto da leggere senza se e senza ma. Forse se non avessi conosciuto Saramago dal vivo la sua figura mi avrebbe affascinato molto, invece il mio ricordo negativo farà sì che il mio apprezzamento si concentrerà solo sulle sue opere. Quanto aveva ragione De Andrè a non voler conoscere personalmente il suo maestro Brassens, sicuro che non avrebbe potuto altro che ricevere una delusione. Tanto distante è l'uomo dall'artista che è in lui.

ciao michele, leggevo questo tuo post su Saramago e sono rimasto sorpreso.
Perche' dici che di persona non ti convinse, anzi, ne rimanesti deluso? quella sera c'ero anch'io al Teatro Parenti, ma non ebbi la tua stessa sensazione.
 

pigreco

Mathematician Member
ciao michele, leggevo questo tuo post su Saramago e sono rimasto sorpreso.
Perche' dici che di persona non ti convinse, anzi, ne rimanesti deluso? quella sera c'ero anch'io al Teatro Parenti, ma non ebbi la tua stessa sensazione.

ciao sergio. chiaramente la mia fu un'impressione del tutto personale. alla conferenza fui molto turbato da due aspetti fondamentalmente. il primo fu il continuo bisogno che Saramago aveva di palesare il proprio ateismo, mancando spesso di rispetto con alcune battute a tutti coloro (forse pochi quella sera) che invece una fede l'avevano. credo che coloro che si professano atei e hanno di continuo la parola Dio in bocca, forse tanto poco credenti non lo sono, magari hanno paura di sentire certe cose e si creano un personaggio dissacrante. detto questo parlava con una strafottenza di temi religiosi a parer mio fastidiosa. la stessa strafottenza con cui discuteva dell'italia, degli italiani e della nostra classe politica. così come ad una mamma dà molto fastidio che altri sgridino il proprio figlio, allo stesso modo ho un certo disturbo nel sentire denigrare la mia patria da stranieri, anche se in alcuni casi le accuse che venivano fatte erano non del tutto sbagliate. per concludere, ho avuto la stessa impressione che spesso capita di avere quando si sentono parlare grandi letterati, grandi luminari, in questo caso un premio nobel: credono che raggiunto l'apice della popolarità, della credibilità e della stima popolare si possa dire ogni cosa che passa per la testa, e lo si possa dire nella maniera che più si ritiene opportuna. la cosa grave è che se le stesse cose le dicesse un qualunque comune mortale, nella stessa identica forma, quanto meno gli si darebbe del maleducato. ripeto, forse quella sera assieme alla mia compagna eravamo due pecore nere rispetto al resto dell'auditorio, ma eravamo andati nella speranza ascoltare una conferenza di alto livello tenuta da un premio nobel. a differenza di quando ci siamo ritrovati a leggere i suoi romanzi, quella sera, uscendo dal teatro, eravamo delusi.
 

sergio Rufo

New member
capisco, michele.
Quella sera ero anch'io a quella conferenza ma non ebbi la tua sensazione.
Questo non significa che la tua sia sbagliata: in un certo senso le sensazioni sono personali e sono un po' come le allergie. Ognuno ha le sue.
Essensd io ateo ( mah!) probabilmente non ebbi la noia di ascoltare le invettive di Saramago su Dio e quant'altro.
Posso pero' comprendere che per altre persone la cosa sia piu' fastidiosa e irritante.
Sull'italia, invece, non la penso come te. Per due motivi.
Innanzitutto il sig Travaglio, presente quella sera, non fece niente ma proprio niente come conduttore della serata, per evitare i soliti discorsi contro Berlusconi.
Si sa; io sono antiberlusconiano convinto pero' non perdo il senso della misura e oramai sono convinto che il tiro a Berlusconi sia diventato un po' come il tiro al piccione: una cosa divertente.
Qualsiasi cosa capiti la colpa e' di Berlusconi. Su questo concetto tutto un sottobosco di giornalisti e scrittoruncoli vive e si fa ricco.
Travaglio, che a me tutto sommato piace, non viene meno a questa regola.
Quella sera butto' - eccome butto' - benzina sul fuoco.
In secondo luogo non dimenticare che si presentavano i Quaderni, scritto dichiaratamente politico e polemico nei confronti del governo italiano.
Quindi, senza esagerazioni di sorta, ci si poteva aspettare un confronto di quel tipo.
Infine. sugli italiani la penso proprio come Saramago. Meta' Berlusconiani, l'altra meta' lo vuole diventare. E' sotto gli occhi di tutti, questo.
E allora ben venga uno sguardo lucido e disincantato come quello di Saramago che se ricordi bene disse:" Voi italiani parlate troppo di Berlusconi. Non merita tutta questa attenzione".
Aveva ragione: in italia dopo il calcio, Berlusconi e' il tema dominante.

Sull'italiano in genere? ah! che popolo! che eufemismo! che spettacolo!
Un popolo che alla sera va' a letto democristiano e alla mattina si alza berlusconiano, per non parlare dei tempi andati, nei quali andava a dormire socialista, si svegliava fascista, e si riaddormentava comunista.
Che dire di un popolo ( ?) cosi?
 

ayuthaya

Moderator
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É il quarto libro che leggo di Saramago, che si conferma uno degli scrittori contemporanei che preferisco. Fin dalle prime pagine ho ritrovato il suo caratteristico stile, che amo molto: quell'uso particolare della punteggiatura e della struttura linguistica che dà origine a dei veri e propri “flussi di coscienza”. Spesso e volentieri la mobilità del linguaggio è talmente elevata che non riusciamo a capire se a parlare è il protagonista della storia, la sua coscienza, il creatore di questa coscienza (quindi l'autore stesso) o persino noi stessi... Immergersi nella scrittura di Saramago è un'esperienza incredibile, che non lascia indifferenti.
Allo stesso tempo però ho trovato questo romanzo molto ma molto diverso rispetto agli altri che avevo letto. Quasi in contrapposizione a questo estremo dinamismo linguistico, in quest'opera manca un vero svolgimento narrativo: di fatto la trama non esiste e tutto si regge sulla geniale “trovata” iniziale, la “personificazione” di Ricardo Reis, uno degli pseudonimi di Fernando Pessoa. Sono loro due, entrambi, uno lo specchio deformante dell'altro (e quello dello specchio è un tema ricorrente all'interno del romanzo...) i protagonisti della vicenda; bellissima la definizione di elena: un “morto ma esistente” contrapposto a un “vivo ma inesistente”, entrambi costretti a essere “spettatori dello spettacolo del mondo”, senza poter intervenire in esso in alcun modo.

Fin dall'inizio si ha la sensazione che Ricardo Reis, pur presentato come un “essero umano” a tutti gli effetti, di fatto non esista: la sua condizione di esiliato sembra più connaturata al suo intimo che non frutto di una circostanza esterna. I suoi propositi di “mettere radici” vengono continuamenti rimandati e fino a metà libro ero convinta che il suo ripetuto ma inconsistente progetto di aprire uno studio sarebbe rimasto irrealizzato. Sappiamo che Ricardo Reis è un medico e un poeta, ma la sua professione è del tutto irrilevante (anche quando si deciderà a praticare, anche se da sostituto, si ha l'impressione che lo faccia senza una vera “partecipazione”) e le sue odi ci vengono presentate sempre come qualcosa di incompleto, appena abbozzato. I suoi pochi versi rappresentano al meglio la sua natura: la nostalgia di qualcosa che non è mai esistito (i miti classici), l'impossibilità di esprimere quella che è la sua vita concreta, attuale.

C'è poi da dire che questo senso di “lentezza”, in certi momenti di completa “immobilità”, è reso in modo magnifico dal punto di vista stilistico. Procedendo nella lettura si ha l'impressione di farsi largo all'interno di una materia vischiosa, in un modo però che (passatemi il termine) è quasi sensuale: si resta incollati alle pagine perchè si percepisce che è proprio questa presunta forzata immobilità ciò che di più sublime ha da offrire questo libro... E' forse la denuncia di Saramago nei confronti della società che rappresenta, quella che vede l'instaurarsi di regimi dittatoriali in gran parte d'Europa?

Il ruolo dell' informazione giornalistica, come contraltare della vita monotona e a tratti insofferente del protagonista, è fondamentale. L'ironia che pervade la descrizione dello svolgersi degli eventi (e soprattutto della “bontà” del regime di Salazar) è resa in modo sublime e sottolinea ancora di più quell'essere costretti nostro malgrado a restare “spettatori dello spettacolo del mondo”, anche quando questo spettacolo è foriero di tanta ipocrisia e violenza.
Saramago continua a non deludermi, anche se (pur riconoscendo la grandezza oggettiva di questo libro) forse l'ho preferito in altri suoi romanzi e nonostante abbia trovato un po' debole il finale.

In ogni caso assolutamente da leggere!
 
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velvet

Well-known member
Inconfondibile lo stile di Saramago, il discorso come flusso di pensiero e di coscienza, la scrittura dalla punteggiatura poco convenzionale. Ricardo Reis e Pessoa si incontrano, si confrontano e si narrano.
Interessantissimi i dialoghi tra i due, belle le atmosfere e la cittá di Lisbona narrata da chi la ama.
Ho apprezzato questo libro anche se per la sua intensitá l'ho letto molto lentamente, forse troppo.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
E' il terzo romanzo che leggo di questo autore il cui stile non ho affatto accettato col primo e non ho preferito col secondo ma stavolta -complice di certo il mio amore per Pessoa- sono riuscita a superare la mia idiosincrasia e a godermi le sue stupende pagine.
Mi sono immersa nell'atmosfera lisbonese degli anni trenta, lasciandomi trasportare in quei luoghi e in quei tempi insieme a Ricardo e al suo creatore, Pessoa appunto.
Ho apprezzato la capacità di Saramago di "ironizzare" sulla situazione politica del Portogallo, dell'Italia e della Germania.
Ci ho messo più tempo del solito per leggerlo, ma solo perché ha bisogno di essere assimilato meglio per il modo in cui è scritto.
Ho segnato tante, troppe parti e pur avendo la versione e-book (comprata su ibs) non sono riuscita a fare copia e incolla per postarle qui :W. Riproverò.
 
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