Polanski, Roman – Il pianista

Lauretta

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Siamo nel '38. Comincia a stringersi la tenaglia nazista che produrrà le prime limitazioni per gli Ebrei: prima leggere -la stella di Davide cucita sul braccio- poi pesanti, poi intollerabili, poi mortali. Fino alla decimazione. Wladyslaw, giovane, talentoso pianista, sta suonando Chopin per una registrazione radiofonica proprio mentre arriva la notizia dell'invasione nazista della Polonia. Il giovane assiste all'orribile spirale: tutta la famiglia deportata e poi le condizioni del ghetto: bambini che muoiono di fame, gente uccisa per nulla, e una piccola parte di ebrei che tradiscono per sopravvivere. Alla fine Wladyslaw è di nuovo al piano, proprio come all'inizio. Ma naturalmente l'esperienza lo ha devastato. Niente, neppure Chopin sarà più come prima.

Attori:

Adrien Brody: Wladyslaw Szpilman
Emilia Fox: Dorota
Michal Zebrowski
Thomas Kretschmann: Capitano Hosenfeld
Frank Finlay: il padre
Maureen Lipman: la madre
Ed Stoppard: Henryk
Julia Rayner: Regina
Jessica Kate Meyer: Halina
Ruth Platt: Janina
Valentine Pelka: Michal
Ronan Vibert: Bogucki

Premi:

Palma d'Oro al Festival di Cannes 2002.
3 Oscar 2003: miglior regia, migliore attore protagonista (Adrien Brody), miglior sceneggiatura non originale
7 Premi César nel 2003: miglior film, miglior regista a Roman Polanski, migliore attore a Adrien Brody, migliore musica da film a Wojciech Kilar, migliore fotografia a Pavel Edelman, migliore scenografia a Pavel Edelman e miglior sonoro a Jean-Marie Blondel, Gérard Hardy e Dean Humphreys.
1 David di Donatello nel 2003 come "miglior film straniero".
BAFTA al miglior film del 2003
BAFTA al miglior regista

Questo film non lascia proprio nulla all'immaginazione. Crudo, duro, violento, pesante, toccante. La sofferenza di quel periodo traspare da ogni singolo fotogramma. Al cinema si coglieva la tensione nel vicino di posto. scene inaudite, scene tragiche, scene impensabili.
un film con i fiocchi. mi ha colpito ancora di più di Schindler's List.

stupendo. Da vedere..una volta sola però..non so se ce la farei a rivederlo

1941-il-pianista.jpg
 
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alessandra

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Bellissimo. Sono d'accordo. Però io lo rivedrei volentieri.
 

Masetto

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<< Wladek Szpilman corre incontro ai militari sovietici che per lui rappresentano la salvezza. Da settimane vive come un animale, nascosto in una Varsavia ormai deserta, abbandonata anche dai nazisti. Non c'è più una sola casa in piedi, la neve dell'inverno del 1945 copre solo macerie. Dei 360.000 ebrei che erano stati rinchiusi nel ghetto, nel 1940, ne sopravvivono solo 20; ma Wladek non lo sa. Lui è vissuto alla macchia, solo come un cane, e ora quei militari dell'Armata Rossa sono il segnale che è finita, che si può tornare a vivere. Ma c'è un dettaglio al quale Wladek non pensa: lui indossa un cappotto della Wehrmacht. Gliel'ha regalato l'ufficiale tedesco che l'ha nascosto in soffitta, solo perché gli ha sentito eseguire un brano di Chopin - Wladek è un pianista, un grande pianista - ed è rimasto colpito dal suo talento. Appena i russi vedono Wladek, vestito così, gli sparano. Ma non lo centrano. È l'ultimo colpo di fortuna, in un'incredibile serie di coincidenze che permetteranno a Wladek Szpilman, musicista, di essere uno di quei 20 suddetti sopravvissuti. Wladek grida "sono polacco, sono polacco". I russi lo circondano. Uno di loro gli chiede: "Perché hai addosso quella divisa?". La risposta di Wladek è straziante nella sua ovvietà: "Fa freddo". Fame, sete, freddo, sonno, istinto di sopravvivenza: sono le uniche necessità primarie con le quali il pianista ha fatto i conti da quando è rimasto solo nel ghetto. Tutto il resto si è azzerato. All'inferno non c'è posto per ragionamenti e ideologie - e quando la macchina da presa accompagna Wladek mentre scavalca il muro del ghetto e si avventura nella Varsavia distrutta e innovata, l'occhio di Polanski contempla veramente l'inferno. Però c'è posto per la musica. Quella si: è lei che salva Wladek, lei e un ufficiale tedesco (della Wehrmacht, non delle Ss!) che ama Beethoven e Chopin. Credeteci, non vi abbiamo fatto alcun torto raccontandovi l'ultima scena. Avremmo comunque dovuto dirvi che il film si ispira al libro omonimo di Wladislaw Szpilman, autobiografia per nulla romanzata di un superstite della Shoah. Quindi, che Wladek si salvi è cosa nota. Il pianista non è un thriller, ma l'odissea di un uomo che attraversa l'orrore venendone travolto nel fisico ma non nello spirito. È un grande inno alla sopravvivenza, quindi all'umanità. Ma è anche una precisa, chirurgica analisi del caso. Come spesso capita nelle storie vere, sono semplicemente pazzesche le coincidenze fortuite grazie alle quali Wladek, unico di tutta la numerosa famiglia Szpilman, se la cava. Polanski le sottolinea con bravura, con uno stile che mescola miracolosamente la pietà e l'ironia: quest'ultima, tutta racchiusa nella considerazione stessa che Wladek Szpilman è stato, all'interno di una tragedia assoluta come la Shoah, un uomo indiscutibilmente fortunato. In fondo Il pianista racconta una storia (vera) non diversissima da quella (immaginaria) raccontata da Benigni in La vita è bella. Ma per altri versi è l'esatto opposto: là dove Benigni e Cerami creavano una Sofisticata impalcatura drammaturgica (e concettuale: il mondo - il lager - interpretato come gioco, per consentire al bambino di non esserne travolto) per far sopravvivere il piccolo Giosuè, qui Polanski si abbandona consapevolmente all'assurdo fluire della vita e della storia per accompagnare il pianista alla salvezza. In questo fluire, però - ed è il bello del film- Polanski mette tutto se stesso, le proprie memorie più dolorose. Polanski è a sua volta un superstite: era bambino a Cracovia, suo padre lo salvò fàcendolo scappare attraverso un buco nel muro che circondava il ghetto; il piccolo Roman se la cavò vivendo come un animaletto selvatico fino all'arrivo dei sovietici, più o meno come l'adulto Szpilman. Immaginatevi quanto dev'essere costato in temimi emotivi, al regista, girare la scena in cui Szpilman vede un bambino che tenta di rientrare nel ghetto attraverso un pertugio nel muro, ma viene trattenuto per le gambe da un tedesco che lo massacra di botte fino ad ucciderlo. Sono queste notazioni, assurde fino al grottesco, le cose più "polanskiane" del film: il bimbo che vende caramelle nella piazza dove gli ebrei attendono di essere deportati (e ripete "20 zloty, 20 zloty" come una macchietta), la mansarda dalla quale Wladek assiste, nascosto, all'insurrezione del ghetto e in generale tutta la vita quotidiana del ghetto che il regista ricostruisce in modo mirabile ("Del ghetto di Cracovia ricordo soprattutto una cosa: la folla. Si viveva per le strade, tutti commerciavano, tutti vendevano qualcosa, e c'era gente dovunque": idem a Varsavia, dove 360.000 persone furono concentrate in due quartieri minuscoli divisi da una strada "gentile" dove passava il tram). L'anima vera del film è nei dettagli, oltre che nel disegno globale nel quale il Caso è il vero Sceneggiatore. [...] Diciamo che Il pianista è un film tradizionale che racconta una grande storia. In fondo, è il perfetto esempio di cinema popolare moderno. Averne, di film così. >>
Alberto Crespi

<< [...] A quasi settant'anni Polanski evoca soltanto indirettamente la propria terribile infanzia di superstite a Cracovia, ha previsto anche ebrei cattivi e tedeschi buoni: ha fatto un film classico, bello, pudico e rigoroso, di ammirevole semplicità. Tre elementi sono particolarmente interessanti. Primo, l´interpretazione magnifica di Adrien Brody, che riesce ad essere un artista dal cuore nobile e insieme un piccolo uomo spaventato. Secondo, l´insieme di informazioni minori ma estremamente significative fornite dal film: quanti di noi sapevano che agli ebrei di Varsavia era vietato avere soldi, era proibito camminare sui marciapiedi? Terzo, l´uso degli effetti speciali non per suscitare meraviglia ma per resuscitare la Storia: Varsavia prima aggredita dai tedeschi con i lanciafiamme e poi ridotta in macerie non s´era mai vista, e lascia pensare a quante ricostruzioni storiche diventino possibili con il digitale. >>
Lietta Tornabuoni

Con tutto ciò, forse è troppo lungo. Io avrei tagliato qualche scena, per esempio nella seconda parte avrei fatto nascondere il protagonista in un solo appartamento invece di mostrare puntualmente tutti i suoi spostamenti dall'uno all'altro. In fondo la sua situazione cambia davvero solo quando si avventura nel ghetto distrutto e deserto.
 

ayla

+Dreamer+ Member
E' un film crudo, drammatico, intenso e meraviglioso. Regala delle immagini "forti" e vivide che attorcigliano lo stomaco come il ghetto di Varsavia completamente distrutto oppure la scena in cui il protagonista si esibisce al piano davanti all'ufficiale tedesco!!! Un grandissimo film!!! Da vedere!!!:ad::ad:
 

Gian

New member
film fantastico, visto più di una volta.
Toccante, tragico, commovente. Per non parlare del ravissimo Brody e della fotografia straordinaria, molto poetica in alcune scene. E' di sicuro un film molto sentito dall'autore, e si vede...
 

Dorylis

Fantastic Member
In questo film la Storia mostra il suo volto peggiore, Polanski riesce a evidenziarne benissimo l'agitazione, lo stupore e infine la disperazione, tutto è incerto, non esiste nessuna sicurezza! Vengono colti quasi in flagrante attimi di orrore ( uno di questi il bambino infilato nel buco del muro che separa il ghetto dalla città) ma anche vi sono scene di ampio respiro (il ponte sopra la strada che attraversa il ghetto, le valigie degli ebrei abbandonate nella strada, la vista oltre il muro che ci mostra Varsavia distrutta). La seconda parte, sempre più solitaria e disperata, inizia quando Wladislaw viene separato dalla sua famiglia e per salvarsi si rifugia nella botola del Caffè: inizia il viaggio dell' inquilino del terzo piano braccato, spiato, tradito, in un inferno personale, dove neppure lo scorrere del tempo conta più. Tutto questo è accaduto davvero, sconvolgente!
Una regia perfetta con una fotografia stupenda, e un bravissimo Adrien Brody nella cui espressione si legge l'incubo di quei tempi bui. Fantastico!
 

Dorylis

Fantastic Member
Wladyslaw Szpilman: C’è un’ordinanza che vieta agli ebrei di sostare nei giardini
Dorota: Stai scherzando?
Wladyslaw Szpilman: No per niente. Ci potremmo sedere su una panchina, ma c’è un’altra ordinanza che vieta agli ebrei di sedersi sulle panchine
Dorota: Ma è assurdo!
Wladyslaw Szpilman: Possiamo stare in piedi e parlare, non penso che ciò sia vietato.

Il capitano tedesco Hosenfeld: "Ringrazi Dio,non me. Lui ci ha fatti sopravvivere..almeno..è cio che dovremmo credere"
 

alessandra

Lunatic Mod
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Polanski, Roman - Il pianista

Vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 2002 e di diversi Oscar, tratto dall'omonimo romanzo autobiografico del pianista ebreo Wladyslaw Szpilman, il film racconta la vita di Wladyslaw dallo scoppio della seconda guerra mondiale alla liberazione della sua città, Varsavia, da parte dell'Armata Rossa: dalle prime umilianti restrizioni per gli ebrei alla deportazione (per lui, per uno strano gioco del caso, mancata) insieme alla sua famiglia, al continuo nascondersi, quasi sempre in solitudine e ormai nella consapevolezza della reale sorte degli ebrei deportati, fino alla struggente parte finale. Il tutto è accompagnato dalla musica del pianista, che riuscirà ad incantare persino il nemico.
Per me uno dei film più belli sull'Olocausto; la storia travagliata del protagonista e del suo salvifico talento, avvincente, che tiene col fiato sospeso, emoziona senza togliere forza e credibilità ad una testimonianza storica consapevole e agghiacciante. Bravissimo Adrien Brody. Toccante. Da vedere.
 

Monica

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Vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 2002 e di diversi Oscar, tratto dall'omonimo romanzo autobiografico del pianista ebreo Wladyslaw Szpilman, il film racconta la vita di Wladyslaw dallo scoppio della seconda guerra mondiale alla liberazione della sua città, Varsavia, da parte dell'Armata Rossa: dalle prime umilianti restrizioni per gli ebrei alla deportazione (per lui, per uno strano gioco del caso, mancata) insieme alla sua famiglia, al continuo nascondersi, quasi sempre in solitudine e ormai nella consapevolezza della reale sorte degli ebrei deportati, fino alla struggente parte finale. Il tutto è accompagnato dalla musica del pianista, che riuscirà ad incantare persino il nemico.
Per me uno dei film più belli sull'Olocausto; la storia travagliata del protagonista e del suo salvifico talento, avvincente, che tiene col fiato sospeso, emoziona senza togliere forza e credibilità ad una testimonianza storica consapevole e agghiacciante. Bravissimo Adrien Brody. Toccante. Da vedere.


Bellissimo ,oscar meritato ad Adrien Brody.
 
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