DISPUTE Un libro bianco della Fondazione Nenni, diretta da Giuseppe Tamburrano, risponde alle accuse di Dario Biocca e Mauro Canali e sostiene che l'autore di «Fontamara» non fu una spia del fascismo
SILONE In difesa di un «povero cristiano»
di DARIO FERTILIO
Sarà pure, come dichiarano i difensori di Silone, un nuovo «caso Dreyfus». Persecuzione o no, sta di fatto che la spy story nata intorno allo scrittore, accusato di essersi comportato da «spia fascista», contiene ormai tutti gli ingredienti del dramma vero, compresi i colpi di scena, i pamphlet, le polemiche a puntate fra detrattori e innocentisti. Un po' come, all'inizio del secolo, la Francia si divise pro o contro Drefyus, l'ufficiale ebreo accusato di aver complottato con il nemico tedesco. A differenza di quello, tuttavia, questo è un giallo postumo, lo scrittore abruzzese, tanto tormentato in vita quanto inconsapevole delle polemiche che avrebbe alimentato da morto, riposa ormai da 22 anni a Pescina, suo paese natale. Ma le storie spionistiche, si sa, non hanno riguardo per nessuno; anzi, più sono sporche e intricate, più coinvolgono gli appassionati. Ecco perché, mentre si annuncia un libro bianco della Fondazione Nenni in difesa di Silone, nessuno ormai saprebbe più dire con certezza quali obiettivi storici siano perseguiti dalle due parti, nè tantomeno quale sentenza finale ci sia da aspettarsi. Di sicuro c'è soltanto che la tesi di Dario Biocca e Mauro Canali, i due storici colpevolisti, mira a presentare lo scrittore come una spia del regime fascista fin da giovanissima età, con l'aggravante di aver profittato del suo ruolo di dirigente comunista internazionale, sia pure in esilio, per incastrare alcuni compagni di partito e fornire al regime importanti informazioni sulla resistenza antifascista.
Altrettanto certo è che lo storico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni, aiutato da due ricercatori, Giovanna Granati e Alfonso Isinelli, non ha esitato dall'inizio a prendere le difese di Silone. Lo ammette lui stesso: «Il libro nasce dal fatto che istintivamente, come Montanelli, Bettiza, Bobbio o lo scomparso Herling, ho rifiutato l'accusa rivolta a Silone, e ho ritenuto che il mio rifiuto dovesse essere corroborato dalle prove». Morale: Tamburrano e i suoi hanno passato al microscopio i documenti accusatori, pubblicati su quotidiani, riviste e, soprattutto, nel saggio «L'informatore. Silone, i comunisti e la polizia», a firma di Biocca e Canali. L'indagine, poi, si è allargata, sicchè il libro bianco, almeno «all'85 per cento» si può considerare già scritto.
Va da sè che i difensori di Silone sono convinti di poter smontare tutte le tesi probatorie dell'accusa, riabilitando pienamente la figura dello scrittore. Non si tratta di una battaglia combattuta esclusivamente sui documenti: Tamburrano tiene a precisare che molti argomenti sono squisitamente «logici», tengono conto cioè del contesto storico in cui si svolsero i fatti. Alcuni di questi interrogativi, in effetti, inducono a riflettere. Non appare «logico», ad esempio, il comportamento della polizia segreta fascista, l'Ovra, la quale si astiene dal chiedere al suo informatore, arruolato (secondo Biocca e Canali) ormai da molti anni e, nel frattempo, asceso ai vertici del Partito comunista clandestino, rapporti più dettagliati e decisivi di quelli molto generici che lui invia. Un'elementare tecnica spionistica, sostengono gli autori del libro bianco, insegna alcune cose: se si vogliono ottenere rapporti più precisi da una spia già compromessa, la si può facilmente ricattare; si compila subito un dossier su di lui, anche se l'agente è coperto, e tanto più se collocato in una posizione chiave del fronte nemico (di questo dossier invece, fino al 1928, non vi è traccia); se le minacce non ottengono i risultati voluti, si può bruciare la spia denunciandola ai suoi compagni. Opportunità, quest'ultima, che si sarebbe presentata ai fascisti, per così dire, servita su un piatto d'argento: Silone, esule all'estero, una volta smascherato come spia sarebbe stato esposto alle rappresaglie dei comunisti. E perchè i professionisti dell'Ovra non avrebbero dovuto ricorrere a questa tecnica, infame quanto si vuole ma, in fin dei conti, giustificata dalla logica di guerra? Se lo avessero fatto, avrebbero, se non altro, ottenuto di chiudere la bocca a uno scrittore già famoso, un intellettuale che con il romanzo «Fontamara» aveva formulato un'accusa durissima contro il fascismo, colpevole non solo e non tanto di aver abolito la libertà, quanto di infierire contro un popolo di cafoni sfruttati.
Fra le considerazioni centrali del libro bianco c'è poi, per esprimerci con linguaggio processuale, la mancanza di un plausibile movente: perchè Silone avrebbe dovuto diventare spia nel 1919, quando i socialisti sembravano destinati a conquistare il potere, e confidandosi poi a un piccolo funzionario della Questura di Roma? Perchè avrebbe dovuto restare, paradossalmente, fedele a Mussolini nell'ottobre del 1924, quando il Partito fascista sembrava in ginocchio dopo il delitto Matteotti? E perchè, se davvero il regime avesse tenuto al suo illustre informatore, avrebbe lasciato morire in carcere il fratello Romolo? Nel libro bianco esistono poi alcune prove documentarie, come la richiesta da parte del ministero dell'Interno ai questori abruzzesi di cercare qualche episodio infamante per screditare Silone all'estero: che bisogno ne avrebbero avuto, se fosse stato una spia ufficiale? Anche le ricerche fatte nei vari archivi, da Tamburrano e dai suoi collaboratori, non hanno prodotto nulla che incolpi Silone, soltanto vaghe tracce di suoi contatti con la polizia, spiegabili con l'intento di aiutare il fratello e per le quali i ricercatori ipotizzano addirittura un possibile avallo da parte di Togliatti. Come dire: la «colpa» di Silone era così lieve da poter essere compresa e scusata persino da «rivoluzionari di professione».
Naturalmente, nemmeno in calce a questo libro bianco si potrà scrivere davvero la parola fine. I colpevolisti osserveranno che, in genere, negli archivi «gli storici trovano soltanto quello che vogliono trovare». Per cui, il giallo non finisce qui: ma, per ora, Silone, il «povero cristiano», non finirà all'inferno.
Per saperne di più : il saggio di Biocca e Canali «L'informatore. Silone, i comunisti e la polizia» è edito da Luni; il libro bianco della Fondazione Nenni uscirà entro l'anno.
Corriere della Sera
2 Settembre 2000
Non fu una spia :un libro bianco di Tamburrano
- Tra chi non vuole credere che Ignazio Silone sia stato un informatore della polizia c'è senz'altro lo storico Giuseppe Tamburrano: oggi, prima del Convegno nazionale a cui non parteciperà, presenterà un "libro bianco" intitolato "Processo a Silone:la disavventura di un povero cristiano" ed edito da Lacaita che scagionerebbe completamente l'autore di Fontamara, Vino e Pane, Uscita di sicurezza... Tamburrano, insieme ai ricercatori Gianna Granati e Alfonso Isinelli, ha condotto una ricerca (in cui include una «importante» perizia calligrafica) che smonterebbe «il castello di illazioni montato dagli storici Dario Biocca e Mauro Canali» ovvero i documenti che attestano una lunga collaborazione (dal 1919 al 1930) dell'allora dirigente comunista prima con la polizia del regno e poi con l'Ovra.
ROMA 27 aprile 2001