_david
New member
Una mezza delusione per riassumere sinteticamente il mio giudizio. Questo romanzo appena uscito mi aveva incuriosito ed ho deciso di comprarlo a scatola chiusa. A conti fatti però bisogna ammettere che non mi ha convinto per svariate ragioni, nonostante la storia narrata sia a tutti gli effetti veritiera e non inventata/romanzata.
In primo luogo lo stile di scrittura di Kurzem mi è sembrato molto piatto e scialbo. Alla fine questo modo di scrivere piuttosto monocorde tende ad appiattire il romanzo che risente, a mio avviso, della mancanza di periodi ispirati o anche solo di descrizioni paesaggistiche. Oltretutto spesso si fa confusione sia con l'io narrante (non si capisce se si sta parlando al presente o al passato) sia con la cronologia dei fatti un pò ingarbugliata.
In secondo luogo Il bambino senza nome risulta essere abbastanza lineare nel suo sviluppo aggirando mirabilmente le "trappole" che involontariamente vengono disseminate dalla storia e che avrebbero potuto aggiungere un pizzico di pepe in più alle vicende. Capisco che il romanzo si basa su fatti veri e che quindi i margini di invenzione sono risicati, però (mia opinione del tutto personale) sono anche convinto che un libro talvolta debba anche un pò compiacere il lettore proponendo situazioni, magari anche un pò ruffiane, ma che comunque siano in grado di colpire nell'animo.
In ultimo poi devo ammettere che alcune domande (come del resto lo stesso scrittore ha sottolineato nell'epilogo) sono rimaste sostanzialmente senza risposta e paradossalmente certe situazioni mi sono sembrate al limite dell'assurdo ed ho realmente faticato ad accettarne la veridicità.
Rimane tuttavia il dramma di una persona alla ricerca delle proprie radici, tramite ricordi spezzettati e frammisti che si mescolano con gli orrori dell'olocausto, tema purtroppo sempre molto toccante. Devo dire che non si può non rimanere coinvolti dal rimorso di un uomo che crede di non aver fatto nulla per salvare vite umane nonostante ai tempi fosse nient'altro che un bambino di otto/nove anni. Indubbiamente poi le conclusioni del figlio sul comportamento patreno stimolano l'analisi critica del lettore, mettendo inoltre in risalto un rapporto padre/figlio che promette interessanti risvolti (nella prima parte) ma che alla fine viene un pò invariabilmente trascurato nel finale in cui Kurzem si abbandona forse un pò colpevolmente alla ricerca di luoghi ben vivi però nella nostra mente.
Un romanzo discreto che narra una storia toccante in alcuni punti ma, a conti fatti, forse poco emozionante. Peccato.
Qualcuno l'ha letto?
In primo luogo lo stile di scrittura di Kurzem mi è sembrato molto piatto e scialbo. Alla fine questo modo di scrivere piuttosto monocorde tende ad appiattire il romanzo che risente, a mio avviso, della mancanza di periodi ispirati o anche solo di descrizioni paesaggistiche. Oltretutto spesso si fa confusione sia con l'io narrante (non si capisce se si sta parlando al presente o al passato) sia con la cronologia dei fatti un pò ingarbugliata.
In secondo luogo Il bambino senza nome risulta essere abbastanza lineare nel suo sviluppo aggirando mirabilmente le "trappole" che involontariamente vengono disseminate dalla storia e che avrebbero potuto aggiungere un pizzico di pepe in più alle vicende. Capisco che il romanzo si basa su fatti veri e che quindi i margini di invenzione sono risicati, però (mia opinione del tutto personale) sono anche convinto che un libro talvolta debba anche un pò compiacere il lettore proponendo situazioni, magari anche un pò ruffiane, ma che comunque siano in grado di colpire nell'animo.
In ultimo poi devo ammettere che alcune domande (come del resto lo stesso scrittore ha sottolineato nell'epilogo) sono rimaste sostanzialmente senza risposta e paradossalmente certe situazioni mi sono sembrate al limite dell'assurdo ed ho realmente faticato ad accettarne la veridicità.
Rimane tuttavia il dramma di una persona alla ricerca delle proprie radici, tramite ricordi spezzettati e frammisti che si mescolano con gli orrori dell'olocausto, tema purtroppo sempre molto toccante. Devo dire che non si può non rimanere coinvolti dal rimorso di un uomo che crede di non aver fatto nulla per salvare vite umane nonostante ai tempi fosse nient'altro che un bambino di otto/nove anni. Indubbiamente poi le conclusioni del figlio sul comportamento patreno stimolano l'analisi critica del lettore, mettendo inoltre in risalto un rapporto padre/figlio che promette interessanti risvolti (nella prima parte) ma che alla fine viene un pò invariabilmente trascurato nel finale in cui Kurzem si abbandona forse un pò colpevolmente alla ricerca di luoghi ben vivi però nella nostra mente.
Un romanzo discreto che narra una storia toccante in alcuni punti ma, a conti fatti, forse poco emozionante. Peccato.
Qualcuno l'ha letto?
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