elesupertramp
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"Vivamus mea Lesbia,atque amemus,
Rumoresque senum severiorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt;
Nobis cum semel occidit brevis lux,
Nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
Dein mille altera, dein seconda centum,
Deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
Conturbabimus illa, ne sciamus,
Aut ne quis malus invidere possit,
Cum tantum sciat esse basiorum."
"Dobbiamo mia Lesbia vivere, amare,
le proteste dei vecchi tanto austeri
tutte, dobbiamo valutarle nulla.
Il sole può calare e ritornare,
per noi quando la breve luce cade
resta una eterna notte da dormire.
Baciami mille volte e ancora cento
poi nuovamente mille e ancora cento,
e dopo ancora mille e ancora cento,
e poi confonderemo le migliaia
tutte insieme per non saperle mai,
perché nessun maligno porti male
sapendo quanti sono i nostri baci".
Gaio Valerio Catullo nasce nel 87 a.C. a Sirmione ( sul lago di Garda) e muore nel 55 a.C.
Vive dunque nella prima metà del I secolo a.C., durante l'età di Cesare. Il poeta non si occupa di guerre, ma solo di sentimenti. Proviene da una famiglia nobile, ricca. Conduce una vita dissipata. Si reca a Roma dove conosce Lesbia ( il cui vero nome era Clodia, donna tanto bella quanto disonesta). Catullo scrive molte poesie nelle quali si rifà alla poetica di Saffo (vissuta nell'isola di Lesbo). Entrambi vedono l'amore come gioia e disperazione. Lesbia tradisce Catullo ripetutamente perché non si sente innamorata. Catullo si sfinisce tra sentimenti di desiderio e odio, repulsione e amore. Tormentato da questi sentimenti si trasferisce per un periodo in Bitinia ( Asia Minore) e in Troade, va a fare visita alla tomba del proprio fratello. Ritorna a Sirmione, dove trova un ambiente idilliaco, credendo di non essere più innamorato, ma la voglia di rivedere Lesbia lo spinge a recarsi nuovamente a Roma. Alla fine della sua vita la lascia definitivamente. Muore "per amore" poco più che trentenne.
Rumoresque senum severiorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt;
Nobis cum semel occidit brevis lux,
Nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
Dein mille altera, dein seconda centum,
Deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
Conturbabimus illa, ne sciamus,
Aut ne quis malus invidere possit,
Cum tantum sciat esse basiorum."
"Dobbiamo mia Lesbia vivere, amare,
le proteste dei vecchi tanto austeri
tutte, dobbiamo valutarle nulla.
Il sole può calare e ritornare,
per noi quando la breve luce cade
resta una eterna notte da dormire.
Baciami mille volte e ancora cento
poi nuovamente mille e ancora cento,
e dopo ancora mille e ancora cento,
e poi confonderemo le migliaia
tutte insieme per non saperle mai,
perché nessun maligno porti male
sapendo quanti sono i nostri baci".
Gaio Valerio Catullo nasce nel 87 a.C. a Sirmione ( sul lago di Garda) e muore nel 55 a.C.
Vive dunque nella prima metà del I secolo a.C., durante l'età di Cesare. Il poeta non si occupa di guerre, ma solo di sentimenti. Proviene da una famiglia nobile, ricca. Conduce una vita dissipata. Si reca a Roma dove conosce Lesbia ( il cui vero nome era Clodia, donna tanto bella quanto disonesta). Catullo scrive molte poesie nelle quali si rifà alla poetica di Saffo (vissuta nell'isola di Lesbo). Entrambi vedono l'amore come gioia e disperazione. Lesbia tradisce Catullo ripetutamente perché non si sente innamorata. Catullo si sfinisce tra sentimenti di desiderio e odio, repulsione e amore. Tormentato da questi sentimenti si trasferisce per un periodo in Bitinia ( Asia Minore) e in Troade, va a fare visita alla tomba del proprio fratello. Ritorna a Sirmione, dove trova un ambiente idilliaco, credendo di non essere più innamorato, ma la voglia di rivedere Lesbia lo spinge a recarsi nuovamente a Roma. Alla fine della sua vita la lascia definitivamente. Muore "per amore" poco più che trentenne.
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