Brutto secondo me, proprio una delusione. In merito a trama e personaggi concordo con Ennio Flaiano:
<< Dei film presentati lo scorso mese sugli schermi italiani, Rebecca, la prima moglie è quello che ha ottenuto il successo più proporzionale alla sua mediocrità, un successo universale e indisturbato. Davanti alle lucide conseguenze della trama di Daphne Du Maunier, davanti alla tecnica corretta e amministrativa del regista Hitchcock non si può azzardare nessun giudizio negativo; la stessa cosa sarebbe voler giudicare su basi estetiche i termosifoni che hanno ricominciato a funzionare: perché certi film, come certe commedie e romanzi, più che al cinema, al teatro e alla letteratura, appartengono verosimilmente al numero delle comodità moderne, delle quali tutti apprezzano ormai la funzione e nessuno vorrebbe privarsi; ma che, d’altra parte, non si discutono nemmeno.
Daphne Du Maurier è seria nello scrivere come una vecchia casa commerciale: non tradisce i suoi lettori. Nei suoi libri ci si trova, acconciato con gli ultimi ritrovati della tecnica letteraria, tutto ciò che si cerca normalmente in un libro, senza volerselo confessare: l’avventura, le belle maniere, personaggi simpatici e personaggi antipatici, consigli amorosi e igiene mentale. [...] Una massa di lettori incredibilmente forte come quella inglese ha bisogno di un nutrimento costante, di curiosità nazionale, un nutrimento ottimista, di fiducia e prevedibile.
Il romanzo medio, quello che si toglie a caso dagli scaffali di un living-room londinese, tratta sempre di amore; ma, attenzione, è amore-standard, senza psicologia, delusioni, confessioni intime o altro. L’amore, il rispettatissimo Iddio del buon lettore, come tutte le cose rispettate, guadagna soltanto se attribuito a personaggi di buoni costumi e di ottima condizione economica. [...] Tanto bene ha capito queste cose Daphne Du Maurier che il suo romanzo è il catalogo generale del romanzo anglosassone per letture da caminetto, da parco e da picnic. Tutti gli elementi fissi del romanzo-tipo vi sono ripresi con quel cinismo abile di cui spesso soltanto le donne scrittrici sanno dar prova; ci descrive, cioè: il gentiluomo appartenente alla gentry (alla nobiltà terriera), colpito da un recente dolore; la povera e bella ragazza che ha il dovere di sposare questo gentiluomo (è Cenerentola, state tranquilli!); un castello in riva al mare, con saloni Tudor e squadre di camerieri; una perfida nemica delle felicità altrui; un mistero svelato, eccetera. L’abilità di Daphne è tutta nel suo aver saputo rinnovare questi elementi, nell’averli tradotti nel linguaggio dell’attuale gran mondo. Nessuno altrimenti avrebbe preso sul serio figure che erano da tempo ferme all’inizio del secolo, con le loro passioni genuine e infantili, coi loro matrimoni avversatissimi e le loro candide colpe.
Romanzo e film, per questi meriti d’aggiornamento, per il loro suonare al pubblico dei lettori e degli spettatori vecchie arie giovanili non dimenticate ma, d’altra parte, messe in disparte, hanno avuto quel gran successo che era logico avessero. [...] >>
Riguardo poi alla famosa suspense hitchcockiana, sarà per colpa mia, ma io non l’ho proprio avvertita. La vicenda non m’ha coinvolto, credo a causa del protagonista, la cui psicologia, fino al momento della confessione, è inesistente. Non sappiamo mai che cosa pensa, non ci viene offerto nessun indizio per penetrare il suo mistero. E’ vero che la suspense si basa soprattutto sul non detto, sull’incertezza per quanto sta per accadere, ma ci deve pur essere qualcosa che stimoli la nostra fantasia, che ci coinvolga nella storia, che ci suggerisca una strada per capire. Qui non c’è nulla; fino alla confessione il marito potrebbe essere indifferentemente un pazzo, un malinconico, un assassino, senza che allo spettatore sia stato offerto un qualsiasi spunto per provare a dipanare da sé la vicenda. Così, al di là di una generica simpatia per la giovane e sprovveduta seconda moglie, non mi riesce proprio di immedesimarmi nella situazione di lei, di viverne paure e difficoltà. E’ tutto troppo esteriore.
Che differenza con La finestra sul cortile, dove Hitchcock ci fa via via partecipi degli indizi man mano che questi si presentano ai protagonisti, e noi possiamo vivere assieme a loro tutta l’ “eccitazione” dell’indagine!