Un po’ di curiosità riguardo il backstage di questo poema epico:
Da Virgilio ci si aspettava un poema storico con la prospettiva della discendenza “troianica” del gens Iulia, dove entrava Augusto come il figlio adottivo di Gaio Giulio Cesare. Il mito dell’ Eneide nel III.. sec. a. C. aveva ottenuto a Roma l’ufficiale riconoscimento, Roma si riteneva una nuova Troia. I gens più nobili cercavano di rappresentare la loro genealogia dal Enea e i suoi compagni di viaggio. Oltre il “gravato” concorrente (Omero), la stessa storia aveva avuto le speciali difficoltà. Bisognava rappresentare positivamente (cioè accettabile) la figura che scappa dalla patria nel momento della sconfitta. Da alcune informazioni di un biografo antico, Virgilio aveva costruito lo scheletro del poema e aveva composto il breve contenuto nella prosa, dividendo il materiale in 12 testi. Poi aveva elaborato i singolari episodi presi fuori dallo schema (cioè, poema non è stato scritto cominciando dall’ inizio, proseguendo poi in ordine, verso alla fine, ma saltellando…). Soltanto dopo alcuni anni aveva ritenuto che sia il caso di leggere ad Augusto alcuni dei più o meno finiti testi. Nell’ anno 19. a. C. “Eneide” era stata finita nel suo concetto. L’autore aveva deciso che ci vogliono altri tre anni per la sua rifinitura, e poi aveva intenzione di passare il resto della vita dedicandosi alla filosofia. Però, in questo l’aveva interrotta la morte. Virgilio è morto subito dopo il suo ritorno dal viaggio in Grecia. Prima di morire voleva bruciare il poema, e nel suo testamento aveva chiesto che non si pubblicasse niente delle sue opere che sono rimaste incomplete. A questo desiderio si era opposto Augusto, e aveva affidato agli amici del poeta la pubblicazione dell’ Eneide. Nella norma della pratica antica Eneide è stata pubblicata senza l’intromissione della redazione (in altre parole, il testo che è arrivato a noi, proviene direttamente dalla penna dell’autore).